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09
aprile 2016
Fino al 12.IV.2016 Minus.log, Quello che rimane Museolaboratorio, Città Sant’Angelo
altrecittà
È un progetto che mira al recupero della riflessione, dello scavo umano temporale e intimistico: uno stare sospesi fra il bianco della luce e l’atmosfera del suono per chiedersi che cosa resti – alla fine –di un’esperienza che si apre all’osservazione, ma anche e soprattutto all’ascolto del visibile e del non visibile. È questa la prova più grande cui è chiamato il fruitore nel visitare la mostra “Quello che rimane” del collettivo Minus.log, costituito dagli artisti Manuela Cappucci e Giustino Di Gregorio. Un’esposizione a cura di Martina Lolli che si apre con ricercata ed equilibrata misura al Museolaboratorio Ex Manifattura Tabacchi di Città Sant’Angelo, in provincia di Pescara, mettendo in dialogo i diversi linguaggi espressivi presenti: dipinti, installazioni audio-visive, video e stampe che, in un gioco di contrappunti cromatici, luminosi e sonori, sembrano prender vita direttamente dalle pareti e dai pavimenti dei bianchi ambienti, nel rispetto della loro indipendenza stilistica. La luce è il filo conduttore, la musica ciò che spinge a sintonizzarsi sul proprio respiro. Ciò che rimane è il tempo che si cuce fra l’attesa e la lentezza necessaria all’osservazione. Lo scarto è il valore tanto atteso sottratto alla dimenticanza.
«Nel collettivo Minus.log ho trovato la possibilità di un dialogo artistico ed umano fuori dal comune – afferma la curatrice Martina Lolli –; li ho trovati accoglienti come la loro arte. Tale mood si è concretizzato in questa prima personale a mia cura, in cui è presente la loro ricerca più recente: un percorso che non è cronologico, ma soprattutto esperienziale».
Una mostra, infatti, che – come accade nella poesia contemporanea – dichiara un rigoroso ed elegante minimalismo, suggerendo diversi interrogativi: Chi fagocita cosa? Dove conduce la frenetica corsa al processo di accumulazione? L’errore umano è davvero qualcosa di ascrivibile alla categoria del fallimento?
Minus.log risponde con la levità tipica della propria ricerca. Nella serie Cure le tele lavorate con garze e tenui tinte e le audio-video installazioni (musiche Lexithimie) accolgono linee di luce in cui l’osservatore – alla stregua di un paziente ferito – si pone nell’attesa di una necessaria cura di una fenditura impressa sulla pelle. In Ctrl+c la traccia tecnologica è al centro di una valutazione più che mai attuale: «l’efficienza della macchina che produce segni di assoluta perfezione e il difetto dell’impronta umana che crea spazi erronei». La tecnologia non è affatto antagonista all’uomo ma, nell’evitabile confronto delle tracce lasciate al loro passaggio segnico, la distanza si tratteggia con chiarezza e diventa incolmabile. E per questo salvifica. Nell’audio-video installazione di Sleeping beauty (musiche di Francesco Giannino) la linea diventa parte costitutiva del processo metamorfico dei luoghi, in cui l’uomo si riconosce attore protagonista. Il paesaggio trasmuta: da naturale diventa antropizzato. Resta da chiedersi che cosa resti di autentico.
In Quello che rimane, Sala d’attesa e Try again il tempo – quale categoria terrena che tutto incasella e definisce – è al centro della ricerca pittorica: le tele riflettono segni, tracce più o meno decise, a volte quasi eteree, come simboli fragili di una personale rielaborazione delle informazioni trattenute in una quotidianità che fugge e sfugge. Come in People e Loop, la contrapposizione tra il visibile e l’invisibile spinge l’osservatore a decifrare ciò che spesso si ignora: il vuoto, non di certo il pieno. La latenza è il significante che deborda e sembra continuare sulla parete che accoglie l’opera. Il significato è appunto lì: nascosto, celato, silenzioso.
Il gioco dei moduli luminosi avvolti dalla musica di Paolo Marini è invece al centro della sezione Together/Alone in cui ci si può «perdere in un loop a basso voltaggio». Sembra di essere di fronte a un menhir audio-visivo che, solitario nell’ambiente che lo accoglie, si fa dispositivo poetico al fine di amplificare l’ascolto di chi lo osserva.
«In Quello che rimane l’interazione uomo-tecnologia parla dell’attesa e della ripetizione – aggiunge la curatrice – elementi che per me sono degli scarti della produttività rappresentanti divergenza del pensiero. Un pensiero che amo considerare e definire fuori sincrono, ma assolutamente necessario al giorno d’oggi». E allora: No matter how many times, repeat. Non sarà tempo perso.
Alessandra Angelucci
mostra visitata il 12 marzo
Dal 12 marzo al 12 aprile 2016
Collettivo Minus.log_Quello che rimane
Museolaboratorio – ex Manifattura Tabacchi
Vico Lupinato 1 – Città Sant’Angelo (PE)
Orari: dal giovedì alla domenica dalle 18:00 alle 21:00
Info: www.museolaboratorio.org