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fino al 4.VI.2002 Gioacchino Pontrelli – Distorted Superficiality Roma, Autori Cambi
roma
Scivola lo spazio, ingannato da una prospettiva alterata, tradito da un angolo che manca: non percorribili, solo apparentemente possibili, le stanze dipinte da Gioacchino Pontrelli hanno come unica abitante un’assenza ambigua e l’attesa…
Misurare, anche in modo approssimativo, questa stanza dipinta, ‘distribuita’ nelle due parti di un dittico (l’opera si chiama Double Room), è un tentativo vano.
Questa volta la scatola prospettica – tanto cara ad una definizione ordinata della terza dimensione – sembrerebbe sul punto di rompersi, perché alla parete di fondo del salotto tutto verde Gioacchino Pontrelli (Salerno 1966, vive e lavora a Roma) ha asportato qualche metro – proprio nel mezzo – e quel che resta non lo si può unire nuovamente con noncuranza: la carta da parti non combacia, le casse dello stereo sono sfalsate, quanto dovrebbe coincidere, diverge.
Eppure questo luogo impossibile è immune alla deriva e al caos: lo salva una superficie ineccepibile, che è ‘stesa’ sulle cose, saldata alle forme, che riempie lo spazio tra le linee che disegnano il perimetro degli oggetti… e – a dispetto dell’entropia – si dichiara immutabile.
Slitta la resa realistica, rivelandosi affascinante rivestimento, s’incrina quella continuità che rende quasi automatico – ed in un certo modo obbligato – il percorso all’interno dello spazio dipinto: questa volta lo sguardo esita, attratto, quasi risucchiato nella cesura tra le due parti del dittico che diventa una specie di tunnel; poco importa se si tratta della parete che conclude una stanza o di un fuori che non c’è: anche il grande paesaggio – che forse non a caso è sulla parete di fronte al dittico – non è uno spazio vivibile (è una natura ritoccata e rimanipolata dall’uomo dice l’artista); nel verde troppo verde sembra essersi diluita l’idea di superficie, di chiuso e la stessa sensazione la evoca anche il magma colorato, che è sullo, sfondo in un’altra opera (Double Room #1).
Simile ad un fluido raggelato, o ad una lastra marmo sintetico, il magma rimane oltre l’ipotetico gazebo; verso chi guarda sono state girate due sedie, per sempre vuote, in equilibrio nonostante l’inesorabile inclinazione del pavimento: ancora una prospettiva sghemba, ancora lo spaesamento, l’impressione che qualcosa non funzioni, l’impossibilità di rintracciare l’errore per ricostruire la visione corretta. Non c’è niente da rimuovere, nulla da modificare: l’unico elemento connettivo, l’unica possibile coerenza è tutta in superficie.
Nell’installazione presente in mostra il magma colorato – complice una videoproiezione – pare animarsi, scivolare, invischiare il muro, le poltrone, il tavolino, il tappeto di pelliccia e gli eventuali abitanti (questa volta sono previsti) di una stanza – tipo ricostruita: un mio lavoro reso praticabile ha detto Gioacchino Pontrelli sono immagini che normalmente utilizzo nei miei quadri… e ancora: mi attiravano tantissimo queste due pareti frontali: si offrivano perfettamente all’idea di chiudere e d formare questa scatola, questo cubo, di reinventare lo spazio… che poi è quello che sto facendo negli ultimi lavori… reinventarlo partendo da immagini quotidiani, reali, anche se poi sono ‘patinate’, mediate dalle riviste…
L’ambiente lo ha ricavato tra due lastre di vetro scuro, vi si accede (o si sbircia) attraverso due aperture. Dentro: ritratto d’interno in tre dimensioni, superfici variabili.
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Autori Cambi, via di San martino ai Monti 21 a/b, 0647824613, mar_sab 11_19.30, ch lun
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