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Emilio Tadini rappresenta, come pochi altri in Italia, la figura dell’intellettuale/artista realmente completo. Il suo linguaggio culturale, che spazia liberamente dalla poesia alla pittura, dal teatro alla saggistica, lo avvicina all’ideale dell’uomo rinascimentale, restio alla specializzazione ma aperto ad ogni linguaggio artistico. Appare dunque del tutto giustificato l’omaggio che Milano gli dedica, con la retrospettiva organizzata nelle prestigiose sale di Palazzo Reale.
Attraverso circa settanta opere, che abbracciano oltre quarant’anni di attività, viene ricostruito il percorso di un maestro del Novecento, capace di seguire un cammino del tutto personale, lontano da compromessi o facili mode. L’adesione, negli anni Sessanta, al linguaggio della pop art inglese, movimento decisamente più raffinato ed elitario di quello americano, è un segnale della originalità di Tadini: gli oggetti quotidiani vengono decontestualizzati, con una metodica artistica che rimanda al miglior surrealismo, ed innestati in un mondo apparentemente privo di logica, in certi aspetti addirittura grottesco, come ad esempio nel ciclo Vita di Voltaire. Apice di questo fecondo periodo culturale è l’Occhio della pittura, un lungo racconto che si dipana in venti metri quadrati, nel quale l’artista dimostra che “tra la sua opera pittorica e quella letteraria c’è una sostanziale continuità: Tadini è sempre stato a favore di una poetica integrale, che cancelli le barriere tra i vari ambiti espressivi e disciplinari, e consenta una libera circolazione delle idee”. Negli anni ’70, Emilio Tadini affronta, sempre articolando il suo discorso per cicli, il tema del contrasto sociale e della difficile condizione umana usando la metafora del profugo. Le rarefatte atmosfere degli anni Sessanta lasciano il posto ad un mondo apparente caotico e grottesco, in cui i colori – che ricordano Georg Grosz – ritornano prepotentemente protagonisti.
La città è, invece, la protagonista del linguaggio artistico degli anni Ottanta, una città immaginaria che unisce, paradossalmente, il mondo caotico di una metropoli moderna con il mondo della narrazione fiabesca: è una visione che si riallaccia alla avanguardia della Nuova Oggettività tedesca e al grande cinema di De Sica e Wim Wenders (in particolare Il Cielo sopra Berlino). Questo percorso stimolante e ricco di spunti culmina nel ciclo delle Fiabe (1998-2001), simbolo della alterazione spazio temporale che solo l’esperienza artistica può regalare: “Tadini si addentra sempre di più in una dimensione visionaria e fantastica: anche grazie ad un rinnovato uso del colore, di grande energia e suggestione. Le sue immagini sono oramai animate da una ininterrotta metamorfosi, che mina le radici logico – formali del linguaggio per recuperare una sua dimensione mitica e fiabesca” (dal catalogo della mostra). E’ la dimensione della Fiaba del niente, dove per il Niente s’intende l’universo della immaginazione e dell’infinito.
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Silvana Editoriale
In mostra.net
Luca Scalco
Fino al 9 settembre 2001. Emilio Tadini. Opere 1959 – 2001. Milano, Palazzo Reale. Orari: tutti i giorni 9.30/18.30; giovedì 9.30/22.30; chiuso il lunedì. La biglietteria chiude un’ora prima. Prezzi: intero £ 12.000; ridotto £ 8.000; gruppi £ 10.000. Per informazioni: tel. 02 875672. Catalogo: Silvana Editoriale £ 50.000.
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