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Fino al 25.V.2002 Flirt – Cinzia Ortali e Andrea Salvatori Bologna, Interno & dum dum
bologna
Le opere di Cinzia Ortali e Andrea Salvatori dialogano con naturalezza, si cercano, si corrispondono come sotto l'influsso di una piacevole attrazione…
Gli spazi della galleria Interno & dum dum si prestano perfettamente ad un trattamento che mira a ricreare un ambiente abitativo dall’atmosfera intima.
Questo tipo di allestimento, davvero originale e spiazzante, induce il visitatore quasi a cercare le opere volutamente occultate in un contesto familiare, di certo insolito per una mostra: i disegni di Cinzia Ortali sono attaccati alle pareti in modo casuale, o sono chiusi nei cassetti di mobiletti in cui si è costretti a curiosare; le piccole sculture in ceramica di Andrea Salvatori, poste su centrini lavorati ad uncinetto, occupano tavolini, credenze e comodini.
I disegni di Cinzia affrontano temi dal carattere privato, legati a momenti di vita intimi, sembrano schizzi dal sapore infantile tracciati d’impulso e abbinati a frasi, ricordi e pensieri improvvisi che si svelano con candore ed innocenza. Tecnicamente l’artista sperimenta diverse combinazioni: su alcuni disegni (raccolti in libri), per esempio, sovrappone schizzi, cancellature, macchie, calcoli, scarabocchi (come nei quaderni di bambini).
Dalle minute sculture in ceramica di Andrea traspare l’amore per l’oggetto, la cui realizzazione è curata nei minimi dettagli e un’abilità particolare nel rifare alla perfezione statuine/soprammobili, ironizzando sottilmente sullo stereotipo e il kitsch. L’artista ricrea, allora, una finzione attraverso cui opera una rilettura dei temi più diversi, dalla favola, alla morte, all’evoluzione, alle mutazioni genetiche, entrando anche come parte in causa in questa finzione: la sua figurina autoritratto accetta di mescolarsi a questa folla di zuccherose statuette.
Questo mondo vive anche di contaminazioni in senso contrario: le piccole sculture (damine del settecento, eleganti principino) assumono degli atteggiamenti imprevedibili, compiendo azioni che appartengono al nostro orizzonte di vita (quali giocare a calcio, guardare la tv).
Amare? se (non) fosse così difficile corrispondere… scrive Alberto Zanchetta nel testo poetico composto in occasione della mostra.
Senza dubbio i lavori di Cinzia Ortali e Andrea Salvatori sono legati da una stretta e profonda corrispondenza, da una forte affinità fatta di in una rilettura leggera e ironica della realtà e di una volontà a restituire all’opera, prima di tutto, piacevolezza e godibilità.
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mostra vista il 18 maggio
Flirt: ‘Cinzia Ortali e Andrea Salvatori’ a cura di Giuliano Gavioli e Alberto Zanchetta.
Bologna, Interno & dum dum, via Santa Maria Maggiore 4
dal 14 al 25 maggio dalle ore 18 alle ore 19,30
(dal 20 al 25 maggio: su appuntamento)
tel 051251557 fax 051246763
3389583766; E-Mail: internoedumdum@libero.it
è disponibile in galleria un testo poetico di Alberto Zanchetta.
[exibart]
Testo poeticooooooo?????? Alberto Zanchetta è molto bravo a scovare artisti in gamba, avrebbe anche delle ottime capacità critiche e curatoriali se non le vessasse con queste iniziative. Insomma: chi è l’artista? Lui o quello di turno di cui cura la mostra? Un testo critico convincente che avesse presentato ed illustrato degnamente questo evento sarebbe stato doveroso, specie pensando al fatto che è cosa assolutamente alla sua portata. Un’ottima mostra in uno degli spazi più coraggiosi di Bologna. A parte ciò, un Salvatori eccezionale (specie nelle cose policrome) e da tenere assolutamente d’occhio. La DumDum da gennaio a maggio ha, a mio parere e grazie anche a Zanchetta, scovato due nomi nuovi che, con un pizzico di fortuna, hanno tutti i numeri per andare lontano: Marco Di Giovanni e Andrea Salvatori.
propongo una mostra con esposto i testi poetici del Zanchetta. Il catalogo illustrato ad opera dell’artista di turno.
Sono costretto a fare pubblica ammenda (ironico). Un gallerista mi ha fatto notare essere questa l’ultima frontiera della critica, una prassi di gran moda proveniente dall’Inghilterra. Ai posteri, che passeranno il loro tempo a sputar ardue sentenze, passiamo anche questa.
della divisione dei mestieri (o sul sistema salutare dell’arte).
Partendo dal presupposto che il buon Zanchetta pecchi di presunzione (o di inutile emulazione nei confronti di non necessariamente superiori colleghi d’albione), c’è da sottolineare come tali singolari atteggiamenti possano scaturire dalla pochezza finanziariorganizzativa del nostro piccino sistema dell’arte contemporanea (intendo quella giovane, di ricerca, di tendenza, quella che rischia. Non Botero naturalmente).
Mi spiego. Zanchetta voleva presentare la mostra con una poesia (o, almeno, anche con una poesia), ebbene siamo sicuri che se avesse avuto il budget per assoldare a tal fine un vero poeta (ammesso che lui stesso già non lo sia, io per me lo conosco come curatore) non l’avrebbe fatto?
Ed eccoci allora ripiombare nell’eterna anomalia italica che, esempio principale, miscela costantemente due ruoli non sempre sovrapponibili come curatore e critico.
I soldi sono pochi ragazzi. E allora ecco il curatore che fa il poeta, il critico che fa il performer, l’artista che, ahimè, fa il critico (e viceversaaaa!!!), il collezionista che fa il gallerista, il gallerista che fa il direttore di galleria, il curatore associato che fa l’ufficio stampa………….
Detto questo rimane ottimo il giudizio sullo Zanchetta che contribuisce a ravvivare la fertile scena bolognese e l’arida scena veneziana.
Io, pragmaticamente, continuo ad immaginare un visitatore comune (non un addetto ai lavori) o perfino un collezionista (che stia cercando di investire sulla giovane arte senza dedicarsi quotidianamente all’arte). Questi arrivano in mostra e vorrebbero magari sapere chi sono questi artisti, un minimo di biografia (per esempio mi consta che Salvatori sia il realizzatore dei lavori e dei progetti della ditta Bertozzi & Casoni), una descrizione delle tecniche usate (Bruno Corà una volta ebbe da osservare con incredulità la tendenza a far critica senza descrivere l’oggetto del testo, se se è una foto un dipinto, ecc.) una lettura critica del progetto che spieghi il valore e l’unicità del lavoro. So che non tutto spetta all’opera del critico/curatore e pure sono con Tonelli nel dire che, per l’arte dei giovani, bisogna un po’ fare anche questo lavoro “sporco” di raccolta e pubblicazione di dati biografici e tecnici, ma soprattutto bisogna operare per avvicinare il pubblico all’arte e ad educarlo ad apprezzarne i meccanismi e le direzioni. Ci sarà chi dice che l’arte si deve arrangiare da sola ed allora possiamo smetterla anche qui, perché è ovvio che con la musica pop, i video, i fumetti e la pubblicità la battaglia è persa. Mica sono contrario alle divagazioni o ai testi poetici, ben vengano. Però vi invito a riflettere su un dato: 3 sondaggi fa su ex (letto da appassionati d’arte e specialisti), il 50,8% dei lettori ha affermato che “non sempre capisce l’arte contemporanea”, l’8,7% addirittura che non la capisce per nulla; il 28,9 % ha detto che “quasi sempre” la capisce e solo l’11,5% dei lettori, di una rivista on line che tratta in grande parte di arte contemporanea e che si rivolge ad un pubblico giovane, ha dichiarato di capirla perfettamente. Allora, per favore, non “meniamocela” tanto. Qui ci sono delle responsabilità precise che tutti conosciamo ed il critico/curatore deve porsi come obbligo morale di dare il suo contributo a rendere la strada più agevole e non a complicarla, sennò qui finiamo sempre a parlare del sesso degli angeli. Scendiamo dal piedistallo, la parola d’ordine è “didattica”, che non è detto debba essere fatta solo con un testo sia ben inteso(è un invito anche a chi cura gli allestimenti, le didascalie, le schede tecniche nelle grandi mostre). Fatto ciò, per me, il critico/curatore può anche baloccarsi con trimetri giambici o anapesti. Detto anche fra noi: cosa costa ai curatori/critici, durante le inaugurazioni, a ripristinare la vecchia abitudine di dire 2 parole di presentazione dell’evento? Meno tartine dunque e più comunicazione. Ma poi li vedete anche voi alle mostre, il pubblico difficilmente và dal critico a chiedere spiegazioni (col rischio di essere guardato con strane espressioni di compatimento), più spesso è monopolizzato da giornalisti ed amiconzoli invitati per far numero (ovvio che ora non parlo del Zanchetta ma in generale). Cui prodest?
che la didattica sia un imperativo categorico è un concetto che mi porto con me da sempre. Come da sempre mi porto dietro l’idea che la scuola sia, ahimè, la vera responsabile di certo lassismo verso i linguaggi della contemporaneità. E’ peraltro un concetto che ho espresso ampiamente in una bella intervista fattami da Paola Nicita che Kult indugia a pubblicare!
E per tutti i babbi e le mamme di Torino e Piemonte, un ordine: aprite la speednews li a destra sulla didattica alla GAM, armatevi di santa pazienza, e fate passare ai vostri piccoletti una settimana di full immersion tra gli stimoli dell’Arena Paolini!!!
Le responsabilità del sistema ed ordinamento scolastico in Italia sono appunto una delle cose che ho omesso di citare. Lo ha sempre predicato anche la buon’anima di Zeri. Ottimo l’invito a mamme e papà e però, andando con ordine, sarebbe forse il caso di interrogarsi anche sulla didattica per adulti. Non voglio dire di mettersi a fare laboratori per gli adulti, che per altro ho visto proposti con discreto successo alla G.A.M. di Bologna(vi assicuro che l’entusiasmo ed il divertimento suscitato nei visitatori adulti era cosa molto interessante e stupefacente piuttosto che ridicola), dico che in sede progettuale di mostre e allestimenti bisognerebbe curare molto più gli aspetti divulgativi, soprattutto (e sottolineo) proprio quando si presentano artisti non noti al grande pubblico o addirittura esordienti. Ma poi è ovvio se pensiamo che, trovandoci a parlare di un artista, le prime domande che sorgono sono: chi è, cosa fa, come lo fa? Credo di aver scoperto l’acqua calda, no?
D’accordo con Alf. L’altro giorno simpaticamente discutevo con mio fratello e con mio padre (entrambi piuttosto estranei al mondo dell’arte) circa le opere di fotografia presenti nell’ultimo numero di flash art. Mio fratello da “amatore” della fotografia criticava come foto di bassissima qualità tecnica, e ribadiva di bassissima, roba ke a suo vedere manco il fotoclub del nostro paesino avrebbe difeso…Mi è stato difficle in due parole difendere l’arte contemporanea e suddetti artisti. La mancanza di una cultura circa l’arte contemporanea non permette ai + di comprendere a pieno, e questi + aumentano se anche tra gli addetti ai lavori scarseggiano i PR. Mio padre rimase diffidente, malgrado le mie spiegazioni, e mio fratello invece continuò a sostenere il suo parere ribadendo l’assurdità dei costi di fotografie pessime. Il dibattito si fece più acceso (mi scaldai!!!) e poi rapidamente cadde in un silenzioso rassegnamento. Ovviamente non mi lasciò indifferente. Le parole di chiusura di mio fratello furono: “ma chi decide quale tra questa porcheria sia degna di assurgere a opera d’arte? Diventa opera il concetto ke sta dietro alla fotografia e non la fotografia…allora io domani espongo un foglio bianco e lascio ke la gente ci legga ciò che vuole: diventerò ricco!”
Se volete rispondergli voi…
Beh, facendo un confronto con la pittura, se dovessimo far corrispondere alla qualità tecnica di un’opera il suo valore artistico (e anche economico) ci dovremmo rassegnare a considerare che il Rinascimento ha raggiunto livelli di perfezione insuperabili, no? Io posso capire l’indignazione dei “tecnici” della fotografia, ma credo che dovrebbero scagliarsi, più che contro le opere, contro la poca conoscenza e competenza di chi scrive di fotografia rispetto alle tecniche. Detto ciò la discussione, a livello generale, non ha ragione d’essere. L’arte contemporanea è eclettica e vampiresca, gli artisti fanno arte con tecniche diverse contemporaneamente, raramente si pongono come obiettivo la perfezione tecnica. Gianni Romano ebbe a dire dell’arte che utilizza le nuove tecnologie che, contrariamente a quanto si crede, essa si sviluppa in un contesto low tech. Ecco, io tenderei ad allargare questa considerazione a tutta l’arte, con tutto che le eccezioni ci stanno in ogni cosa. Ma poi, c’é veramente chi crede alla regola che “più è alta la perfezione tecnica di una fotografia tanto più elevata è la qualità artistica”? Piuttosto varrebbe la pena di interrogarsi circa l’adeguatezza del lessico, chiedendosi, ad esempio: cos’è la fotografia oggi? Banale? Niente affatto perché sotto questa categoria ci finisce di tutto, dalla pittura digitale agli still da video, dalle ciba alle stampe a plotter ed ink jet, ecc. Converrete anche voi che la classica definizione da vocabolario, “Procedimento ottico, meccanico e chimico mediante il quale si ottengono immagini dovute alle variazioni prodotte dalla luce su determinate sostanze”, appare perfino ridicola. Meglio dunque affidarsi alla più rassicurante, stretta etimologia (phòs, photòs=luce e gràphein=scrivere), seppur con il rischio che qualcuno, senza tema d’esser smentito, possa affermare che pure la pittura, in fondo, è fotografia.
Caro Alf,
una fotografia se fatta con sentimento è arte,ma che la pittura è fotografia non sono d’accordo, bisognerebbe specificare quale pittura.
Alf, chi sei? Mi piacerebbe conoscerti, parlami un po’ di te.
Maria
Cara Maria, la mia era solo una provocazione per dimostrare l’inadeguatezza del lessico con il quale spesso, per mancanza di una conoscenza profonda della tecnica fotografica (e in questo senso la rubrica di fotografia di Ex ha fatto molto) e delle nuove tecnologie con le quali si esprimono molti artisti, si finiscono per fare grandi minestroni fuorvianti e scorretti (mi verrebbe voglia di ri-parlare degli obblighi morali e deontologici che avrebbe la critica in questo senso ma… ne ho già parlato fin troppo, recentemente). Per ciò che concerne il confronto e la conoscenza… quando vuoi, Alf sta per Alfredo Sigolo, basta che mi mandi una mail e ci troviamo in chat o altrove.