14 gennaio 2004

fino al 30.V.2004 Monica Bonvicini – Don’t Miss a Sec Londra, The London Institute

 
Monica Bonvicini ritorna in Inghilterra dopo lo straordinario assolo al MOA di Oxford la scorsa estate. E questa volta sceglie uno spazio pubblico di passaggio: la traversa che separa e congiunge la Tate Britain ed il cantiere della futura sede del Chelsea College. E qui monta un… urinatoio!

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L’oggetto è un elegante urinatoio pubblico in acciaio inossidabile, incassato in un padiglione minimale dalle pareti in vetro rifrangente. Dal passante frettoloso, residente di zona o diretto alla Tate Britain, agli operai impegnati nel cantiere fracassone e polveroso della nuova sede del Chelsea College, tutti sono invitati ad una sorta di lusso riservato: chiudersi nell’urinatoio e dedicarsi indisturbati alle private funzioni, osservando nel frattempo il mondo muoversi intorno, ma senza essere visti.
Di Monica Bonvicini si conosce ormai l’interesse per moduli e strutture formalistiche proprie della tradizione modernista; gli interventi dell’artista tendono poi alla ricontestualizzazione e riattivazione nel quotidiano di tali forme, riscoperte nel momento in cui vengono praticate ed abitate dal corpo umano. Questa volta l’attenzione è rivolta alla forma della toilette pubblica e alla sfera prosaica del defecare ed in generale del Monica Bonvicini rifiuto. Da Duchamp a Manzoni e Bataille, nelle pratiche artistiche contemporanee molti si sono adoperati ad adottare e sperimentare l’atto dell’espellere con le sue implicazioni culturali, psicologiche, sociali e politiche. Nel caso della Bonvicini, tuttavia, l’adozione di pareti a vetro rifrangente pone anche l’atto dell’osservare in primo piano e contribuisce ad una lettura multipla ed ambigua dell’opera, rafforzata dalla presenza della Tate e del futuro Chelsea College, nonché dalla storia stessa del luogo. Qui infatti, nel 1812, fu costruito il primo penitenziario di stato inglese, realizzato secondo il modello di rieducazione inventato da Jeremy Bentham: il panopticon, una struttura cilindrica con una torre centrale da cui una sola guardia potesse osservare gli incarcerati nelle loro celle senza tuttavia essere visto. Una sorta di grande fratello, avolo delle telecamere a circuito chiuso nella funzione di controllo sociale, ma reinterpretato qui dalla Bonvicini in stretta connessione con il piacere voyeristico.
L’installazione dunque invita ad una riflessione sul rapporto complesso tra spazi pubblici e privati, tra doveri e piaceri pubblici e privati, sulla presenza nel sociale di barriere insieme visibili ed invisibili, a seconda del punto di vista occupato. Il titolo stesso, Don’t Waste a Sec, letteralmente Non Perdere Un Attimo, riconduce giocosamente all’imperativo proprio della società dello spettacolo e del consumo, orientata sulla frequentazione ossessiva ed onnivora dell’immagine.
Monica BonviciniUn unico suggerimento? Per un lavoro che così astutamente si nasconde ed insieme si rivela in questo angolo curioso di Londra, accertatevi degli “orari di apertura”. Sarebbe un peccato trovarlo chiuso.

irene amore
visitata l’8 dicembre 2003

links correlati
http://www.broadwayprojects.com http://www.londoninstitute.ac.uk


Monica Bonvicini – Don’t Miss a Sec
The London Institute
Atterbury Street
Millbank
London SW1P 4RJ
Accanto alla Manton entrance della Tate Britain.
Metropolitana: Victoria line, fermata Pimlico
Autobus 77a, 88, 2, 36, 185, 436.
Aperto dal lunedi al venerdi dalle 18.00 alle 20.00, sabato dalle 14.00 alle 18.00, domenica dalle 10.00 alle 18.00.
fino al 30.V.2004
Broadway Projects
34 Ovington Square
London SW3 1LR
Tel/Fax : +44 (0)20 75896118
email: broadwayprojects@artserve.net
Don’t Miss a Sec è un progetto curato da Broadway Projects e sponsorizzato da Allies and Morrison Architects, Armfield Glass, Fluid Structures, hbg, the Italian Cultural Institute, Minds Eye, Sissons, and The London Institute


[exibart]

4 Commenti

  1. anche se l’opera fa cacare non c’è bisogno di farlo proprio lì dentro, SCIAF!!! commissario, ahio, m’hai tato nsacco de schiaffi, tz tz…

  2. Basta con queste “opere”, questi “artisti” e queste recensioni “sdraiate a tappetino”. Continuiamo a farci del male …

  3. quando una rivista ex seria come voi la finira’ di seguire tutte queste mode correnti al seguito di critici appecoronati sul mercato sara’ sempre tardi, ci sara’ un nuovo Rinascimento?Sono veramente disperato, non vedo un barlume di luce.Ahi!

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