23 marzo 2001

Fino al 1.VII.2001 Infanzie. Il bambino nell’arte tra ‘800 e ‘900 Torino, Palazzo Cavour

 
Gotine rosse, merletti, cavallini a dondolo, giochi spensierati, vita nei campi. Bimbi che ridono e che piangono. Sono i bambini visti dagli artisti a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento…

di

Infanzia. Parola che racchiude in sé molteplici significati e problematiche. Parola che rappresenta un microcosmo studiato, osservato, analizzato. Infanzia. Si potrebbe aprire un dibattito su questo delicato ed importante argomento, ma non sarà così. Ciò che in questo momento è importante mettere a fuoco è il significato profondo della mostra appena aperta a Palazzo Cavour. E allora quale infanzia viene rappresentata? Intuitivamente si pensa che essa possa porci di fronte a bambini coi balocchi, che giocano, ridono, che lavorano nei campi, che fanno i capricci. Certo, troveremo tutto ciò che ho appena descritto, ma non facciamoci ingannare dall’apparente spensieratezza dei fanciulli per credere che essi siano vissuti in un periodo privilegiato avvolti nella bambagia di un mondo così lontano dal quotidiano violento e crudele che li vede soggetti involontari di infanzie bruciate. Perché dico questo? Basta leggere alcune parole del testo critico di Pompeo Vagliani (uno dei curatori della mostra) per cominciare a comprendere e non restare a guardare solo in superficie. Egli dice:«…rifacendosi ai tempi delle generazioni precedenti dei suoi genitori, quindi alla prima metà dell’Ottocento, Cordelia, la scrittrice per ragazzi Virginia Treves Tedeschi, ricorda come il bambino, soprattutto se di sesso femminile, veniva considerato in famiglia alla stregua di un piccolo intruso…». Molti forse non sono a conoscenza del fatto che il bambino comincia ad avere una sua dignità, ad essere riconosciuto come tale, proprio a partire dall’Ottocento. Ed è da questo contesto che si devono ricavare i significati per interpretare le opere che possiamo ammirare a Palazzo Cavour. Quindi sì ai balocchi ed ai giochi spensierati, ma attenzione al significato che gli si attribuisce. Non è lo stesso fanciullo della ritrattistica degli anni ’30 del Novecento.
Mettendo in evidenza i fatti sopra citati, la mostra curata anche da Rossana Boscaglia e da Francesco Poli, ripercorre l’arte italiana a cavallo fra l’Ottocento ed il secolo che si è appena concluso.
Giuseppe Magni, Bambini che giocano a mosca cieca
Attraverso il filo rosso, il tema centrale della mostra, si segue un percorso per temi che esordisce con la sezione dedicata alla campagna ed alla natura. Qui la pittura di genere e gli accenti divisionisti di Gaetano Previati (Donne e bambini in giardino, 1896) sono accostati alla mirabile opera “Gotine rosse” (1882) di Giovanni Fattori. Si segue il percorso nella sezione dedicata alla dimensione sociale dove si vede uno scorcio d’infanzia molto meno spensierato del precedente. Il verismo qui tocca le sue più alte vette di drammaticità con le opere di Giuseppe Pellizza da Volpedo e con due ritratti di Carlo Levi che, come leggo nella guida alla mostra, dipinse fra il 1935 e il 1936, due ritratti che possono essere anche letti nell’opera Cristo si è fermato ad Eboli.
Il percorso espositivo prosegue nelle sale dedicate al gioco, allo studio, al ritratto, alla sezione (non troppo ricca) dedicata alle madri ed ai figli. L’ultima sala è dedicata interamente all’illustrazione per l’infanzia e devo ammettere che basterebbe questo pretesto per vedere la mostra ed è proprio qui che si possono fare delle riflessioni molto interessanti anche attraverso l’editoria per bambini. Una quantità notevole documenti d’epoca: fumetti, spartiti musicali illustrati, disegni preparatori per libri per l’infanzia, prove autentiche per le illustrazioni, conducono il visitatore dentro quel mondo che sembra così lontano che è quello dell’infanzia dei nostri avi. Rimando ai testi critici presenti nel catalogo per ulteriori approfondimenti su questo tema.
Un alone melanconico e spensierato ci accompagna giù per lo scalone principale di Palazzo Cavour, con la strana ma molto netta sensazione di aver vissuto un viaggio, un ritorno al passato, ed aver sbirciato nell’infanzia dei nostri nonni.
Consentitemi di terminare con una nota di elogio per il Settore Promozione Attività Culturali Istruzione e Spettacolo della Regione Piemonte perché sta seriamente lavorando per promuovere la cultura, non solo locale, con eventi di rilievo come questa mostra che vale un viaggio a Torino.

Michela Cavagna
Mostra visitata il 15 Marzo


Infanzie. Il bambino nell’arte tra ‘800 e ’900. Torino: Palazzo Cavour, Via Cavour 8, 10123; orario: da martedì a domenica: 10.00 – 19.30, lunedì chiuso, giovedì 10.00 – 22.00; ingresso: intero £. 12.000, ridotto £. 8.000, ridotto speciale £. 5.000, ingresso gratuito: Carta Musei, Abbonamento Musei, Pass 15, disabili, bambini fino ai 5 anni, bambini dai 6 ai 12 anni accompagnati da due adulti; catalogo: Ages Arti Grafiche, contributi di Pompeo Vagliani; tempo di visita: 1ora e mezza; bookshop: cataloghi del museo; servizi igienici: Sì; accesso disabili: Sì; informazioni: tel. 011.530690, fax 011.531117; visite guidate: Itineraria 011.4347954; sito web: www.regione.piemonte.it/speciali/cavour/mostre.html Foto in primo piano:Giacomo Grosso, Giochi di bimba, 1913


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