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Fino al 20.V.2001 Da Canaletto a Constable Ferrara, Palazzo dei Diamanti
bologna
Cinquantuno tele che ripercorrono l’evoluzione della pittura di paesaggio nell’Inghilterra del ‘700. Un percorso tra i diversi modi di raffigurare che scandisce il cambiamento sociale di un paese in procinto di aprire le porte alla rivoluzione industriale…
di redazione
Il titolo è certamente di impatto, lascia intendere che i due artisti presi ad apertura e chiusura dell’evento garantiscono qualità, e che nel breve arco di tempo che li dividono ci sia un mondo tutto da scoprire e ammirare: quello dei vedutisti inglesi, o meglio, di coloro che hanno optato per la rappresentazione di territori e città inglesi. Il sottotitolo ( Vedute di città e di campagna dallo Yale Center for British Art) conferma che le opere saranno prestigiose e di indubbio interesse storico. Ecco una mostra che può offrire spunti validi di riflessione, che non si limita a propagandare i soliti nomi “noti”, ma cerca di introdurre argomenti differenti, documentando su un particolare tipo di pittura che forse in Italia (a causa di una tradizione piuttosto convincente) non ha mai riscontrato un elevato consenso. Curata da Cynthia Roman e con il coordinamento di Maria Luisa Pacelli la mostra si apre con una serie di vedute di campagna ad opera di Wotton, Angillis e Tillemans per poi passare ad opere aventi per soggetto il Tamigi firmate da Canaletto ( “Il Tamigi da Somerset House…” ritratto da due vedute differenti) e da Scott (“Ponte di Westminster in costruzione”); non mancano i capolavori di Gainsborough (artista chiave del periodo che ha saputo combinare egregiamente scene di vita rurale con l’armonia di scenari naturali, connotando il tutto verso una visione idealizzata dell’operosità contadina, come col dipinto “Paesaggio con Pastore”) e gli scorci di una Londra in crescita, ricca di fermento, di cantieri e di attività diverse, a mano di Marlow, Farington, Anderson e Collings. Di sicuro interesse sono anche le opere di Lambert (“Box Hill, nel Surrey, con Darking sullo sfondo”) dove la mescolanza delle rigide costruzioni paesaggistiche con l’apporto di elementi di fantasia sembra efficace nel creare una veduta di tipo classico con prospettive di valenze nuove.
Divise in undici sale, le opere presentano paesaggi che illuminano sui cambiamenti rapidi che la città sta avendo, e delineano via via un modo sempre più nuovo e particolare di dipingere le vedute. Alle scene aperte di carattere rurale si alternano scampoli di vita cittadina; a immagini di pastori e dominate da una natura rassicurante si contrappone la gita borghese fuori porta, alle presenze architettoniche imponenti e meravigliose si affiancano quelle più semplici di cottage e capanni. Tra i capolavori delle ultime stanze sono di impatto le tele di Stubbs e di Wright of Derby (con rispettivamente “Cavallo aggredito da un Leone” e “Notturno con cottage in fiamme”) che sono un chiaro sintomo dell’avvicinarsi dell’esplosione Romantica, nonché della suggestiva filosofia dedicata al sublime e al senso del percepire che con Turner ( “L’abbazia di Newark nel Surrey”) e l’ultimo Constable (“Studio di nuvole”) trova consolidamento. Se da un punto di vista storico-sociale l’evento di Palazzo dei Diamanti sembra funzionare, forse sotto l’aspetto tecnico lascia un poco a desiderare, nel senso che mancano cenni più marcati circa il mutamento stilistico e l’origine che lo determinò.
Come “sguardo” verso l’attività dei vedutisti innamorati dell’Inghilterra del periodo che dai primi anni del ‘700 va alla prima decade dell’ottocento, funziona piuttosto bene, garantendo una documentazione adeguata e fornendo una nutrita rappresentanza di capolavori, però tralasciare così vistosamente l’inclinazione stilistica che i vari artisti hanno subito/maturato lascia un poco perplessi. I contributi critici si sono dimostrati utili anche se poco efficaci circa l’analisi completa delle opere, e anche la disposizione delle stesse è risultata convincente per visibilità e conformità al tema proposto. Interessante appare invece il confronto tra i colori e le prospettive delle opere di Canaletto con quelle di Constable, ove le similitudini e i contrasti fanno intuire che ci si trova dinnanzi a due maestri dalla personalità “pittorica” forte e decisa. L’unico rammarico concerne l’approfondimento di temi che forse nemmeno il delizioso catalogo ha saputo affrontare con la necessaria determinazione.
Archivio Fotografico
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Da Canaletto a Constable. Vedute di città di campagna dallo Yale Center for British Art, Ferrara Palazzo dei Diamanti, (Corso Ercole I d’Este, 21). 25.II. 2001 – 20. V. 2001. Orari 9-19. Ingresso £:.14.000, ridotto £:.12.000. Gruppi (almeno 20 persone), £:.12 (gratuito per l’accompagnatore); gruppi scolastici £: 8.000 (gratuito per 2 accompagnatori). Catalogo edito da Ferrara Arte. Per informazioni e prenotazioni: tel: 0532.209988, fax: 0532.203064. e-mail diamanti@comune.fe.it, sito web. www.comune.fe.it . Card Musei: consente l’ingresso ridotto in mostra.(12.000 invece di 14.000, è valida un anno ed è in vendita presso tutte le biglietterie dei Musei Comunali di Ferrara e presso la biglietteria della mostra. Prevendita biglietti su Internet: EasyTickets, “Biglietto Facile”. Sitoweb:www.tkts.it
Come raggiungere la mostra: dalla stazione FF.SS:BUSn.3, con collegamento ogni 20 minuti (fermata di fronte al Castello); a piedi, in 20 minuti, seguendo Viale Costituzione e Corso Porta Po oppure Viale Cavour e Corso ErcoleId’Este. Servizi in mostra: guardaroba gratuito, bookshop, audioguide. Parcheggi autovetture: Parcheggio Centro Storico (ingresso da Via Darsena), Piazza Sacrati, Viale Cavour, Piazza St. Etienne, Via Arianuova, Via Palestro.
Foto in primo piano:John Constable, Malvern Hall nel Warwickshire, c.1820-21, olio su tela, cm 54,6×78,1
[exibart]
Pessima mostra, la peggiore vista a Ferrara negli ultimi anni. Si salvano i soliti nomi (Constable, Turner, 1 quadro!!!, Gainsborough, e l’italiano Canaletto): la maggior parte sono degli imbrattacroste che magari costeranno anche un patrimonio ma di fatto non sanno dipingere, non sanno usare il chiaroscuro, non sanno rendere la profondità del paesaggio, non conoscono le proporzioni. Il fatto è che vengono dall’Inghilterra, l’altra patria del mercato e delle aste. Scandaloso! Una mostra che, al massimo, può essere interessante dal punto di vista storico e documentario. L’arte è altra cosa! Se ne poteva fare a meno e usare i soldi in modo migliore. Andate a vedere Bellotto e capirete.
direi che posso concordare quasi su tutto! La mostra è di quelle a richiamo, con due nomi grossi che annunciano l’inizio e la fine, poi nel mezzo Caos. Che la tradizione di paesaggio in Inghiltera sia consolidata è vero, che i nomi siano tanti è altrettanto vero…che gli stessi abbiano poi un valore:dubito. Sarebbe come rivalutare i madonnari di vicoli e calli. Nulla da dire sulla bravura degli artisti da marciapiede, però, mica si possono creare universi critici per ogni macchia di colore no?
drammatico!devo andare a Ferrara e mi avete assolutamente convinto a…..NON vedere la mostra.
Francesca,se vuoi un consiglio valla a vedere comunque la mostra. Secondo me, malgrado alcune lacune di tipo tecnico, ci sono dei dipinti che valgono ugualmente il prezzo del biglietto. Poi non è detto che solo perchè ci siano pareri negativi, questo evento non debba essere visitato: ci si può rendere conto personalmente di cosa va e cosa invece no…
saluti.
Per Francesca: io ho una proposta migliore. Vai a Palazzo Diamanti, ma invece di entrare a vedere questa mostra, entra nel cortile e sali alla Pinacoteca Nazionale. Se ne sta lì, quasi nascosta: poca pubblicità, la gente si ferma un attimo e passa oltre. Ma dentro ci sono dei capolavori incredibili. Qualche nome? Cosme’ Tura, F. del Cossa, Ortolano, Costa, Bastianino, Coltelli, ecc. Inoltre di: Carpaccio, Dossi, Mantegna (“Cristo con animula della Vergine”), E. de Roberti, G. da Fabriano, G. Bellini, B. Vivarini, Scarsellino, Garofalo, Pannonio.
Ti lascio gli orari: Palazzo dei Diamanti
Corso Ercole I d’Este, 21 tel. 0532 205844
Orario: feriale: 9.00-14.00 festivo 9.00-13.00
chiuso lunedì
Ogni giovedì 9.00 – 19.00
Ingresso: L.8.000 ridotto L. 4000 (dai 18 ai 25 anni)
Gratuito: fino a 18 anni e oltre 65.
Le mostre bisogna comunque vedrle. Specie se si è programmato di farlo. Quindi, Francesca, vai alla mostra e poi scrivi il commento DOPO !
mi sorprendono dei commenti così feroci contro una mostra che permette secondo un’operazione di deliziosa intelligenza di far conoscere da un lato il frutto dell’attività di un collezionista prezioso come Mellon dall’altro l’opera di pittori poco conosciuti.
Le opere esposte vengono dal Centro d’arte britannica a New Haven (cittadina che ospita la Yale University)che rappresenta uno dei gioelli dell’architettura statunitense dell’architetto Luis Kahn.Ritengo sia emozionante poter vedere delle opere custodite così lontano e fuori dai soliti percorsi dei viaggiatori d’arte….l’unica pecca forse è nella nostra sensibilità di fruitori di mostre d’arte perchè siamo stati finora “coltivati” male dai nostri cari curatori italiani. Se non vediamo almeno una volta l’anno il nostro Kandy (Verona, Roma, ecc..) o i nostri inflazionati quadri del ‘500 lombardo riproposti in tutte le salse non dormiamo tranquilli, non appaghiamo il nostro desiderio di trarre dall’arte la bellezza assoluta.Non vi sentite presi un pò in giro dalle mostre che “scoprono” il capolavoro che sta nella Pinacoteca sotto casa a prendere polvere per 10 mesi e poi viene riportato all’onore della storia per attirare 800.000 visitatori invasati dalla mostra evento?
Dopo 10 anni di pellegrinaggio museale e una biblioteca piena di cataloghi che spacciano sempre le tesi del Longhi con una copertina sempre diversa mi auguro che Ferarra, presa ad esempio di cultura illuminata, continui a mostrarci delle vere “novità” che stuzzichino la curiosità e l’intelligenza del visitatore. Alllora si potrà chiudere un occhio sui cieli grigi inglesi e sui paesaggi abbandonati dalla luce, su qualche proporzione mancata e sulle notazioni dei pannnelli troppo “paesaggistiche” e poco stilistiche. In fin dei conti a forza di veder quadri qualcuno concorderà con me che non c’è più bisogno di prendere audioguida, guida e catalogo per valutare stilisticamente l’opera, ma anche su questo punto ci hanno abituato male: solo il giudizio del critico d’autorità da senso alla visione!
Infine, come vivere con il rimorso di non aver incontrato Constable nell’inaugurazione del ponte di Waterloo a Londra oWright of Derby nel notturno con il cottage in fiamme o Stubb nel cavallo aggredito da un leone o Canaletto nella Cattedrale di Saint Paul?
Che tristezza leggere certi commenti su questa mostra e su alcune delle opere esposte.
Io propugno l’idea di Ruskin, ovvero che l’arte è perfettamente inutile, ripresa da Wilde.
Sembra che invece, a qualcuno questa mostra ha insegnato qualcosa, ha posto nello scaffale delle proprie esperienze un ulteriore termine di paragone, ha insegnato (sempre che abbiate ancora qualcosa da imparare) a riconoscere un’opera d’arte, ovvero quell’espressione artigianale che suscita l’interpretazione.
E se l’arte è perfettamente inutile, le mostre non lo sono.
Sono del parere che ogni mostra vada visitata in modo che se ne possa parlare, in bene o in male.
Se esistessero solo “belle mostre” sarebbe davvero una noia, e poi… come definire belle le belle… se non visitiamo anche quelle brutte?
Come potremmo definire l’arte arte, se non esistesse l’artigianato?
In sostanza, certe espressioni snob che ho letto qui sopra sono piuttosto disgustose. Non dico che non si può criticare negativamente una mostra o un’opera d’arte, ma concludere che è perfettamente inutile visitarla è arrogante e dimostra poca… davvero poca sensibilità artistica.
In fondo, anch’essa è servita ad affinare le vostre preferenze no?
Accetto più di buon grado le critiche all’organizzazione tecnica della mostra, le scelte “artistiche” o commerciali, d’evento.
Ma proibire che un quadro brutto possa essere esposto è pericoloso. E’ omologante, e ciò che è brutto ora, può essere bellissimo fra qualche anno… ricordiamoci quanto dicevano alle prime esposizioni degli impressionisti, che faticavano a trovare spazio per i loro “bruttissimi” quadri, oppure per le “orrende” opere di De Chirico, definite fino a qualche tempo fa addirittura “disgustose”.
Io guardo tutto e poi nella mia anima conservo ciò che volentieri ci rimane, nel bene o nel male.
Consigliare a qualcuno di non visitare una mostra è davvero triste.
Se qualcuno me la sconsiglia ci vado di proposito, certamente ha qualcosa di interessante, se non altro mi insegna a riconoscere meglio ciò che dalle opere esposte si differenzia.
Consigliare a qualcuno di non visitare una mostra o di non leggere un libro è pericoloso, e molto, molto brutto.
Peggio dei quadri che non si dovrebbero vedere.
Paolo
Paolo, il tuo discorso mi sembra francamente strampalato. é vero che le mostre tutto sommato è sempre utile vederle (anche se brutte) ma da qui ad affermare che NON SI PUO’ dire : “questa mostra è brutta” mi sembra ce ne corra!
Non ti è mai capitato di dire ad un amico : non andare a vedere quel film perchè è un’idiozia, oppure quel libro non mi è piaciuto, non te lo consiglio….???o bisogna sempre restare neutri e dire “vai a vedertelo e poi fatti una tua idea, io non ti dico di non andare perchè è PERICOLOSOOO!!”????
Io credo che nell’articolo si possa comunque invitare ad andare alla mostra. Ma nei commenti alla notizia sia giusto che i fruitori dell’arte dicano la loro in maniera diretta e colloquiale…
Franca…. temo che tu non abbia letto bene il mio messaggio.
Io non ho detto che non si può dire che una mostra è brutta… tutt’altro, rileggi bene.
Quanto al fatto di sconsigliare a un amico di andare a vedere qualcosa, di solito non mi accade, poichè se se ne parla è motivo di interesse. Quindi consiglio di andare in ogni caso in quanto, fortunatamente, non siamo tutti uguali… ed è sempre costruttivo il confronto tra la mia idea e quella di un altro.
Il mio discorso è strampalato?
Ho solo difeso la libera espressione.
E forse è vero, è un discorso strampalato. Ma come diceva Voltaire: non condivido la tua idea, ma sono pronto a difenderla fino alla morte.
La mostra, insisto, va vista. Ognuno se ne faccia una sua opinione, spero che tu non voglia imporre la tua.
che discorso strampalato vero?
Paolo
La mostra lascia delusi, non c’è via di scampo ! Ma è giusto venire a Ferrara per vedere il bellissimo duomo, il salone dei mesi a Palazzo Schifanoia e la chiesa di Sant’Antonio in Polesine !
Tornando alla mostra direi che l’unica cosa positiva è l’idea di far conoscere il risultato dell’attività di un collezionista come Mellon. Per il resto vorrei aggiungere che la sede prestigiosa di Palazzo dei Diamanti , può essere utilizzata in modo migliore.
è giusto: se la mostra è bruttina c’è la città.
Se mi permettete di dire la mia…io ci andrei o almeno lo consiglierei dopo una sana visione del film Barry Lyndon di Kubrick
chi può capire capisca
Adios!
caro paolo…la mostra e’ finita 4 anni fa…