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19
marzo 2009
libri_personaggi Gilles Clément
Libri ed editoria
Col Manifesto del Terzo Paesaggio, Gilles Clément apriva nuovi orizzonti sulle teorie contemporanee legate al paesaggio. Ripercorrerne le tracce è quasi un obbligo oggi, specie per chi - architetto, urbanista o antropologo - lavora sui luoghi residuali delle città o studia gli spazi incolti del pianeta e le convivenze delle diversità...
Ripercorrere le teorie di Gilles Clément vuol anche dire riconoscere la complessità di questa figura a metà strada fra l’antropologo, l’ingegnere, lo scienziato, l’agronomo e l’entomologo. Perché, in fondo, leggere testi come il Manifesto del Terzo Paesaggio e Il giardiniere planetario significa riflettere sulle tappe di una possibile progressione verso la costruzione di un sapere, rispondendo alle domande che solo il giardino può porre e a cui la letteratura – spesso in forma autobiografica – può rispondere.
A partire, infatti, dalla sua personale esperienza, Clément racconta come sia nato il suo interesse per il mondo vegetale e animale, come questo si sia sviluppato fino a portarlo a esser considerato un paesaggista di fama internazionale o, meglio, un giardiniere, come ama definirsi. Giardiniere, dunque, diventa la figura che corrisponde al profondo conoscitore del passato, e se il giardino è osservatorio del tempo vivente, a rappresentare la categoria dei giardinieri planetari è l’intera umanità, un insieme di attenti osservatori, coloro che guardano e comprendono le diversità come garanzia per il futuro dell’umanità stessa.
Già nel 1984, nell’intervento presso il Parc André Citroën lungo la rive gauche – realizzato in collaborazione con gli architetti Jean-Paul Viguier, Alain Provost e Patrick Berger – Clément dava vita a un progetto nel verde che fondeva istanze architettoniche, paesaggistiche e naturalistiche. Attraverso una soluzione architettonico-paesaggistica costituita da due grandi serre in vetro, da cui si sviluppa il Grande prato e dal quale, lateralmente, prendono forma un agrumeto e i Giardini seriali, serie tematiche vegetali di diverse cromie, Clément ha messo a punto la prima idea di Giardino in movimento, l’antesignano del Terzo Paesaggio.
Utilizzando l’espressione “movimento” in relazione al giardino, Gilles Clément non intendeva però il susseguirsi di scenari causato dallo spostamento del visitatore, bensì il movimento legato alla vita stessa dei vegetali, al loro espandersi e disseminarsi. Tutto questo sotto il controllo del giardiniere, che di quell’“incolto” offre una lettura costruita secondo un ordine cosciente e motivato.
E se, alla fine degli anni ’90, con il termine “giardino” Clément rifiutava a priori l’idea di uno spazio definito e concluso, le riflessioni sul paesaggio si sono aperte allora al suo secondo principio, al Giardino planetario, vale dire un “insieme” dove il pianeta stesso è considerato giardino, poiché tutti noi siamo responsabili dell’intero ecosistema, un luogo in cui i nostri gesti si ripercuotono nell’armonia dell’insieme. Come parti di un tutto.
Terzo paesaggio, invece, è la sua ultima istanza, che rinvia a Terzo stato (e non a Terzo mondo) ed è – per usare le parole di Clément – “uno spazio che non esprime né il potere, né la sottomissione al potere”. Luogo in attesa di destinazione o abbandonato dall’uomo, il terzo paesaggio costituisce un territorio marginale, un luogo per le molte specie che non trovano spazio altrove. Il Terzo paesaggio, inoltre, evolve nella dipendenza biologica, cioè nell’imprevedibilità e nell’impossibilità di fissare un preciso calendario delle sequenze di crescita e sviluppo in termini di forma ed estensione. Ma, seguendo i processi evoluzionistici di Darwin e Lamarck, Clément afferma che lo scopo di un sistema biologico come il Terzo paesaggio non è ottenere un risultato, ma organizzare possibilità di coesistenza di eterogeneità vegetali spontanee.
Terzo Paesaggio, inoltre, diventa oggi sinonimo di una concezione di vita, di un modo di pensare ed essere poiché, non solo in Francia, sono numerosi gli interventi dello stesso Clément e molti altri ancora sono i progetti ispirati alle sue teorie (solo a Torino, un’idea di biodiversità è sviluppata al Parco d’Arte Vivente e nei presupposti di Verdecuratoda di Ettore Favini).
Infine, se il giardiniere Clément sostiene che non è possibile predire le forme del giardino di domani, allora l’esortazione a tutti coloro che si occupano di paesaggio non è tanto quella di far perdurare le forme nel tempo ma, ammesso che ci si riesca, far sì che nel tempo il giardiniere mantenga l’incanto del presente. In movimento.
A partire, infatti, dalla sua personale esperienza, Clément racconta come sia nato il suo interesse per il mondo vegetale e animale, come questo si sia sviluppato fino a portarlo a esser considerato un paesaggista di fama internazionale o, meglio, un giardiniere, come ama definirsi. Giardiniere, dunque, diventa la figura che corrisponde al profondo conoscitore del passato, e se il giardino è osservatorio del tempo vivente, a rappresentare la categoria dei giardinieri planetari è l’intera umanità, un insieme di attenti osservatori, coloro che guardano e comprendono le diversità come garanzia per il futuro dell’umanità stessa.
Già nel 1984, nell’intervento presso il Parc André Citroën lungo la rive gauche – realizzato in collaborazione con gli architetti Jean-Paul Viguier, Alain Provost e Patrick Berger – Clément dava vita a un progetto nel verde che fondeva istanze architettoniche, paesaggistiche e naturalistiche. Attraverso una soluzione architettonico-paesaggistica costituita da due grandi serre in vetro, da cui si sviluppa il Grande prato e dal quale, lateralmente, prendono forma un agrumeto e i Giardini seriali, serie tematiche vegetali di diverse cromie, Clément ha messo a punto la prima idea di Giardino in movimento, l’antesignano del Terzo Paesaggio.
Utilizzando l’espressione “movimento” in relazione al giardino, Gilles Clément non intendeva però il susseguirsi di scenari causato dallo spostamento del visitatore, bensì il movimento legato alla vita stessa dei vegetali, al loro espandersi e disseminarsi. Tutto questo sotto il controllo del giardiniere, che di quell’“incolto” offre una lettura costruita secondo un ordine cosciente e motivato.
E se, alla fine degli anni ’90, con il termine “giardino” Clément rifiutava a priori l’idea di uno spazio definito e concluso, le riflessioni sul paesaggio si sono aperte allora al suo secondo principio, al Giardino planetario, vale dire un “insieme” dove il pianeta stesso è considerato giardino, poiché tutti noi siamo responsabili dell’intero ecosistema, un luogo in cui i nostri gesti si ripercuotono nell’armonia dell’insieme. Come parti di un tutto.
Terzo paesaggio, invece, è la sua ultima istanza, che rinvia a Terzo stato (e non a Terzo mondo) ed è – per usare le parole di Clément – “uno spazio che non esprime né il potere, né la sottomissione al potere”. Luogo in attesa di destinazione o abbandonato dall’uomo, il terzo paesaggio costituisce un territorio marginale, un luogo per le molte specie che non trovano spazio altrove. Il Terzo paesaggio, inoltre, evolve nella dipendenza biologica, cioè nell’imprevedibilità e nell’impossibilità di fissare un preciso calendario delle sequenze di crescita e sviluppo in termini di forma ed estensione. Ma, seguendo i processi evoluzionistici di Darwin e Lamarck, Clément afferma che lo scopo di un sistema biologico come il Terzo paesaggio non è ottenere un risultato, ma organizzare possibilità di coesistenza di eterogeneità vegetali spontanee.
Terzo Paesaggio, inoltre, diventa oggi sinonimo di una concezione di vita, di un modo di pensare ed essere poiché, non solo in Francia, sono numerosi gli interventi dello stesso Clément e molti altri ancora sono i progetti ispirati alle sue teorie (solo a Torino, un’idea di biodiversità è sviluppata al Parco d’Arte Vivente e nei presupposti di Verdecuratoda di Ettore Favini).
Infine, se il giardiniere Clément sostiene che non è possibile predire le forme del giardino di domani, allora l’esortazione a tutti coloro che si occupano di paesaggio non è tanto quella di far perdurare le forme nel tempo ma, ammesso che ci si riesca, far sì che nel tempo il giardiniere mantenga l’incanto del presente. In movimento.
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Intervista con Favini
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Il giardino planetario di Dacia Manto
claudio cravero
la rubrica libri è diretta da marco enrico giacomelli
*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 55. Te l’eri perso? Abbonati!
I volumi segnalati:
Gilles Clément, Manifesto del Terzo Paesaggio, Quodlibet, Macerata 2005, pp. 87, € 12
Gilles Clément, Il giardiniere planetario, 22publishing, Milano 2008, pp. 96, € 14
[exibart]