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fiere_resoconti Miart 09 Art Now!
fiere e mercato
L'edizione 2009 di Miart inizia col vecchio adagio che promette la svolta. Quella che dovrebbe collocare la kermesse meneghina là dove mai è riuscita ad arrivare, cioè a insidiare Bologna e Torino nel primato delle fiere d’arte nel nostro Paese. Anche quest’anno, però, le due avversarie possono dormire sonni tranquilli...
Stavolta la patata bollente è toccata a Giacinto Di Pietrantonio, che se l’è dovuta vedere anche con la crisi. Ritorno al passato, ridimensionamento e protezionismo: checché se ne dica, queste sono state le linee-guida di una fiera che ha messo da parte le velleità del grande show culturale ed è tornata a essere rigoroso evento di mercato. Due padiglioni secchi, anzi ridotti e dimagriti, con qualche espediente scenografico, uno per il moderno e uno per il contemporaneo. Niente sezioni speciali o progetti a latere: un programma ridotto all’osso, senza troppe distrazioni.
Una fiera all’antica, con un’evidente deriva protezionistica, per far quadrato intorno al collezionismo di casa nostra. Tra le 140 gallerie selezionate, appena una decina è straniera, il minimo sindacale per dirsi fiera internazionale, e oltre il 40% è lombarda! Nel tempo dell’arte globalizzata, si compra “a chilometri zero”.
Parentesi sul padiglione moderno: solo 40 gallerie contro 100, per una sezione che però non tradisce le attese. La curatrice Donatella Volonté orchestra bene e, a conti fatti, vince la partita con il più famoso Di Pietrantonio, che però mette a segno un ottimo colpo, istituendo il Fondo Acquisti. 300mila euro dell’Associazione Amici di Miart (che significa anche Camera di Commercio, Regione e Banca Popolare) messi nel portafogli di Massimiliano Gioni e Giorgio Verzotti, da spendere in acquisti da destinare alla pubblica fruizione in città.
Miart 09 è stata un perfetto esempio di fiera in tempo di crisi: ha mostrato spirito razionale e volontà di resistenza, ha portato a casa anche consensi e buone vendite. Ma non si parli d’innovazione. Il futuro può attendere.
CONTEMPORANEO
La passeggiata registra subito la nuova rotta intrapresa da Marella, alla scoperta degli artisti provenienti da Filippine, Indonesia e Malesia. Il giochino è evidente: arrivare prima su scenari inesplorati dal mercato garantisce veloci e ampi margini di rivalutazione. Ma bisogna saperlo fare. E il progetto Post Tsunami Art, presentato recentemente a Milano, al di là del titolo infelice, ha coinvolto vari critici locali in qualità di talent scout e ha messo in mostra individualità interessanti. E un’originalità nei singoli superiore a molti dei ben più celebrati colleghi cinesi.
Reduce dalla recente personale romana, lo statunitense Jay Heikes presentato da Schiavo Mazzonis (ora Federica Schiavo) non manca di lasciare il segno con una ricerca tra magico e ironico, sia nella scultura fitomorfa che nei ritratti fotografici abnormi, stampati al palladio. Dividono lo stand Francesco Pantaleone e Galleria dell’Arco. Di quest’ultima, l’installazione di finestre di Pierluigi Calignano suggerisce strane e inedite visioni prospettiche. A proposito di condivisioni, Luger e 42 si spartiscono le opere “equilibriste” del giovane Luca Pozzi, interessante soprattutto quando muove dalle testimonianze storiche e culturali, per deformarle. La galleria modenese gli associa un’installazione di Studio ++, che suggerisce il binomio vita-morte: l’acqua persa da un acquario dove nuota un pesce rosso alimenta una piccola rosa rossa sottostante.
Travestimenti d’artista inventa Laurina Paperina, ritraendosi con il volto coperto da palloncini da Perugi: chi pensava che l’artista fosse chiusa nel cliché del disegno è servito con inedite foto.
Dell’identità, del vero, del falso e del verosimigliante si occupa Rossella Biscotti per il progetto You have to be focused di Prometeo, sulle tracce di Joseph Pistone, mentre Spazio A di Pistoia mette in fila nomi non esordienti, che però dimostrano di aver raggiunto una buona maturità: Chiara Camoni e Adriano Nasuti Wood, ma anche Francesco Carone e Luca Bertolo, che si diverte a dipingere le pubblicità di “Art Forum”.
Una citazione d’obbligo va ad Analix Forever, una delle poche gallerie ad aver puntato sul video, con una room dedicata e programmi giornalieri curati da Paolo Colombo, Maria Rosa Sossai, Federica Martini e Paul Ardenne.
Ai collage di Sterling Ruby, nome caldo del panorama internazionale, Emi Fontana associa la serie fotografica Building up for art di Monica Bonvicini: proposte interessanti, allestimento frettoloso. Monitor lascia la scena ai ritagli di riviste di Nico Vascellari, protagonista di una performance serale al Lambretto; Soffiantino si fa notare soprattutto per il grande imbuto di Ryan Johnson, artista forse ancora sottostimato rispetto alle sue potenzialità; Umberto Di Marino appende un finto calendario di Enrico Morsiani con scene fasulle della caduta del muro di Berlino e della protesta di Tienanmen.
Buoni per le tasche i micro-classici di In Arco. Condo e Richter dimostrano che a volte piccolo può esser anche bello. Non va per il sottile invece Pack, che trasporta in fiera le grandi opere di Andrei Molodkin, che riflettono sul ruolo strategico del petrolio nel nostro tempo. Sarà lui a rappresentare la Russia alla prossima Biennale.Si becca una nota positiva la galleria Zero…. In una sorta d’ipotetico duello si fronteggiano Gedi Sibony e Thomas Houseago, come dire Usa vs. Uk, Unmonumental vs. Monumental. In uno scenario in continuo mutamento, c’è il sospetto che le mode la facciano da padrone, anche se questo revival modernista di Houseago è piuttosto intrigante.
Sono quelli della Biennale i disegni ginecologici e nevrotici di Tracey Emin da Lorcan O’Neill; Elmgreen & Dragset, Armleder e Gelitin sono alcune delle star sciorinate da De Carlo in ordine sparso e senza concedere nulla all’allestimento. La colata di rosso sul solido di Bertrand Lavier al centro funge da elemento totemico. Un altro big, Lia Rumma, non è da meno quanto a nomi. Ma in controcorrente rispetto alla crisi, osa di più nella quantità. Molte le foto della VB62_2008 della Beecroft e ampia scelta di Kentridge, dall’arazzo alle sculture ai disegni. Da segnalare anche le c-print della serie losangelena di Tobias Zielony.
Il tondo King Midas di Damien Hirst troneggia nello stand di Cardi, con le sue farfalle affogate nell’oro: è un’icona quasi bizantina e serve come specchietto per le allodole per vendere le serigrafie tirate a 250.
Ci sono Prini e De Dominicis da Pio Monti, mentre Astuni prosegue la sua riconversione concettuale con Csorgo, Pippin e Putrih (già vista a Roma, però); Tirelli e Pirri accolgono i visitatori da Oredaria. Tra Luigi Ghirri e Nino Migliori, Ca’ di Fra’ mette in fila un numero di scatti davvero significativi e interessanti dei due maestri.
Da annoverare tra le curiosità la proposta di Ermanno Tedeschi, ovvero l’ovino-centrismo dello storico artista israeliano Menashe Kadishman, pittore ma soprattutto scultore, già alla Biennale di Venezia nel ’78.
MODERNO
Un mazzo di fiori dipinto da un Morandi inedito e gestuale nel ’42 si vede da Farsetti, insieme a Il Guerriero II, un olio su carta intelata di Marino Marini del ’62, particolarmente intenso. Imago è uno spazio fondato nel 2007 nel cuore di Londra da Daniele ed Elisabetta Pescali per promuovere l’arte storica italiana nel mercato anglosassone. Impresa non facile, ma che val la pena di seguire.
Da Tornabuoni, accanto a buone opere di Soffici, si vedono importanti lavori di De Chirico, come il Paese con cavaliere e contadini del ’55 (esposto alla 28esima Biennale di Venezia), ma soprattutto la Passeggiata o Il tempio di Apollo e Delphi del 1909-10, dal sapore quasi simbolista. Mazzoleni lascia invece la ribalta a Emilio Vedova, anche quello degli anni ’40 e ’50, ingiustamente sottovalutato, quasi celebrando la prossima apertura della Fondazione veneziana su progetto di Renzo Piano. Da Tega si ammira un raro Max Ernst dal titolo Dancers under the starry sky (1951): un paio d’anni fa era stato aggiudicato in asta per una cifra intorno ai 300mila euro (stima 110-130).
Originale è parso lo stand di Gariboldi, per l’attenzione verso l’informale degli anni ’50 e le avanguardie degli anni ’60. I nomi sono quelli di Francesco Lo Savio, artista morto giovanissimo ma di spessore internazionale per la ricerca nel campo dello spazio e della luce; suo il Progetto per metallo parasferico G 62. Al suo fianco compare Robert Mangold con gli studi per i Circle paintings, ma anche Vincenzo Agnetti e una storica Struttura pulsante del ’59 di Gianni Colombo, già collezione Guido Ballo.
Tra i pochi operatori stranieri si distingue Manel Mayoral di Barcellona, per i Miró, i Tàpies e Barceló, ma anche per una serie di tecniche miste su carta di Dalí: da Pantagruel alla Corregidora, fino alle più classiche Figueres con orologi molli. Tiene alto il livello di qualità del suo stand la milanese J&G: si va da un soggetto classico di Picasso, l’olio su tela Le peintre et son modèle, a un curioso Concetto spaziale di Fontana con bolle di vetro rosso. Ma Le cave a Carrara di Carrà del ’58 è comunque di ottima fattura. Occhi puntati sulla Rue à Hyères di Utrillo, del 1912, esposta dal Mappamondo, mentre la galleria Blu conferma di poter vantare i migliori Santomaso, di cui è in preparazione il catalogo generale: allo splendido Battello affondato del 1952 associa una tecnica mista su carta Senza titolo, del ’58, altrettanto intrigante.
Due note negative, per motivi diversi. Da un lato l’ormai tradizionale solo show di Agnellini Arte Moderna: l’anno scorso fu Andy Warhol, quest’anno tocca a Rauschenberg. Nomi di grande richiamo per proposte non sempre all’altezza: si compra il nome e non l’opera. Dall’altro, lo stand faraonico di Dante Vecchiato, che oltre a un minestrone indistinto di artisti più o meno noti, allestisce un padiglione ad hoc per le opere ultratrash di Gianni Molaro, stylist-artista napoletano.
Alcune segnalazioni per un collezionismo fuori dagli schemi. La prima è per Elleni di Bergamo e per la sua personale per Aldo Tagliaferro, maestro della sperimentazione con la fotografia, da poco scomparso; da non perdere la Verifica di una mostra del ’70.
Riferimento per gli esponenti del Gruppo del Cenobio è invece Artestudio: un episodio storico che anticipò di quasi un decennio la Pittura Analitica nella ricerca sul segno, come dimostrano le opere di Agostino Ferrari, Ugo La Pietra, Ettore Sordini, Angelo Verga e Arturo Vermi.
Al Gruppo N dedica invece particolare attenzione lo Studio Valmore, che però divide il suo capofila, Alberto Biasi, con PoliArt, che gli dedica tutto lo stand.
Da non perdere infine i pastelli su carta di Günter Brus da Artiscope di Bruxelles, per ricordarsi che Nitsch non fu isolato nell’avventura dell’Azionismo viennese.
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The Road to Contemporary Art e ArtO’ a Roma
ArtFirst Bologna
[exibart]
tutto molto scadente, tranne la copertura della stampa.
purtroppo la kermesse meneghina.. è mal gestita.
ma in quali gallerie hanno speso i 300.000 ? qualcuno lo sa ?
A mauro di pescara. Oggi: Gentile Alfredo,
per l’argomento ci sarà una presentazione alla stampa di cui la informerò appena sarà convocata. Un cordiale saluto, Maria Grazia Vernuccio – Responsabile Ufficio Stampa
Non so se è una questione di dove scrivi o cosa scrivi io nella mia ignoranza di politica dell’arte non ho trovato nel pezzo di Sigolo niente di offensivo.. che ho trovato piacevole a differenza di molti altri scritti che trovo sempre molto noiosi.
Io per esempio per questo pezzo su Artefiera del 2007 nessuno ha protestato, anche se mi hanno detto che in alcuni casi sono stato un po’ troppo caustico. Allora sarà questione di stile da parte della rinnomata, non a caso, Artefiera Bologna? O perchè non l’avrà mai letto nessuno? Del resto chi conosce la rivista Orizzonti? Con la quale comunque non collobbaro più (per mia scelta)dopo la proposta di un pezzo sul Bonami un po pepato. Per fortuna che di riviste ce ne sono tante ora… per fortuna forse anche troppe, ma questo è un bene se non si mettono anche loro a fare “cartello” ed accordi come in altri settori. Viva la liberta di stampa e di pensiero se no addio miei cari….Se comunque mi volete leggere mi trovate su Juliet.
Vibrazioni ad ArteFiera
“…spesso poi mi risucchiano…”
“La storia è poi semplice…” Tutti sappiamo che succhiando succhiando si può arrivare molto in alto, ma se ci fai un video puoi arrivare fino ad ArteFiera. Cosi ha fatto Jen DeNike dove si vede lei che succhia e si fa succhiare dalle sue amiche le dita dei piedi. Potenza della libido nell’arte o dell’arte libidinosa? Su questa strada troviamo il solito bel nudo di culo che tenta di sedersi su sedie sempre diverse e sempre troppo piccole per le sue natiche. (Paola Pivi). A seguire la bella foto di chi viene fotografato mentre lui stesso fotografa la sua dolce meta nuda sul letto (Pellegrini, Mocellin). Più abbottonate, ma con delle zip, le opere di S. Arienti.
Per i più piccoli abbiamo la locomotiva che cammina ma non avanza, grazie a un semplice stratagemma tecnico ideato da Robert Barta. Oppure, l’art cube di Susid Pawel o l’Harry Potter orientale Lu Hunsheng che tenta di spiccare il volo su una scopa di saggina.
Per la serie i burloni, troviamo Roberto Ago con tanta voglia di ready made e le sue tapparelle in alluminio, vendute. Niente bollino rosso invece per la sua cornice Ikea 70×100 intonsa. Una domanda sorge spontanea da dove nasce tanta pulizia?
Il curriculum dice allievo di Garutti e Fabro.
Per la sezione macro opere Susy Gomez ha pensato e realizzato un enorme borsa di coccodrillo. Vita dura per gli scippatori.
Per comprare M. Schifano in sicurezza consiglio la galleria Giò Marconi.
Nel frattempo un uccellino si gode la fiera imprigionato in un ventilatore sperando che i due creativi (Pantano, Surace) non abbiano calori e decidano di attivare la sua gabbia. Artisti come potenziali boia? Ma quali saranno mai i delitti commessi dal pennuto? Per quel bastardo del pesce rosso consiglio il cestello della lavatrice.
Le stelle non dicono guai in vista i prossimi 7 anni, per A. Pirri, nonostante la gran quantità di specchi rotti. La superstizione va abolita.
Ma è veramente tuo marito? Ma lui dove lo hai scovato? Ma è tua sorella gemella?
Ma il marito è vero? Domande liberamente tratte dall’opera “Un matrimonio felice”.
Avrei pure io una domanda per Daniela Coscioni. Ma saranno pure cazzi vostri?
Ha proposito of question… “Come premiare gli artisti?” È il titolo del convegno di oggi all’art cafè, non posso perderlo. Tra i presenti P. Sacco dice qualcosa di sensato, peccato non sia la prima volta, ma poi non cambia nulla. Mentre continuo ad ascoltare sfoglio il catalogo del premio FURLA e leggo le date di nascita degli artisti selezionati; Mariateresa 1961, Norma 1962, Letizia 1963, Lorenza 1964, Marcello 1966. Scopro così di essere ancora un giovane artista italiano. Quindi, dico a me stesso, “C’è posto anche per me, devo solo trovare il modo di diventare un artista interessante”. Maturata questa idiota riflessione saluto quei pochi conoscenti che ancora hanno il coraggio di salutarmi e me ne vado.
Appena esco dalla sala m’imbatto nell’opera del fenomeno, il mago, il Michelangelo del cartone vincitore del premi Cairo, Chris Gilmour. A Roma sulla tuscolana c’è il negozio di un artigiano del giunco che fino a poco tempo fa esponeva una splendida moto realizzata interamente con canne di bambù, ma lui a Bologna non c’era e non credo abbia vinto premi, al massimo avrà venduto la sua opera a pochi euro.
Ho visto poi sculture di chewing gum, di cioccolata, fatte con tappi di bottiglia, con tavolette del domino, e chi sa che altro verrà fuori, ma io sono pronto a tutto, avanti stupitemi. Banalità delle banalità, le sculture più belle erano invece fatte di legno, quelle di Gerhard Demetz, pose di adolescenti catturati in attimi folgoranti.
Ho visto poi la sgommata sul fango di Sabine Gross, bella l’idea brutta l’opera.
Ho visto aggirarsi per la fiera Carmine Capuano con il suo cartello al collo professando il manierismo geometrico, brutta l’idea e brutto pure lui.
Ho visto felicemente un Felice Levini in versione Pitagora.
Ho visto i mandala in stile boettiano di S. Mezzaqui.
Ho visto gli omini di F. De Molfetta che giocavano a golf su un verde golf a giro collo
Ho visto il cuore ed il cervello fuori dalle scarpe di C. Costa.
Ho visto le impronte digital-sentimentali di M. Pellegrin.
Ho visto le inutili scritte ma fatte con migliaia di spilli di Nicus Luca.
Ho visto l’inaspettato astratto geometrico di E. Vedova intitolato “Il mondo è un reticolato”
Ho visto uno dei malinconici personaggi seduti di M. Sironi. Ogni volta che ne scopro uno ho come una scossa.
Ho visto i bozzetti di Christo che mi hanno ricordato i quadretti in rilievo di Roma vecchia. Altra cosa sono gli interventi di land art.
Ho visto il grande Sebastian Matta, ma continua a mancare il figlio, P. Echaurren.
Ho visto qualcuno che sbandiera ancora quel paravento di R. Cutrone.
Ho visto 2 pezzi di A. Gianvenuti, spariscono gli arti e rimane l’arte. Il puro mestiere della forma e del colore.
Ho visto Luca Di Montezemolo, in veste di consulente artistico per un amico, affascinato dagli specchi colorati di H.C. Berg, più per il fatto che fossero in visual vortex che dalle scritte su questi. Non posso dargli torto.
A questo punto decido di cambiare il mio destino. Vado su alla hall 18 per la conferenza dell’associazione dei critici, non trovo nessuno e me ne vado, un successone dico io!
Ritorno su miei passi e continuo, ma le gambe si rifiutano, cosi mi siedo e scopro che… Un uomo solo è al comando! Ho trovato la nuova classifica di Flash Art sulle migliori gallerie italiane secondo i giovani artisti. Massimo De Carlo con 401 punti stacca tutti. Ben 18 punti sulla seconda in classifica. Più in dietro Guenzani, Minini e Rumma. Spicca l’ottima posizione di Neon nona con 123 punti e quella di Viafarini 33° con 44 punti. Buona pure la prestazione di Careof 92°.
Udite udite la prima galleria della capitale è Monitor all’8° posto, poi bisogna aspettare il 19° di Magazzino d’Arte Moderna ed il 26° di Volume dietro alla galleria piacentina Placentia.
Stupisce vedere gallerie storiche come Sperone e Peola intorno al 70° posto con solo 20 e 19 punti e Stein addirittura 80° con 16. Da segnalare inoltre l’entrata in classifica di N.O. Gallery e quella di Fuorizona quasi fuori classifica.
Maaa…, qualcosa non mi convince, prendo carta e penna e mi faccio due conti. Scopro
che il totale dei punti della suddetta classifica risulta essere 5921 non divisibile per 55 che sono la somma dei punti potenziali a disposizione d’ogni votante. Pertanto, prendendo in considerazione l’ipotesi più prossima di 108 votanti e moltiplicandolo per 55 il risultato è il seguente 5940 punti. Sottraendo la somma dei punti delle 145 gallerie riportate, come già detto 5921, ottengo 19 punti non utilizzati. A chi sono andati? O meglio a chi non sono andati? Ora visto com’è spiegato nelle informazioni procedurali i votanti non erano costretti a votare necessariamente 10 gallerie, se ne deduce che vi è stato più di un giovane artista che non ha utilizzato tutti i punti a disposizione. Se così fosse questo sistema di votazione andrebbe migliorato. Non si può permettere che sia possibile votare meno di 10 gallerie perché questo va a forte svantaggi di coloro che utilizzano tutti e 55 i punti disponibili, non rendendo paritari tra loro i votanti. Se invece, tutti hanno segnalato rispettivamente 10 gallerie, visto che l’ultima galleria (la Civica di Modena) ha un solo punto, ci sono altre 19 gallerie con 1 punto non riportate.
Decido allora di passare allo stand di G. Politi per dirgli che a me le sue classifiche piacciono da impazzire, ma onde sventare ogni dubbio sul fatto che ci siano gallerie non riportate è necessario migliorare il sistema di votazione. Inoltre sarebbe utile conoscere le identità degli artisti votanti per avere un quadro più trasparente. Quando arrivo mi accorgo che non c’è. Questi direttori di riviste sono delle primule rosse non si trovano mai.
Riprendo la mia perlustrazione da dove l’avevo interrotta e finalmente vedo i bei quadri di A. Savinio. Mi hanno sempre detto superassero quelli del fratello di un paio di spanne.
E finalmente vedo alla galleria Martano le belle opere di Pinot Galizio. Vari pezzi che andavano dal 1958 al 1962.
E finalmente vedo il magnifico Bill Viola dedicarsi anche lui alle espressioni e smorfie del viso, realizzando un video in slow motions di sei teste riprodotte (sempre la sua) su un display al plasma. E da tempo che glielo dico “Make a face!…You won’t solve your problems like this, but it will surely lighten your weight.”
E finalmente vedo da Gino (galleria Neon) la famosa falsa copia della rivista di Flash Art realizzata da M. Cattelan con in copertina riprodotta l’immagine di una sua installazione intitolata “strategie”. Opera composta da una piramide di vere riviste di Flash Art. Quel Flash Art che gli dedicherà in seguito più di una vera copertina. Non andrà altrettanto bene ad Angelo Rossi e Zak Manzi anche loro artefici di una copia inedita della stessa rivista e non solo.
E finalmente vedo con piacere un americano a Bologna. L’artista-contro che dopo tanti anni di strada trova il suo posticino nel gotha dell’arte. Parlo di Shepard Fairey detto Obey, presente alla galleria francese Magda Danysz. Non c’è spazio invece per chi in Italia negli stessi anni faceva e fa le stesse operazioni. Devi morire!..ta..ta..ta..ta.
E finalmente vedo un quadro del misterioso G. De Dominicis, anche lui contestatore radicale del sistema dell’arte. Trovo qui una delle poche possibilità di farlo visto che per sua volontà le opere non possono essere riprodotte. Non sono svenuto.
Ed in fine, prima del buio totale, vedo gli ultimi 4 cerini di R. Hains meglio del suo pezzo stile M. Rotella. Il caro Mimmo finalmente fuori dai magazzini visibile alla Galleria spirale 2000 con dei bellissimi décollage, grazie a dio senza nessun Marilyn Monroe.
Il pensiero cade melanconico nel ricordo di quell’unica volta che proprio ad ArteFiera ho avuto l’opportunità di conoscere il grande Mimmo Rotella poco tempo prima che morisse. Poche parole ma sufficienti per scolpirlo nella mia memoria.
Saluto tutti e mi faccio sottile sottile, ricordando che qualcuno ha detto “Di ogni opera d’arte bisogna scovare la capacità di comunicare e l’originalità della sua concezione” Ed io cosa ho fatto?
pino boresta
Pubblicato su “Orizzonti n.31 Luglio – Ottobre 2007″