06 giugno 2001

Fino al 1.VII.2001 Dino Buzzati – Parole e colori Cernobbio (Co), Villa Comunale

 
A Cernobbio continua la bella iniziativa di scandagliare l’animo di noti letterati attraverso la visione di loro opere grafiche e pittoriche...

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Si iniziò l’anno scorso con la mostra dedicata a Hermann Hesse, e si prosegue quest’anno con la rassegna sul bellunese Dino Buzzati. Scrittore fra i più importanti della letteratura italiana del secolo appena trascorso, morto a Milano nel 1972, si cimentò nella sua vita sia col giornalismo sia con la narrativa. Scrisse libri per bambini (La famosa invasione degli orsi in Sicilia) e testi celebri come Il deserto dei tartari e Sessanta racconti che gli valse il premio Strega nel 1958.
La mostra, che fa parte del ciclo intitolato Parole e colori, sta riscotendo grandi consensi. E’ senza dubbio affascinante scoprire come la creatività di Buzzati si esprimesse anche attraverso la pittura, che forse lo appassionava ancor più della scrittura. Dice Buzzati, nell’intervista trasmessa nella sala video, che avrebbe potuto dipingere anche per 10 o 12 ore consecutive, cosa che non sarebbe riuscito a fare con la scrittura. E infatti scriveva “la pittura per me non è un hobby, ma il mestiere; hobby per me è scrivere. Ma dipingere e scrivere per me sono in fondo la stessa cosa. Che dipinga o che scriva, io perseguo il medesimo scopo, che è quello di raccontare delle storie.”
E spesso i suoi dipinti sono fumetti, dove le immagini si susseguono creando la magia della storia illustrata, le “vignette” riportano didascalie esplicative, in una continua trasposizione/trasformazione di un testo in immagini e di immagini in testo. Le stesse parole scritte divengono pittura, non ce ne rendiamo neppure conto, mentre “leggiamo” il quadro come fosse un libro illustrato. Dino Buzzati, santa ingenuità Ma spesso le opere si lasciano letteralmente leggere, infarcite come sono di note scritte, frammenti di testi, frasi leggere o gravi intrinsecamente legate all’oggetto riprodotto sulla tela.
Non a caso forse, la prima sezione della mostra è dedicata all’unico libro illustrato da Buzzati, un suo racconto per bambini, La famosa invasione degli orsi in Sicilia. Anzi, ad essere più precisi, nacquero prima i disegni su carta, e solo successivamente quelle immagini si tramutarono in una storia scritta. Invenzione letteraria escogitata per le nipotine Pupa e Lalla, narra di orsi, ciambellani, cavalli bianchi e cattivi “gatti mammoni”. 4 lampade dai paralumi arancioni incorniciano sul tavolo le copie sbiadite del Corriere dei Piccoli, storico giornale dove venne pubblicato il racconto, negli anni della Seconda Guerra Mondiale. Il tratto dei disegni è semplice, immediato. L’uso delle matite colorate lo rende di ancora più facile assimilazione. Sono immagini che toccano in modo inequivocabile la dimensione onirico/fantastica che serpeggia in tutti i lavori di Buzzati.
La seconda sezione della mostra è dedicata all’amore. Quindi alle rappresentazione del desiderio e della donna, intrinsecamente legati nelle opere esposte. L’uso degli acrilici rende squillanti le tele, i colori sono accesi, eppure le rappresentazioni hanno sempre un elemento di trasognata realtà. In Laide del ’67, una bella donna (probabilmente la prostituta protagonista del libro Un amore) è ripresa in atteggiamento sensuale e ammiccante. Nuda, in primo piano, ne viene esaltata la carica erotica. Ma alle sue spalle, scheletri si affacciano alla finestra.
Accade qualcosa di simile in Tre facce di donne. Una sequenza che riecheggia la pop art, dove campeggiano tre volti di donne molto avvenenti: il terzo volto però, per metà è uno scheletro.
Ricordiamo l’invenzione del doppio paio d’occhi nelle opere di Buzzati. Anche sforzandosi, non si riesce a mettere a fuoco il volto che ci troviamo davanti. Il disagio è palpabile in Santa Ingenuità, appare invece con minore forza in Ritratto di Albertina. Anche quest’opera sembra una tavola di fumetto, presenta, ad esempio, una ombreggiatura realizzata a tratteggio.
Estremamente differenti dipinti come Primo Amore e Il lampione: colori cupi e scuri, e skyline di grattacieli a fare da sfondo. E poi ancora donne, donne il cui corpo si trasforma e modifica, come in Donna con le ali. Belle le “bocche”, giganti e sensualissime, semichiuse; in una, un piccolo diavoletto appare, forse a ricordare il peccato che si annida dietro al desiderio.
Torna la dimensione fumettistica in La casa dei misteri alle cinque. Il dipinto sembra essere la rappresentazione grafica di un fatto di cronaca, un omicidio consumato nell’anonimo edificio riprodotto sulla tela. Quasi fotogrammi, istantanee che ci raccontano di una terribile tragedia.
Nel settore dedicato alle donne, trovano spazio anche alcune lettere che lo scrittore inviò al suo primo amore. Ogni lettera era introdotta da un acquarello o un disegno a china. Non mancano le rielaborazioni grafiche di fatti quotidiani. Strappa un sorriso la cartolina in cui Buzzati schizzò un telefono muto e l’ombra di un lampione che si allunga, corredato dalla frase “si può sapere cosa è successo?”
Una rassegna stampa divide le prime due aree dalle ultime due. Arriviamo alla sala dedicata a La montagna e la città. Muraglie di edifici anonimi si accatastano sulle tele e gli uomini diventano spettri, ombre senza alcuna identità, che si aggirano fra i ballatoi di una casa di ringhiera, o fra grattacieli enormi.
Ancora storie illustrate per Marta, ragazza spavalda, che precipita da un grattacielo per trasformarsi in una stella, o per “Il babau”. Qui quattro “vignette” ci spiegano come il babau entri nei sogni dei bambini e di come sia stato ucciso dai cacciatori. L’opera si conclude con una scritta che recita “dio mio! Che cosa abbiamo fatto??” ad enfatizzare la disperazione dei cacciatori ritratti accanto al corpo del babau morto. Come a dire che la fantasia non deve mai essere uccisa o messa a tacere.
Anche in quest’opera il tratto di Buzzati è immediato, intuitivo, sognante. E poi in mostra anche il famoso Duomo di Milano. Lo scrittore si immagina il duomo come una parete rocciosa, e al posto della piazza, un prato verdeggiante dove si svolgono scene contadine. Una vera e propria visione, un sogno ad occhi aperti. Non a caso Buzzati disse che alcune opere gli vennero dettate dai sogni, ed egli non fece altro che trasferirli sulla tela.
Dino Buzzati, duomo In mostra anche disegni relativi a scenografie da lui studiate per La Scala e bozzetti di costumi realizzati nel 1922/23.
Chiude la mostra la sezione dedicata a I miracoli di Val Morel. Emerge qui non solo la vena fantastica di Buzzati, ma anche una volontà dissacratrice e umoristica. I dipinti esposti sono realizzati in forma di ex voto, come omaggi fatti ai santi per grazie ricevute. I miracoli però, sono a dir poco surreali. Un enorme pettirosso che si innamora di una dolce fanciulla e la rapisce il giorno delle nozze, un cacciatore che viene messo a morte dai rinoceronti che egli stesso ha ucciso, un uomo con il cervello invaso da formiche giganti. Tutti graziati dalla Santa di turno. Ma anche i santi sbagliano. Nelle didascalie che accompagnano uno degli ex voto esposti, il testo recita “condannato dai rinoceronti, salvato da Santa Rita che poi ebbe a pentirsene amaramente.”


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Fino al 1 luglio 2001. Dino Buzzati. Parole e colori. Cernobbio, Como, Villa Comunale, Via Regina 7. Telefono: 031.3347209. Orario d’apertura: da martedì a venerdì ore 15.00/19.00. Sabato, domenica e festivi: 10.00/19.00. Ingresso: intero £ 10.000; ridotto e soci T.C.I: £ 6.000; scuole £ 5.000; bambini fino a 11 anni: gratuito. Visite guidate per gruppi (minimo 10 persone): £ 10.000 , scuole ( anche al mattino) £ 5.000 solo su prenotazione. Per informazioni e prenotazioni: ElleCi Studio Como. Tel. 031.301037, fax 031.299028. Catalogo a cura di Luigi Cavadini, 128 pp., illustrato a colori, £ 25.000.


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