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22
aprile 2017
New York val bene una mostra
Progetti e iniziative
Museo del Novecento e Gallerie d'Italia uniti a Milano. Per raccontare lo storico incontro dell'arte e della cultura del Vecchio Continente, con il modernismo americano
Se il Novecento è stato il secolo permeato dal sogno americano, la città di New York ha rappresentato il simbolo di un rinnovamento culturale, sostituendosi, nel tempo, a Parigi quale centro del modernismo. Una città “eternamente nuova”, la definiva Giorgio De Chirico, attratto, come altri artisti italiani, dal fascino della Grande Mela e dal desiderio di esplorarla. Ed è proprio questo lo scenario descritto dalla mostra: “New York, New York. Arte Italiana: la riscoperta dell’America”, promossa dal Comune di Milano e ospitata nella duplice sede del Museo del Novecento e delle Gallerie d’Italia di Intesa SanPaolo.
Due diversi percorsi espositivi, che raccolgono un totale di oltre 150 opere, per un’esposizione che focalizza l’attenzione sul modo in cui alcuni artisti italiani, attraverso i loro contatti diretti con il mondo americano, hanno partecipato alla graduale internazionalizzazione del mondo e del mercato dell’arte. Fondandosi su «una serie di fatti, incontri e occasioni che hanno dato all’arte italiana del Novecento l’opportunità di conseguire un’attenzione e una presenza internazionale utile a collocarla in posizione preminente nell’ambito della stessa idea di modernità», sostiene il curatore, Francesco Tedeschi. Una centralità raggiunta grazie a una serie di legami con gli Stati Uniti e in particolare proprio con la Grande Mela.
La mostra propone quindi, attraverso le loro opere, le storie degli artisti italiani che hanno viaggiato, soggiornato, lavorato o esposto a New York o che hanno soltanto immaginato il nuovo mondo: tutti comunque alla ricerca di uno spirito più libero e di modelli diversi da quelli del Vecchio Continente. Tra questi c’era appunto De Chirico, con cui si apre l’esposizione del Museo del Novecento, tra i più attivi nella Big City, ma anche Fortunato Depero, che in perfetta sintonia con l’ideale futurista che rappresentava, sente il bisogno di estendere gli orizzonti già negli anni Venti. Un racconto complesso e articolato, che parte proprio dal viaggio di Depero dell’autunno del ’28, divenuto una sorta di punto di partenza simbolico dell’incontro tra l’arte italiana e quella a stelle e strisce. Fino ad arrivare al culmine degli ultimi anni ’60, con Ugo Mulas che pubblicò: New York: The New Art Scene (tradotto in Italia in: New York: arte e persone), dove raccoglie le foto scattate dagli artisti dell’epoca, soprattutto nei loro studi: Andy Warhol ma anche John Chamberlain, Jim Dine, Marcel Duchamp, Jasper Johns, Roy Lichtenstein, Barnett Newman, Claes Oldenburg, Robert Rauschenberg, James Rosenquist, George Segal, Frank Stella, Tom Wesselman.
I due percorsi espositivi sviluppati nelle sedi distaccate della mostra sono complementari: nel Museo del Novecento viene restituito l’immaginario americano come percepito dai “nostri” artisti dell’epoca: con le opere di Lucio Fontana, Gastone Novelli, Toti Scialoja, Mimmo Rotella e Mulas, tra gli altri, oltre ai già citati De Chirico e Depero.
È qui che la rappresentazione di New York si delinea come leitmotiv declinato in soluzioni stilistiche differenti e esemplificative dei percorsi artistici italiani della prima metà del secolo. Nella sede di Gallerie d’Italia, invece, viene proposta una ricostruzione dei legami con gallerie e istituzioni che hanno saputo valorizzare la presenza artistica italiana negli States. Celebrando il profilo della storica mostra “XX Century Italian Art” del 1949 al MoMA, prima di perdersi nelle varie sale dedicate all’opera di Afro, Alberto Burri e Scialoja, protagonisti della scena artistica statunitense degli anni Cinquanta.
Ma c’è posto anche per raccontare l’impegno didattico degli artisti del Balpaese nell’Accademia Americana, come Salvatore Scarpitta, Mirko Basaldella, Costantino Nivola e Piero Dorazio. Approfondendo il dialogo fra il linguaggio scultoreo e la città, celebrato dalle opere di Lucio Fontana, Pietro Consagra, Arnaldo Pomodoro e Francesco Somaini. Interessante la sezione dedicata alle relazioni tra Roma e New York, raccontate dai lavori di Renato Guttuso, Corrado Cagli, Giuseppe Capogrossi, Tancredi, Carla Acccardi, Antonio Sanfilippo e Giulio Turcato, e il confronto con la nascente Pop Art, attraverso la presenza di opere di Enrico Baj, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Michelangelo Pistoletto, Gianfranco Baruchello.
In una serie di infinite contaminazioni, fino allo sgretolamento del “sogno americano”, dovuto alla graduale presa di coscienza e alla maturazione dello sguardo nei confronti della cultura locale e dello stile di vita statunitense, salvo poi rifondarsi attraverso l’ideale di libertà riportato in auge da Martin Luther King e John Fitzgerald Kennedy che torna ad affascinare gli artisti italiani. Com’è evidente nelle opere di Lombardo e Rotella, che propongono il volto indelebile di John Fitzgerald Kennedy (in home page), preso in prestito anche dalla copertina della mostra. Una scelta che può apparire scontata, ma probabilmente inevitabile.
Alessio Crisantemi