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Se c’è una verità che vale per i momenti di trasformazione storica e sociale come quello corrente, questa è l’impossibilità di stabilire in modo definitivo una regola unica per lo studio e l’analisi della sua evoluzione. In un presente globalizzante costituito più da variabili che da costanti, caratterizzato da culture che si ibridano e grammatiche che si compenetrano, risulterebbe assurdo – se non fuorviante – pretendere di capirne le dinamiche interne, sulla base di un monocentrismo sempre più inadeguato alla lettura dei tempi coevi. Ciò si rispecchia anche nella quadratura del contesto artistico contemporaneo, dove il concetto di periferia è progressivamente venuto meno, a favore di un policetrismo creativo che sempre più coerentemente trova dignità di narrazione.
Distanze che si riducono e latitudini che si riallineano, sono riscontrabili nell’esposizione “Costa d’Avorio: Identità e vitalità dell’arte contemporanea”, prorogata e visibile presso il padiglione 9B del Mattatoio di Roma (ex MACRO – Testaccio) fino al 16 settembre 2018. La mostra, a cura di Massimo Scaringella, profondo conoscitore dello scenario artistico africano e in particolare di quello ivoriano – già curatore del padiglione della Costa d’Avorio alla Biennale di Venezia del 2016 – porta in scena una selezione di circa cento opere testimonianti le ricerche di tredici artisti appartenenti a generazioni diverse ma tutti provenienti e/o attivi nella realtà artistica del paese. Tale scelta, conferisce all’evento la capacità di raccontare efficacemente, attraverso il lavoro degli interpreti e la loro trasversalità linguistica, la sperimentazione artistica di un continente in generale e di una nazione in particolare, che si sta affacciando con sempre maggiore riconoscibilità nel contesto creativo contemporaneo. Si veda, pertanto, come l’allestimento vada a rispecchiare questo principio di diversità e unità al tempo stesso, coniugando le varie soluzioni espressive maturate dagli autori durante il loro percorso disciplinare che nella maggioranza dei casi li ha portati fuori dalla Costa d’Avorio, ma che spesso li ha visti affrontare, con cifre personali, la riformulazione di tematiche e contenuti inerenti alla situazione politica, culturale e civile del paese d’origine, dimostrando inoltre una piena consapevolezza stilistica.
Costa d’Avorio: Identità e vitalità dell’arte contemporanea, vista della mostra
Si assiste, così, a una fotografia attenta ai temi della disparità sociale, delle condizioni di lavoro e di vita, dell’ignoranza e dell’antropizzazione, nelle realizzazioni di Joana Choumali, Ananias Léki Dago, Jacobleau e Mohamed Keita. Il disegno e la pittura, con le opere di Fréderic Bruly Bouabré, Ernest Duku, Mathilde Moreau, Kra N’Guessan, Jacques Samir Stenka e di Ouattara Watts, ci presentano alfabeti visivi complessi e articolati che uniscono tecniche e tematiche dissimili, facendo convivere collage, acrilico, matita e acquarello, sempre con riferimenti al vasto universo della tradizione primitivista africana, rilevabile in un segno spesso veloce, immediato e sintetico, unito a gusti compositivi, cromatismi e simbologie dal sapore misterioso ed ancestrale. Infine si osservi come la scultura – proprio in assonanza con quanto siamo abituati ormai a vedere da un paio di decenni – tenda sempre più a sconfinare nell’installazione come nei lavori di Joachim K. Silué, dove vediamo uno studiato assemblaggio scultoreo di elementi poveri, risolversi nelle modeste fisionomie di oggetti dalla natura indecifrabile prima, per esplodere poi nelle grandi e inquietanti dimensioni di un trono volutamente fatiscente e angosciante. Considerazione simile può essere fatta per gli interventi di Jems Koko Bi e Virginia Ryan i quali, con le rispettive opere, concludono l’esposizione con l’occupazione della sala di fondo. Qui, le prue delle navi a picco come in naufragio del primo, in dialogo con le sculture della seconda poste inermi a terra come in uno scenario di morte, rimandano efficacemente alla mente tante di quelle immagini recenti che vedono il mare come teatro di indicibili tragedie umane.
La manifestazione, in tal modo, ben riesce nell’intento di descrivere le proposte e gli sviluppi artistici di una realtà che si dimostra sempre più aggiornata e autonoma, anche grazie all’impegno di istituzioni che – come in questo caso l’Ambasciata della Costa d’Avorio in Italia – riconoscono nella qualità dell’arte contemporanea la miglior chiave per superare qualsivoglia preconcetto.
Davide Silvioli
Mostra visitata il 29 giugno
Dal 7 giugno al 16 settembre 2018
Costa d’Avorio: Identità e vitalità dell’arte contemporanea
Mattatoio (ex MACRO-Testaccio),
Piazza Orazio Giustiniani 4, 00153, Roma
Info: 06 3996 7500, info.mattatoio@palaexpo.it