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Un’opera troppo potente e provocatoria o l’ennesimo episodio di puritanesimo Usa? Duranto lo svolgimento dell’Armory Show, fiera d’arte contemporanea di New York, il video clip dell’artista italiano Ennio Bertrand raffigurante il disastro delle due torri è stato smontato e censurato. Il lavoro, già visto in mostre e fiere in Italia, consiste in un loop interattivo virato su cromatismi lividi, più lo spettatore si avvicina alla videoinstallazione più la sequenza procede verso l’arcinoto disastro. Al contrario se lo spettatore si allontana. (m.t.)
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[exibart]
forse è ancora troppo presto perché lì accettino una reinterpretazione di quel fatto.
Molti amici mi dicono che è ancora un argomento tabù: su “Arte In” di dicembre, mi sembra, c’era un bel testo di Barbara Rose in proposito, “L’arte dopo il ground zero”.
Corretto, Tab. era “Arte in ” di Dicembre.
Peraltro gli americani ,ferma restando l’enormità della tragedia,hanno una tendenza notevole alla censura.Non credo che in Europa la scelta sarebbe stata la “rimozione” del video di Bertrand. Un saluto.
Io credo che in America avrebbero fatto meglio ad informarsi sulla ricerca di Bertand prima di fare una cosa come questa. I media, le problematiche sociali e gli accadimenti più o meno eclatanti legati alla globalizzazione sono fonte primaria di ispirazione per questo artista che, in tempi non sospetti e cioé pochi giorni prima dell’11 settembre, aveva fatto una splendida installazione nella quale affrontava in maniera critica il dramma dei profughi, della fuga notturna dalla propria terra divenuta improvvisamente ostile, della paura e del rischio nell’attraversamento clandestino delle frontiere. Insomma credo che, a differenza di altri artisti che hanno, per così dire, cavalcato l’onda, forse Bertand è uno dei pochi che legittimamente poteva affrontare questo fatto storico (e forse doveva, al punto che il non farlo credo che per lui sarebbe potuto diventare una sorta di autocensura). Con tutto che, lo sappiamo, simili fenomeni di censura ottengono solo l’effetto opposto, cioé di amplificare a dismisura la portata del messaggio.
Hai ragionissima Alf, non mi voglio appropriare di quel che dici, perché non ne ho le qualità, ma il mio discorso è questo: è mai possibile che solo noi euoropei ( che di ground zero ne abbiamo avuti tanti) dobbiamo informarci sulle vicende artistiche americane, ne sappiamo il quid e il quod e il quantum, le subiamo e le fiancheggiamo, per poi lamentarcene, e questi censurano le poche voci autentiche che ci son rimaste (sto esagerando)? Sull’effetto della censura, come darti torto? Forse chissà è anche un modo per celebrare l’autore… Chi ci capisce più nulla…