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Del Futurismo, di solito, vengono ricordati gli anni “eroici”, gli anni Dieci, i manifesti, le Serate le provocazioni… una sorta di “mitografia”, che forse determina un’immagine falsata dell’importanza storico artistica del movimento. Nella mostra a Palazzo delle Esposizioni particolare attenzione sarà dedicata agli anni Venti / Quaranta. Può descriverci come si svilupperà il percorso espositivo?
Occupando l’intero piano terreno del Palazzo delle Esposizioni, la mostra si sviluppa in tre grandi sezioni, anticipate da una più breve sezione di premessa. Risulta suddivisa quindi in quattro sezioni.
Intitolata Prima del Futurismo, una sezione iniziale della mostra, appunto di premessa, richiama le ricerche, fra Simbolismo e Divisionismo, che premettono le formulazioni futuriste, documentando l’attività dei cinque firmatari dei manifesti pittorici futuristi (1910), Balla, Boccioni, Carrà, Russolo, Severini, nei primissimi anni del XX secolo.
Segue la ampia sezione intitolata “L’affermazione del Futurismo in Italia e in Europa – Gli anni Dieci” dedicata alle formulazione delle ricerche pittoriche e plastiche futuriste negli anni Dieci. Sezione che si articola in due sottosezioni corrispondenti ai due ben distinti momenti caratterizzanti gli svolgimenti di tali ricerche. Nella prima metà, il momento rappresentato dalla fase “analitica”, che segna l’affermazione del Futurismo sulla scena artistica non soltanto europea (protagonisti i cinque firmatari, ma anche Soffici, Sironi). E nella seconda metà, il momento rappresentato dalla fase “sintetica”, che stabilisce un dialogo con le ulteriori formulazioni dell’avanguardia artistica sulla scena europea (protagonisti Balla, Depero, Prampolini). integrandolo, quest’assai ampia sezione ripropone quanto esposto nello Sprengel Museum di Hannover, nella mostra “Der Lärm der Strasse. Italienischer Futurismus 1909-1918” (cioè Il rumore della strada. Il Futurismo italiano 1909-1918), a cura di Norbert Nobis.
A questa ampia sezione si connette per necessaria continuità, tuttavia del tutto dialettica, la grande altra sezione della mostra, “Gli svolgimenti e le nuove avanguardie – Gli anni Venti-Quaranta”, che documenta gli svolgimenti pittorici e plastici delle ricerche futuriste dall’inizio degli anni Venti ai primi Quaranta. Sezione progettata dal Palazzo delle Esposizioni, redatta dal sottoscritto, e destinata ad essere riproposta in alcuni musei europei. E sezione ordinata riconoscendo, in altrettante sottosezioni, i due differenti momenti di ricerca che hanno caratterizzato gli svolgimenti delle ricerche pittorico-plastiche futuriste in tali decenni.
Cioè il momento dell’affermazione di un’arte meccanica futurista, lungo buona parte degli anni Venti (fra Prampolini, Depero, Dottori, Pannaggi, Fillia); e il successivo momento dell’affermazione di una immaginazione aerea, lungo i Trenta e primi Quaranta. Configurata, quest’immaginazione, nelle opposte formulazioni di una proiezione “cosmica”, siderea, di netto superamento della descrizione aerea (fra Prampolini, Fillia, Oriani, Rosso, e altrimenti Dottori), e invece proprio di una svariata descrizione delle possibilità nuovissime offerte dalla visione dall’aereo e di aerei (fra Tato e Crali). Ampia sezione che costituisce di per sé la prima esaustiva ricognizione espositiva di protagonisti, comprimari, momenti diversi ed aspetti della presenza creativa di quello che io stesso, ormai una cinquantina d’anni fa, ho chiamato “Secondo Futurismo”.
Ma una terza grande sezione della mostra s’intitola “La ricostruzione futurista dell’universo”. Ed è infatti dedicata ad una ricognizione, articolata in altrettante specifiche sottosezioni (e relativa allo spessore dei tre decenni e oltre attraversati dall’attività creativa del movimento), dei molteplici settori operativi di quella che l’omonimo manifesto del 1915 di Balla e di Depero (che ne sono protagonisti assieme a Prampolini) ha definito appunto come “ricostruzione futurista dell’universo”. La cui pronunciatissima intenzione d’annessione di molteplici ambiti d’attività creativa e di comportamento caratterizza fortemente il Futurismo italiano nel quadro delle avanguardie storiche della prima metà del XX secolo. Vi sono documentati aspetti e modi della creatività futurista nei differenti ambiti di architettura e ambientazione, arredo e oggettistica, fra protodesign e design; e cabaret, teatro, cinema, moda, letteratura e visualizzazione poetica, fotografia e fotomontaggio, grafica pubblicitaria ed editoriale, arte postale.
Questa mostra si presenta come una grande ricognizione dei protagonisti, degli eventi, delle idee, delle innovazioni, proposte di quella che fu una delle avanguardie più ambiziose e articolate. Può tracciare un breve quadro delle “anticipazioni” e dei rapporti del Futurismo con i movimenti coevi?
La gamma delle “anticipazioni” futuriste è ampissima e diramata nel tempo. Vanno infatti da un livello di stretta contiguità cronologica ad una capacità di sollecitazione e dunque di evidenza esemplare che riguarda momenti diversi della ricerca artistica lungo la seconda metà del XX secolo. Ne suggerirò appena qualche esempio.
Non v’è dubbio che al Futurismo rimontino sollecitazioni di compenetrazione plastica dinamica che non è difficile rintracciare nell’ambito delle formulazioni cubiste francesi nei primi anni Dieci. Quando peraltro assieme a suggestioni di carattere analitico scompositive cubiste l’influenza del dinamismo plastico futurista si fa sentire in diverse formulazioni dell’avanguardia europea, dall’ambito di “Der Blaue Reiter” (“Il Cavaliere Azzurro”) in Germania, a quello del “Vorticismo” inglese, oltre che naturalmente a quello del “Cubo-futurismo” russo. D’altra parte è evidente l’influenza futurista su Dada, in particolare sia in senso comportamentale, sia nell’ambito della visualizzazione poetica (antecedente remoto della “poesia visiva”).
E relativamente agli sviluppi successivi delle ricerche artistiche?
In una prospettiva di sollecitazioni a distanza, si può ricordare il dialogo creativo stabilito negli anni Cinquanta da alcuni artisti italiani con la fenomenologia del dinamismo futurista. D’altra parte, per esempio, gli “happenings” nordamericani dello scorcio degli stessi anni Cinquanta e dei primissimi anni Sessanta hanno un remoto ma significativo (e riconosciuto) precedente nelle “azioni” futuriste in particolare dei primi anni Dieci
Vorrei infine sottolineare che nel suo insieme oggi questa mostra viene ad assumere quasi un’implicita valenza polemica, per il pieno di segni e il parossismo immaginativo che vi risultano; polemico intendo a fronte della rarefazione di segni, della ripetitività e della continua omologazione dell’esistente che contraddistinguono il più delle manifestazioni dedicate all’arte attuale.
maria cristina bastante
[exibart]
Grandiosa questa intervista, come avete fatto ad averla cosi presto? Non resta che andare a vedere la mostra.
Complimenti al curatore della mostra Prof.Enrico Crispolti per la bellissima esposizione delle opere. Balla, Severini, Boccioni, Carrà, Russolo, grandi nomi e grandi artisti
In Italia la rottura con l’arte tradizionale si ha col Futurismo (1909-15) e trova la conclusione nell’astrattismo che si afferma a partire dal 1910. Vasilij Kandisnskij costituisce uno dei momenti fondamentali dell’arte moderna, dopo un inizio naturalistico giunge progressivamente all’astrattismo, svincolando l’arte dalla rappresentazione del mondo reale. Il suo primo acquerello astratto “Senza titolo” è in assoluto il primo dipinto astratto, con questo acquerello Kandinskij raggiunge la completa autonomia della forma da qualsiasi contatto con la realtà. I soggetti dei miei quadri, composizioni astratte, sono frutto della psiche, del sentire, del pensiero, dell’anima. Astratte perchè ciò che sento lo esterno con colori, segni, che si liberano dal mio interno. Astratte perchè il sentire non è materia.
nel caos dell’inaugurazione dell’evento non era impossibile scorgere pezzi di livello mondiale. Umberto Boccioni e Fortunato Depero hanno avuto nell’evento il grande risalto che si meritano quali geni totali della nostra arte novecentesca.
Buon risalto anche ad una concezione allargata del futurimo (aereopittura) ed a personalità ‘a latere’ (tra gli altri mi viene in mente Ottone Rosai).
In un periodo di formidabile riscoperta internazionale del novecento italiano (arte povera in primissimo piano ma anche transavanguardia, solo per considerare il dopoguerra) mi piacerebbe sapere se l’ottimo lavoro del Professor Crispolti verrà, per cosi dire, esportato in auspicabili tappe francesi, britanniche, tedesche e statunitensi…
La ricognizione sul movimento futurista così come concepita da Crispolti ne offre senza dubbio la prima ampia ricostruzione e mostrandone la diffusione in Italia ( anche nelle opere di artisti che poi prenderanno altre strade -come per esempio un Sironi- e saranno meglio conosciuti per lavori posteriori) dà misura anche dell’influenza esercitata dal gruppo nel panorama artistico italiano dell’epoca. Interessante anche l’approccio che segue, per i primi anni 10, la falsariga del cubismo nelle fasi analitico e sintetico, arrivando a mostrare come la ricerca pittorica venga progressivamente stemperandosi in soluzioni cromatico-formali più piane per prendere, dopo la guerra, la via dell’aereopittura a cui viene dedicata una sezione ben documentata.Se la mostra è in questa prospettiva assolutamente completa e spazia in tutti i campi -dall’oggettsitica, al teatro ,alla prima grafica pubblicitaria, alla moda – unica possibile critica al quanto mai apprezzzato lavoro del curatore è l’assenza di un taglio didattico e di una prospettiva interpretativa : al visitatore viene proposta un’offerta culturale molto vasta con opere di diversa importanza al di fuori di una lettura critica. Se così la ricognizione storica guadagna di certo in obiettività , la mostra perde, in un certo senso, la sua potenzialità educativa e formativa della mostra . Se il circuito di un’esposizione dovrebbe di regola tendere ad una mise en valeur di alcuni elementi chiave , alcune opere ritenute centrali per la comunicazione del messaggio e atte ad offrire i punti d’appoggio per una lettura interpretativa, l’operazione di futurismo 1909-1944 è l’opposta: allargare il campo della visuale senza dare alcuna implicita lettura. Prospettiva, questa, encomiabile e stimolante per una mostra riferita ad un target culturale elevato -in grado di fare il proprio percorso autonomamente- ma nello stesso tempo rischiosa oggi, soprattutto nel tanto parlare di “musei aperti al pubblico” e di una democrazia dell’arte e della cultura.
La democrazia dell’arte e della cultura??? ma ci faccia il piacere, l’arte non ha niente a che vedere con la democrazia
Quel che si dice “una bella Mostra”, articolata, ben disposta, ben provvista di opere, documenti, ecc. (anche se, per quanto concerne i mobili e l’oggettistica, la mostra tenuta a Torino, alla Mole Antonelliana, nell’estate del 1980 e intitolata “Ricostruzione futurista dell’universo” era più ricca, fatte le debite proporzioni). Certo, è destinata ad adulti “acculturati”; la non-offerta di un “punto di vista” (almeno in apparenza) è, a mio parere, da lodare.
Ma, come al solito, quello che non va bene è il “contorno”: nulla che aiutasse l’approccio da parte dei gruppi di studenti che erano in visita (ne ho visti diversi in un solo giorno); c’era l’insegnante, si dirà, ma non basta. Del resto, è ben noto, su questo aspetto le nostre strutture espositive sono quasi sempre del tutto carenti.
E poi: niente poster (li avevano dati in regalo ed erano esauriti, né li avrebbero ristampati; eppure la mostra è stata prorogata fino a novembre!); un solo tipo di catalogo (avendo un peso ragguardevole e prevedendo una giornata intera fuori casa – vengo da Pescara – non avevo intenzione di portarmelo dietro per tutta Roma!), quando, in altri casi sono disponibili anche cataloghi in “editio minor”; diversi tipi di cartoline, ma neppure, per es., una confezione particolare che ne racchiudesse le più significative; un cd tratto dall’Enciclopedia dell’arte (mah!); niente altro. Forse gli organizzatori hanno voluto sottrarsi all’imperante moda dei gadgets, certo è che chi avesse voluto una guida cartacea della mostra (c’era quella audio), anche da portare a casa, non aveva scelta.
E poi: è mai possibile che il visitatore debba per forza soffrire per l’arte? Mi riferisco alla solita assenza, nelle sale dell’esposizione, di sedie e/o panche destinate ad alleviare la stanchezza di chi deve stare per tanto tempo in piedi e, perché no, a consentire, in alcuni casi, una visione più “riposata” di alcune opere.
E infine qualche appunto che non riguarda direttamente la mostra, ma la sede; si tratta di aspetti minimi e tuttavia importanti per la qualità dei servizi offerti: nel locale bar sarebbe opportuno porre sui tavolini almeno i tovagliolini di carta, come si fa in tanti altri posti simili all’estero; i bagni sono appena decenti e non ben tenuti, e poi: che cosa sarebbe costato collocare una mensola sulla parete di fronte ai lavandini?
Cara Dottoressa Di Lallo, non ci lasci mai. Continui ad essere la garante del popolo delle mostre. W LA MENSOLAAAAAAAAAA