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Lì un giovane ed illuminato gallerista, Giovanni Bonelli (figlio del titolare della galleria che porta il cognome di famiglia) da qualche tempo ha deciso, a latere della tradizionale attività rivolta agli artisti storici del ‘900, di occuparsi della giovane arte contemporanea, in particolare di quella italiana. Già qualche tempo fa, commentando la collettiva dal titolo Chiamami Peroni, sarò la tua… Arte, segnalammo l’opera di Caterina Notte come tra le più convincenti ed accattivanti viste alla mostra. Ora Bonelli offre alla giovane artista di origine molisana l’occasione della sua prima personale. Il curatore Sciaccaluga riempie la piccola galleria con i lavori più recenti di Caterina: sono le Forme in-quiete, quasi un’indagine fisiognomica e della psicologia umana condotta attraverso l’accentuazione delle distorsioni assunte dal volto nella sua capacità espressiva e mimica e i Wormholes, nome che in gergo identifica i buchi neri (letteralmente significa “buchi/tane di verme”), frutto del lavoro degli ultimissimi mesi.
L’esistenza dei buchi neri è stata ipotizzata alcuni decenni fa da Ludwig Flamm a partire dalla teoria einsteniana della relatività (1915); ai wormholes, sulla cui origine e natura sono ancora molte le incertezze, si attribuisce una intensissima forza di gravità, in grado di deformare il continuum spazio-temporale. Proprio lo scorso anno un fisico russo, Serghiei Krasnikov, dell’osservatorio astronomico di Pietroburgo, ha ipotizzato l’esistenza di buchi neri abbastanza grandi e stabili da permetterne l’attraversamento; considerato che, all’interno dei wormholes, è teoricamente possibile raggiungere velocità prossime a quella della luce (300 mila km/sec.) annullando, di fatto, gli effetti della relatività di Einestein, si prospetterebbe la possibilità di utilizzare i buchi neri come una sorta di tunnel per viaggi interstellari e addirittura temporali dato che, al loro interno, le distanze risulterebbero ridotte e il tempo rallentato. Si arriva ad ipotizzare che un corpo, nella fase di attraversamento di un wormhole sarebbe sottoposto ad una differente attrazione in base alla sua massa e alla sua distanza dalla fonte di attrazione stessa; in altre parole un corpo tenderebbe a deformarsi e dilatarsi.
Nel caso di Caterina Notte si potrebbe dire che siamo di fronte al primo tentativo di viaggio interstellare attraverso i wormholes; ma in quale cosmo? Non certo quello che sta sopra la sua testa, semmai quello che sta dentro ad essa. Il suo viaggio avviene in un mondo psichico ed irreale, in una dimensione neppure parallela ma semmai perpendicolare; già, perché il punto di intersezione tra mondo reale e psichico corrisponde esattamente all’attimo in cui si concreta l’idea artistica di Caterina. Esiste infatti un momento esatto in cui a quel mondo psichico vengono attribuite le ipotesi della fisica, basate su soluzioni matematiche, e dunque considerate possibili e compatibili con le leggi che governano il mondo reale. In quell’attimo il mondo di Caterina assume le caratteristiche di possibilità, diventa cioè una soluzione razionale e ci appare non più una favola, una bella illustrazione totalmente fantastica, ma piuttosto qualcosa che ha un senso, una ragione, una possibile esistenza appunto. Ecco dunque spiegato il fascino di quel corpo che osserva e sperimenta la vicinanza al tunnel sottoponendosi agli effetti dell’attrazione magnetica, dilatandosi e deformandosi; ecco spiegata quella straordinaria avventura che pare concludersi nel ritorno all’origine, nella riconduzione di sé allo stato fetale, nell’immersione e riadattamento ad una sorta di liquido amniotico primigenio, nel contesto di una rigenerazione del tessuto placentale.
Caterina Notte parte da immagini digitali realizzate con la fotocamera o allo scanner. A computer compone le sue scene che poi stampa a Ink Jet e incolla su fogli d’alluminio. La particolarità della tecnica dell’artista sta nella straordinaria e meticolosa lavorazione realizzata sul desktop del suo pc. Pittura digitale potremmo definirla, dal momento che le immagini fotografiche originali vengono da Caterina completamente rielaborate e ridipinte con gli strumenti della pittura digitale, tradendo la formazione dell’artista, maturata sulle tecniche classiche della pittura.
Al racconto dell’avventura fantastica di Caterina Notte in molti sono stati presenti: accanto al curatore Sciaccaluga, l’Assessore alla Cultura del Comune di Mantova, il noto critico Augusto Pieroni ed il nuovo direttore della G.A.M. di Bologna, Peter Weiermair.
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Alfredo Sigolo
vista il 26 maggio 2001
“Caterina Notte – Wormholes”. A cura di Maurizio Sciaccaluga. Dal 26.V.2001 al 30.VI.2001. Mantova, Galleria Bonelli Arte Contemporanea, via Corrado 42. Orari: 16.00-19.30 (lunedì chiuso). Informazioni: tel. 0376/224565; fax 0376/318091; e-mail bonelliartecontemporanea@hotmail.com. Catalogo gratuito in galleria (testo di Maurizio Sciaccaluga, stampa Publi Paolini, Mantova).
[exibart]
Fortissima questa Caterina Notte! Forse la prossima settimana capito dalle parti di Mantova e se posso passo in galleria. Sono curioso di vedere i lavori dal vivo.
Ciao
Però….!
Per te il “sopravvivere” è strettamente legato alla conquista di nuovi livelli tecnologici?
Spiegati meglio, ti va?
ciao
Ma perché, invece di farle con il computer, queste immagini (della mente) suggestive non le fa con i pennelli e la pittura, visto che con questa si è formata l’artista? Sarebbe un lavoro più lungo, forse, ma nel tempo della riflessione, chissà, verrebbe fuori qualcosa di più intrigante.
Limitare la questione alla questione “tempo” mi sembra abbastanza riduttivo e sterile. A parte il fatto che ognuno, vedendo le opere dal vivo, potrà rendersi conto di persona del grande lavoro di manipolazione, foto ritocco e di vera pittura digitale che sta dietro a queste immagini (le sfumature risultano da campiture che ricordano la tecnica dei lavori preparatori di Pintaldi)io credo siano da considerare anche altri fattori. Per esempio c’è da chiedersi perché una giovane ragazza che, come molti suoi coetanei, usa il pc per dialogare e comunicare con i quattro angoli del globo (non è difficle beccarla nella chat di exibart, ovviamente di Notte) dovrebbe, per dare voce alla sua ispirazione, rivolgersi ad un altro mezzo di espressione. Insomma: vi è mai capitato, nell’atto di scrivere una lettera, una poesiola da adolescente, o perfino mentre prendevate appunti sul testo di storia, di sorprendervi d’un tratto a disegnare o scaraboccchiare qualcosa, di abbozzare un volto, una figurina? Se siete bravi, magari vi era uscito un disegnetto niente male e magari quel disegnetto raccontava di voi di più di quanto non avrebbero potuto fare le parole che non riuscivate a scovare. Caterina ha semplicemente deciso di non fermarsi, ma di continuare a scarabocchiare, di continuare a sognare, finché quello scarabocchio non è divenuto il testo, la lettera, il racconto di se stessa. Che sarebbe accaduto se si fosse risvegliata e avesse deciso di mettersi al cavalletto? Spesso accade di non ricordare i propri sogni; sempre, nel caso in cui si ricordi qualcosa, di aggiustarne le lacune, di abolirne le incongruenze, di fornirle di senso logico, di falsificarne, in ultimo, la forma originaria. Mi scuserete perciò se vi chiedo di parlare a bassa voce, perché Caterina non si risvegli.
Splendido, Alf… però mi farebbe piacere davvero che Caterina rispondesse alla mia domanda.
In effetti, rileggendo la mia bravata, m’accorgo d’essermi espresso male. Il tempo, non è solo quello dell’esecuzione materiale, (allora sì diventa una cosa relativa: non è detto che un’ agire che richieda più tempo determini la qualità o la forza di una creazione. Viene in mente la risposta di Rembrandt a due acquirenti che si lamentavano del prezzo, per loro esoso, di un disegno eseguito in un quarto d’ora). Ma quello della meditazione e della ricerca (non ricercatezza). Forse la mia è una preoccupazione dettatta da un pregiudizio, quello della limitatezza dello strumento macchina rispetto all’interiorità e alla potenzialità dell’agire artistico dell’uomo. E’ vero che “al cavalletto” si rischia di formalizzare e imprigionare il sogno, il gioco, l’umano e il disumano, ma questo è un rischio che si può correre con qualsiasi mezzo espressivo. Quando si riesce a non farlo, allora, quando si tratta del sogno, può venir fuori Odilon Redon. Chissà, magari vivesse ora mi farebbe uno sberleffo e userebbe anche lui il pc per lavorare! Mi sono espresso male prima, (probabilmente anche adesso), ma è che mi dispiacerebbe che il computer imprigionasse questo talento, che resta libero di usare quel che vuole per esprimersi e di non dar retta ai marziani…
Ciao
Sollevi questioni estremamente delicate, dalle quali, credo (e non lo dico per provocazione, davvero) molti che usano il computer – sia per lavoro, sia con intenti creativi – rifuggono, forse per comodità. Tra l’altro la riflessione estetica sull’immagine di sintesi è ancora agli inizi. Vent’anni fa David Bowie liquidava così il problema: “in fondo sono solo onde nello spazio…”.
Bella l’idea della prigione. Mi verrebbe da aggiungere tante cose…
Per Eta Beta:
La mia risposta non può che essere ovvia: il mio processo creativo è strettamente legato all’interazione con la macchina e al rapporto psicologico che insaturo con essa. Penso che l’idea di inconscio tecnologico emerga chiaramente dai miei lavori!
La formazione pittorica non è stata che uno strumento per la mia ricerca, un mezzo per raggiungere un realismo quasi fotografico anche in una dimensione, quella dell’universo digitale, vuota e ancora tutta da riempire.
E comunque caro Eta ti assicuro che non è affatto un lavoro meno lungo, anzi… anche se per me il rapporto tempo/lavoro non ha nessuna importanza!
Mi sembra che il tuo pensiero sia dettato appunto da un pregiudizio, la tecnologia al contrario non fa che allargare i miei orizzonti umani; trovarmi di fronte ad una nuova natura di inconscio spinge la mia mente a cercare soluzioni diverse alla storia dell’uomo. E’ un nuovo tipo di bisogno, naturoide, che lascia ancora oscuri i suoi perché e ciò lo rende alquanto affascinante.
Per Costantino:
Tutto ciò che della tecnologia possa aiutarmi a completare la mia deficienza di essere limitatato temporalmente ben venga! Ho bisogno di un artificio che la natura non è fisicamente in grado di darmi purtroppo e l’unico a mia disposizione può forse venire dalla tecnologia intesa come protesi ibridante dell’uomo.
Sopravvivere è per me prolungare il mio io in molteplici forme, rendermi immortale sgretolandolo. La tecnologia, la chimica, la genetica possono aiutarmi ad immaginarne la possibilità. Solo in questo caso la mia natura si completa.
Per Alf:
Grazie per il tuo intervento!!
P.S.
Ragazzi, l’idea della prigione e…dei marziani…mi fa ridere!!
Allora continuo: sperando che il mio traduttore intergalattico non confonda le acque del pensiero, peraltro già offuscato dalla naftalina (qui sulla terra è ottima!). Vedi, Caterina, sul mio pianeta si fa tutto con il computer, che ha un altro nome, ma, problema tecnico, la tastiera terrestre non contiene i simboli giusti per scriverlo. E non so da quando è cominciato, perché il mio trisnonno, che mi porto dietro, dentro uno dei microchip che compongono il mio braccialetto d’identificazione, quando lo attivo, mi dice che quando era piccolo era già così, come adesso. Ero un po’ stufo e allora mi sono messo a gironzolare per l’universo per vedere se dappertutto è uguale: ho trovato due o tre posti interessanti e poi sono arrivato qui. Caspita! Mi sono innamorato: vorrei capirlo di più, questo vostro mondo. Dove gli umani, prima d’iventarsi il computer, si sono inventati la mitologia, la scrittura, la filosofia, la pittura e la scultura, usando quello che avevano intorno, per raccontare quello che avevano intorno e anche quello che avevano dentro, e sopra e sotto. Un mondo sempre in fermento, anche se turbolento e crudele, in certi casi. E’ per egoismo che ho detto quelle cose, per paura che anche la Terra diventi un po’noiosetta come il mio pianeta e tanti altri dell’universo. E capisco, (infatti ho detto di non dar retta ai marziani), che non è giusto ed è inutile frenare gl’intenti , perché se c’è qualcuno sulla terra che vuole esplorare l’universo con l’aiuto delle macchine lo deve fare, così come l’ho potuto fare anch’io. Click fzzz gnak pyzkll . ah, tutta la mia famiglia ti manda un bacino, soprattutto il mio trisnonno, che da giovane era proprio un bel marzianoide.
L’artista – credo – dovrebbe sempre porsi interrogativi. L’articolo parla di buchi neri; mi verrebbe voglia di chiederti: dove sono? cosa sono? cosa c’è all’interno di un buco nero? per quale motivo tale dimensione ha solleticato la tua fantasia? forse perchè è immensa, poco conosciuta, misteriosa… perchè in essa saltano le normali coordinate spazio-temporali, e ci si perde in mezzo ad una notte nera come l’inchiostro -in cui si resta soli, chiusi a chiave, in ginocchio, come nel buio di una prigione.
Come ti descrivi? mezzo uomo e mezza macchina? mmhh… non credi sia una descrizione un po’ banale? Lo sai perchè non riesci a descriverti in modo meno banale? perchè sono le stesse categorie estetiche della cultura contemporanea – decisamente grezze – a non consentirti di dipingerti con più libertà, e con più originalità. Brutto affare, non credi?
Sei un’artista di talento, si vede bene… e sicuramente una ragazza molto intelligente… non ridere se qualcuno solleva una questione: tu da una parte (come artista) e noi dall’altra (come studiosi) stiamo solo cercando di capire meglio il nostro mondo e la vita.
Per Costantino:
E’ “interessante” come tu prima mi definisca mezzo uomo-mezzo macchina (cosa che io non ho mai detto di me, nemmeno osato pensare) e poi addirittura dica che sia una definizione banale! Fai tutto da te!
Accidenti Caterina! Ti faccio ancora delle domande, poi ti lascio lavorare (verrò a vedere la tua mostra, sotto forma di pulviscolo però, così non mi rapiscono per studiarmi: non sono ancora tanto generoso, tra un po’ chissà, meglio dissolvermi qui, che ad alimentare il serbatoio d’energia per i computer del mio pianeta):
1)cos’è l’inconscio tecnologico
(ho provato a leggere sul tuo sito, ma s’accavallano le lettere e non sono riuscito a decodificare nulla)
2)cos’è la nuova natura di inconscio e cosa vuol dire ” soluzioni diverse alla storia dell’uomo”
3)cosa vuol dire “protesi ibridante dell’uomo”.
In tutto questo mi sono dimenticato di dire quanto di poetico e umanamente partecipe ho letto nelle parole del tuo fraterno difensore Alf. E’ bello vedere e provare questa comprensione.
“Ho bisogno di un artificio che la natura non è fisicamente in grado di darmi purtroppo e l’unico a mia disposizione può forse venire dalla tecnologia intesa come protesi ibridante dell’uomo.” ecco l’uomo-macchina: sono parole tue.
Caterina,
… Quando poi hai tempo ti pregherei di essere così cortese da spiegarmi come si fa ad “insaturare” un rapporto.
Sono pronto a qualsiasi nuova emozione.
Ciao, Biz.
Ora si legge : hai lavorato tutta la notte. Era misterioso prima, con le parole che formavano una fitta trama, quasi groviglio di spine, intricata foresta elettrica. Forse è il pc che ha prodotto qualcosa , ti copia nel fare artistico, ti protegge. Però probabilmente ti è più utile così, che si legga. Potresti alternare, farlo pulsare, un cuore di parole, su uno schermo freddo, vedi tu (vedi Apelle e calzolaio). Sì, è poesia il silenzioso nero della notte, dell’universo popolato di astri, che quasi senti scricchiolare nella loro rotazione attorno al sole. Silenzio che ti culla, se glielo chiedi, e ti attrae nel peregrinare di atomi, molecole, di soffio universale, del disgregarsi dell’aggregarsi. (tra poco la smetto con le parole e mi ci tuffo). Il meraviglioso Nulla della Natura: bisogna riprendere Leopardi e rileggerlo dalle sue parole, oppure dal Rimbaud delle Illuminazioni. Per ovvie ragioni, m’attrae di meno questa tua simbiosi con la macchina tecnologica. E’ bella l’energia, ma, finché ci sarà, (e penso che durerà più dell’uomo ), preferisco quella improvvisa d’un fulmine, della pioggia che cade, di una foglia che cresce, di una lacrima che scivola lungo la curva di un viso e imbeve i pori (anche loro potrebbero essere dei buchi neri) di un animo ferito o gioioso, quell’energia che libera un corpo che muore, e che, a volte, percorre la materia di una tela, rimanendo sulla superficie e catturando altre energie che la sfiorano con lo sguardo. Tutto ciò forse è meno attuale e contingentemente contemporaneo, però ho il tempo per aspettare (viviamo, ahimé o per fortuna, un po’ più a lungo degli umani), e vedere cosa viene fuori. Perché è bella e meravigliosa anche l’energia dello sperimentare.
(Ti do un altro piccolo lavoretto: il link di Exibart sul tuo sito non funziona)
Per Costantino: te lo immagini cos’avrebbe tirato fuori da tutto questo “tecnologico” quel grande umano di Tati?
Costantino fa commenti interessanti, dice il suo parere e sapendo quello che dice, è una persona intelligente e libera, io penso che la libertà di pensiero sia una grande cosa. Quando un artista espone le sue opere deve essere pronto alla critica, resterà sempre del suo pensiero,ma deve essere pronto a rispettare la libertà di parola sia in favore o no. Il commento è ciò che da vita all’opera.
Per Caterina:
Credo che sia stato davvero molto bello questo nostro incontro nel forum di Exibart; tutti abbiamo espresso il nostro parere. Vorrei che fosse ben chiara una cosa: nessuno solleva questioni per il semplice gusto di metterti in difficoltà; tu usi un mezzo che forse potrebbe rivelare splendide potenzialità, chi lo sa… Le “critiche” (chiamiamole così) sono espresse solo per capire meglio chi sei e che tipo di utilizzo fai del computer. Nell’attimo in cui lo studioso ti muove una critica, non smette per questo di guardarti con simpatia, anzi… Tutti noi che siamo appassionati di arte speriamo solo che tu prosegua il tuo cammino artistico nel migliore dei modi; se un giorno diverrai una grande artista i doni della tua creatività saranno anche per noi.
Per Maria: grazie delle tue parole.
Per Eta: hai ragione riguardo Tati; tutto il tuo ultimo scritto mi ha colpito; spero un giorno di sapere chi sei…
Ciao a tutti!
Per Eta Beta : I tuoi commenti li ho graditi, li leggo sempre molto volentieri. Cari saluti. Maria
Mi sembra che questo dibattito si stia infognando su alcuni fraintendimenti; forse perchè qualcuno è troppo nostalgico. Penso che le dichiarazioni-autosservazioni della Notte vadano comprese in maniera non speculativa, evitando di “spettacolarizzarle”.
E tu come le intendi Giuliano?
Cos’è Babbuasia?
Ciao!
Comunque è brava, meglio lei di Beecroft e compagnia
Caro Giuliano,
qui non si tratta di nostalgia, ma di futurismo, di non resa.
Siamo infatti tuttora alla ricerca di esseri umani che non condiscono la pseudo-metafisica-retorico-popolare con l’idiozia.
Anche questa Notte, che si fregia dello spettacolare nome di una condizione senza recarne il minimo fascino, non ne è scevro.
Spesso quando gli artisti comunicano col loro linguaggio artistico, con le loro opere, ci consegnano un messaggio sublime.
Ancora più spesso, quando parlano, o scrivono, rovinano tutto.
Ho l’impressione che quando la Notte scrive non sappia quel che dice.
I suoi periodi ad effetto sono sterili ed è singolare che definisca “naturoide” una necessità (o bisogno come lui lo chiama)scaturita dall’amplificazione della tecnologia.
I neologismi e i voli pindarici del linguaggio hanno una certa loro eleganza, ma se adotta nella comunicazione verbale le stesse strutture che usa per le sue architetture decorative, il risultato è davvero sconfortante.
Spero almeno che abbia coscienza delle cose che produce.
La ricerca della cosa facile non ha mai prodotto opere di valore storico e, per quanto mi pare di capire, nè nella sua opera, nè nel suo affannato tentativo di difenderla vi è innovazione.
Sta ripercorrendo strade già battute, ormai sgretolate.
E non sono certo i computers o la tecnologia che le rendono nuove.
Nessuno rovina e spreca l’arte come chi non comprende di non essere un artista.
Ciao, Biz.
Caro Biz, credo che le tue conoscenze della storia dell’arte e più in particolare dell’arte contemporanea siano ad un livello talmente basso che non vale veramente la pena di accettare le tue sterili provocazioni sul lavoro di Caterina. Probabilmente conosci poco la sua ricerca. Potresti condividerla o meno ma sicuramente non avresti fatto simili considerazioni.
Ciao
Tra l’altro credo che il tuo attacco sia totalmente sopra le righe visto il tono pacato dei precedenti commenti.
Certo Giuliano,
forse hai ragione.
A quanto pare il mio grande difetto è dovuto, quando mi sono laureato in filosofia estetica, al fatto di non essermi formato sui testi scritti da questi eccelsi Direttori di riviste d’arte e di giornalisti sgrammaticati che lavorano per riviste pubblicizzate su Telemarket.
Ti libero subito da un dubbio: le mie non erano provocazioni, bensì opinioni che riconfermo.
Quanto al “tono sopra le righe” a cui fai riferimento, probabilmente richiami te stesso nel momento in cui hai affermato che questo dibattito si sta “infognando”, termine davvero poco elegante per rispondere a chi prima di me ha espresso la sua opinione.
Inoltre, vorrei invitarti a non assumere un costume fin troppo diffuso qui, ovvero quello che l’interessato o l’interessata non rispondono mai, lasciando il passo a qualche cicisbeo che si fa araldo “della storia dell’arte”.
Magari dicendomi che non ho compreso “la sua ricerca”.
Beh… la sua ricerca ha provato a spiegarla lei stessa, e devo dire che non vi è riuscita molto bene.
Era questo che dicevo: se produce le sue opere come spiega le sue opere, è disarmante.
Il mio livello di conoscenza della storia dell’arte non comprende questa Caterina Notte, è vero, ma devo dire che tale lacuna è assolutamente irrilevante.
Ciao, Biz.
Ma Gabriele, come fai a dire, da quello che ha scritto, che Biz non conosce l’arte contemporanea? Non è che se una cosa è fatta dieci minuti fa, con i mezzi più innovativi, stando attenti a cogliere l’accadimento più vicino temporalmente o travestendolo di un certo nonsoché di futuribile, sia necessariamente arte. E’ attualità, è contemporaneità, è fantasticheria, ma può benissimo non essere indagine artistica. Questo in merito a quello che dici, non all’opera di Notte, che io non capisco ancora e su cui non mi esprimo. E poi, perché invece di criticare le opinioni degli altri, non esprimi direttamente la tua? Con Curioso ti chiedo che cos’è o dov’è Babbuasia? Ciao
Scusa, ho sbagliato il tuo nome, Giuliano, è perché son distratta, forse anche da quel Babbuasia che mi incuriosice. Dai, dicci cos’è, e se è un posto, dov’è, non l’avevo mai sentito.
io non ho niente contro le fantasticherie! anzi, le preferisco di gran lunga alla seriosa “indagine artistica contemporanea”!!! viva le fantasticherieeeeeeeeeeeeeeeeeee
No, ma allora lo fate apposta!
Non si tratta così una povera curiosona!
Che cos’è Galuasia, si stanno formando nuovi continenti? Conoscevo per sentito dire Vattelapesca, Zonzo, Quelpaese, Nelletolle e Nellecanne, Adaviaiciàpp e Abagàsce , e non continuo per mancanza di memoria e per non addentrarmi troppo nei vicoli di Genova, dove se ne sentono anche di più esotici.
Cara Franca anche a me piacciono le fantasticherie, e di molto, ho sempilicemente detto che non sempre coincidono con arte. Se non lo vuole fare Giuliano, fallo tu, per favore, racconta di due questi posti, Babbuasia e Galuasia.
Credo che il principale e forse più impegnativo termine di confronto, per Caterina – durante il suo percorso -, sia il linguaggio del software del suo computer. Adesso faccio un esempio che forse c’entra poco con l’immagine digitale, ma è solo per rendere l’idea. Ho visto ieri notte “Kurt e Courtney”, lo strepitoso film di Nicholas Broomfield su Kurt Cobain. L’esperienza del Video (analogico, in questo caso) consente all’autore di riflettere in modo secondo me convincente su come e quanto possa essere trasmessa la realtà, e quindi sulla natura e sulle possibilità del mezzo. Se per quanto riguarda l’analogico è possibile iniziare un’analisi storica ed estetica, lo stesso non si può dire riguardo il digitale; l’esplorazione delle possibilità di quest’ultima realtà slegate dalle altre forme espressive tradizionali (cinema, video, etc.), cioè considerandole come espressioni a sè stanti, è ancora all’inizio (vedi: Amaducci, “Segnali video”). Chi ci assicura, ad esempio, che Caterina non sia una precorritrice? E’ molto difficile capire cosa e quanto, questo nuovo linguaggio, abbia da rivelare. Credo che, in una situazione come questa, sia ancora più importante porsi con delicatezza nei confronti dell’artista. Forse la domanda più giusta da porsi è: in cosa consiste la “ricerca” di Caterina?
Devo dire, infatti, che mi ha molto colpito il suo tono, il quale rivela una splendida “freschezza del vivere”.
Caterina torna fra noi, dai!!!!!!!!
caterina e’ da paura !!
si e’ svegliata un giorno e ha prodotto questi quadri dal nulla !!
Ciao Costantino!
Che dire? Le provocazioni inutili di tipi come Biz sono ridicole, le discussioni con tipi come te, o come Eta Beta sono invece molto interessanti! Il mio obiettivo è insinuare il “virus” delle mie “convinzioni” in più persone possibili!!!!
Quindi se vuoi possiamo continuare a parlare qua e là! Io sono sempre ben disposta.
Ciaoooooo
Cate
Hey! Ma scherzate? Caterina Notte è una delle mie artiste preferite. Intensa, originale etc.
Ciao a tutti.
Ho visto la prima mostra di Caterina Notte qui a Roma l’anno scorso e i lavori mi sembravano già molto interessanti. Purtroppo non sono potuto andare a Mantova ma le nuove opere mi sembrano ad una prima occhiata molto intense. La sua ricerca si fa sempre più interessante. Dove potrei trovare da queste parti il catalogo della mostra?
Ciao e grazie
Gentile lettore,
crediamo sia sufficiente inviare una email al gallerista dicendo di aver letto la notizia della mostra qui su ExibArt.
Continui a seguirci.
D’accordo, seguo il consiglio di Giuliano da Babbuasia (è poco più lontano di Balubbasia, dove si producono le bolle d’aria artificiale per cervelli elettronici e gli abitanti servono da collaudatori:galleggiano dentro le bolle fino all’elettroshock)e propongo anch’io qualcosa: leggere un’ intervista ad Achille Bonito Oliva (il riferimento è nell’home page) dove si parla di anoressia dell’arte. Forse Caterina ha fatto tesoro dell’Oliva pensiero, oppure, se non conosce questa cosa in particolare, credo comunque che la sua ricerca, lungo il testo del critico, sia in qualche modo preannunciata, e quindi le parole bonitiane possano esserle d’ulteriore conforto produttivo. Chi non è d’accordo, lo fulmino con un raggio psichico computerizzato!
Mo’ben, scherzo, anzi, magari è tutto il contrario…però mi sembrava calzante.
Caterina Notte è finita sulle pagine di Arte. E che é? E’ già diventata “commerciale”?
Complimenti a lei, comunque, e al gallerista Bonelli per come ha condotto il lancio di quest’artista.
Beh! Quando uno ha talento, è inevitabile!!!!!