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05
agosto 2017
Giro agli Uffizi, quanto mi costi
Politica e opinioni
Con il rincaro del biglietto alla Galleria fiorentina aumenterà l'aspettativa dei visitatori. Ma troveranno degni servizi? E quale target penalizzerà questa manovra?
Ci sono state varie reazioni al dichiarato aumento dei prezzi del biglietto di ingresso alla Galleria degli Uffizi, ieri chiusi per “mancanza” di aria condizionata, che si si sono alternate sui blog, sui giornali specializzati tra favorevoli e contrari.
In sintesi, c’è chi sostiene che questa scelta sia una strategia positiva per una triplice serie di ragioni: la prima è quella che porterebbe gli Uffizi agli standard dei musei europei (almeno sul livello di prezzo), l’altra è che la nuova politica tariffaria, che prevede l’aumento di prezzo più consistente per i mesi estivi, possa facilitare quei fenomeni di destagionalizzazione che tanto si perseguono da decenni; l’ultima è invece di stampo elitario: se l’ingresso costa di più soltanto gli appassionati decideranno di spendere i soldi richiesti.
Le posizioni contrarie, invece, possono essere riassunte in questo modo: in Europa, molti musei pubblici sono ad ingresso gratuito; ad un aumento così elevato dei prezzi deve necessariamente corrispondere un aumento generale dei servizi (cosa che chi avanza questa motivazione non ha evidentemente riscontrato); la cultura dovrebbe essere gratuita proprio per garantire che sia quanto più diffusa tra la popolazione.
Candida Höfer, Uffizi
Dal punto di vista prettamente economico, la questione è un po’ più tecnica, e riguarda in primo luogo gli effetti che vengono generati dall’aumento dei prezzi di un qualsiasi bene. Senza cedere all’accademia, gli effetti possono essere riassunti in questo modo: l’aumento del prezzo di un bene, ad esempio un museo, può comportare una diminuzione della domanda di quel bene rispetto ad altri beni (in questo caso i visitatori di Firenze preferiranno spendere i loro soldi andando a vedere un altro museo); ma se il visitatore aveva programmato di spendere una cifra stabilita (ad esempio, 100 euro) per un giorno a Firenze, e con quel denaro voleva visitare gli Uffizi, un altro museo e mangiare una bistecca fiorentina, l’aumento del prezzo di uno dei tre beni rende, automaticamente, il visitatore più “povero”.
Ovviamente la questione è più complicata di così: trattandosi di un modello, perché questi effetti si manifestino ci sono delle ipotesi che quasi mai si verificano nel mondo reale. In primo luogo c’è da considerare il ruolo dell’informazione. Prendiamo ad esempio un turista straniero che programma un viaggio a Firenze in alta stagione: probabilmente si rivolgerà ad un tour operator, e ancor più probabilmente non saprà nemmeno quale sia il costo del biglietto. Altro effetto è quello dell’aumento relativo del costo del biglietto rispetto all’intero soggiorno: considerando l’alta stagione, la spesa media giornaliera di un turista supera i 120 euro, e la permanenza media si aggira intorno ai 3 giorni. In questo modo l’aumento del solo biglietto degli Uffizi rappresenta un aumento di circa il 5 per cento rispetto al totale del soggiorno.
Candida Höfer, Uffizi
Discorso diverso è invece quello dei cittadini italiani, o di coloro che amano ritornare agli Uffizi ogni qualvolta si trovino a passare per la città. In entrambi i casi, sia che si tratti di turismo locale, sia che si tratti di affezionati, l’aumento diviene invece piuttosto incisivo, e questo potrebbe portare ad un calo della domanda superiore alle aspettative.
Questo ragionamento economico ha delle conseguenze precise sugli effetti che sortirà la nuova politica dei prezzi, partendo dall’incentivo alla “destagionalizzazione” che non ha alcun tipo di fondamento. In secondo luogo, smentisce anche chi sostiene che in questo modo la Galleria degli Uffizi verrà frequentata da amanti dell’arte, anzi: è molto più probabile che a pagare il prezzo più alto del biglietto siano proprio quei turisti stranieri che vengono a Firenze una volta sola nella vita, piuttosto che un italiano che, in periodo di “alta stagione” vuole visitare (o ri-visitare) gli Uffizi.
Sicuramente l’attuale prezzo del biglietto meritava una rivalutazione verso l’alto, anche perché esistono numerose strutture italiane e straniere che “costano” di più pur non vantando quel patrimonio che ha reso gli Uffizi uno dei luoghi simbolo dell’arte nel mondo. Ma l’aumento del biglietto avrebbe potuto essere meno incisivo se, accanto ad esso, fosse stata prevista una serie di servizi a valore aggiunto, volti ad aumentare la spesa media per visitatore senza però che quest’ultimo percepisse di essere di fronte ad un prezzo non in linea con il resto dei musei visitati.
Proprio in virtù di quella scarsa informazione, gli effetti reali dell’aumento dei prezzi potranno essere visibili soltanto tra alcuni anni. Quel che è certo è che ad un aumento del costo del biglietto corrisponde, per ogni tipologia di consumo, anche un aumento delle aspettative generali. In questo senso sarà interessante analizzare come varieranno le valutazioni dei visitatori. L’impressione è che, per ottenere un trend positivo anche in questo ambito, al direttore degli Uffizi non basterà contare su una delle più importanti collezioni d’Arte al mondo.
Stefano Monti