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13
maggio 2008
fino al 26.V.2008 Duchamp Man Ray Picabia London, Tate Modern
around
Tre uomini, tre amici, tre artisti. Tre fra i più grandi geni del modernismo europeo a confronto. Per sottolineare affinità e parallelismi di un’arte attuale oggi come mai. Nessun movimento o scuola artistica, ma autentica rivoluzione...
1887, 1890 e 1879. Sono, rispettivamente, gli anni di nascita di Marcel Duchamp, Man Ray e Francis Picabia. Prima di tutto amici, poi collaboratori. Legati da una relazione artistica insolitamente serena, anzi ispiratrice, essenziale in alcuni progetti. Il caso più simile può forse essere l’amicizia tra Braque e Picasso, dalla quale nacque il Cubismo. Ma con Duchamp, Man Ray e Picabia ci troviamo di fronte a un rapporto profondo, basato su libertà, aperture ideologiche e un continuo, molteplice scambio di influenze. Magari durante una partita a scacchi, passatempo ampiamente condiviso da ciascuno degli artisti.
Guardando le loro opere tra i corridoi della Tate Modern, lungo un percorso espositivo di ben tredici stanze, con oltre cento opere esposte, viene da chiedersi: Picabia e Duchamp si avvicinarono al cinema e alla fotografia perché erano in contatto con Man Ray? Il lavoro su vetro di Man Ray, Danger/Dancer (1920), sarebbe mai esistito senza le lastre di Picabia o il celeberrimo Le Grand Verre di Duchamp? E per quanto riguarda i “ready made” di Duchamp e le forme meccaniche di Picabia? Risposte certe non ne abbiamo, ma attinenze e simmetrie sono ben visibili, tanto nelle loro creazioni quanto nelle loro carriere.
Duchamp e Picabia s’incontrarono a Parigi nel 1911, entrambi legati a stili pittorici avanguardisti. Nel 1915 si trasferirono a New York, dove conobbero Man Ray, contribuendo alla creazione del movimento Dada. Il ready made di Duchamp, nella sua consacrazione visiva attraverso l’opera del 1917 Fountain, mutò radicalmente i canoni e i parametri dell’arte moderna. Il criterio artistico è cruciale: l’artista non deve creare opere d’arte, ma semplicemente scegliere un oggetto esistente e presentarlo per come esso è.
L’abilità nell’uso della fotografia permise a Man Ray di cimentarsi con lo studio della terza dimensione, in particolare sfruttando le forme della figura umana come in Marquise Casati del ‘22. La celebre immagine dell’eccentrica aristocratica italiana fu di fatto un fallimento, causato dalla banale fusione di un circuito elettrico, ma la novità dell’immagine sfocata suscitò grande interesse, assicurando all’artista la fama di grande ritrattista.
Alla pari dei due compagni, Picabia guadagnò spazio nel panorama artistico europeo rimanendo legato, quasi in modo ossessivo, alla pittura. I suoi soggetti di nudi femminili miravano a offendere il “buon gusto” con una pittura kitsch, sfruttando scene erotiche direttamente ricavate da riviste per adulti.
Scetticismo, irriverenza e smarrimento informano le regole dell’arte di questi tre artisti. Duchamp, Man Ray e Picabia provocano nello spirito dello spettatore un senso di sfida (quanto di divertimento) che, in realtà, ha precisamente lo scopo inverso: distinguere la verità dal falso, senza nessun controllo o qualsiasi forma di dissimulazione.
Guardando le loro opere tra i corridoi della Tate Modern, lungo un percorso espositivo di ben tredici stanze, con oltre cento opere esposte, viene da chiedersi: Picabia e Duchamp si avvicinarono al cinema e alla fotografia perché erano in contatto con Man Ray? Il lavoro su vetro di Man Ray, Danger/Dancer (1920), sarebbe mai esistito senza le lastre di Picabia o il celeberrimo Le Grand Verre di Duchamp? E per quanto riguarda i “ready made” di Duchamp e le forme meccaniche di Picabia? Risposte certe non ne abbiamo, ma attinenze e simmetrie sono ben visibili, tanto nelle loro creazioni quanto nelle loro carriere.
Duchamp e Picabia s’incontrarono a Parigi nel 1911, entrambi legati a stili pittorici avanguardisti. Nel 1915 si trasferirono a New York, dove conobbero Man Ray, contribuendo alla creazione del movimento Dada. Il ready made di Duchamp, nella sua consacrazione visiva attraverso l’opera del 1917 Fountain, mutò radicalmente i canoni e i parametri dell’arte moderna. Il criterio artistico è cruciale: l’artista non deve creare opere d’arte, ma semplicemente scegliere un oggetto esistente e presentarlo per come esso è.
L’abilità nell’uso della fotografia permise a Man Ray di cimentarsi con lo studio della terza dimensione, in particolare sfruttando le forme della figura umana come in Marquise Casati del ‘22. La celebre immagine dell’eccentrica aristocratica italiana fu di fatto un fallimento, causato dalla banale fusione di un circuito elettrico, ma la novità dell’immagine sfocata suscitò grande interesse, assicurando all’artista la fama di grande ritrattista.
Alla pari dei due compagni, Picabia guadagnò spazio nel panorama artistico europeo rimanendo legato, quasi in modo ossessivo, alla pittura. I suoi soggetti di nudi femminili miravano a offendere il “buon gusto” con una pittura kitsch, sfruttando scene erotiche direttamente ricavate da riviste per adulti.
Scetticismo, irriverenza e smarrimento informano le regole dell’arte di questi tre artisti. Duchamp, Man Ray e Picabia provocano nello spirito dello spettatore un senso di sfida (quanto di divertimento) che, in realtà, ha precisamente lo scopo inverso: distinguere la verità dal falso, senza nessun controllo o qualsiasi forma di dissimulazione.
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Tate Modern
Bankside – SE1 9TG London
Orario: da domenica a giovedì ore 10-18; venerdì e sabato ore 10-22
Ingresso: intero £ 11; ridotto £ 10/9
Catalogo Tate Publishing, £ 24,99
Info: +44 02078878888; visiting.modern@tate.org.uk; www.tate.org.uk/modern
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