Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
23
dicembre 2008
fino al 6.I.2009 Giovanni Gaggia Pergola (pu), Museo dei Bronzi Dorati
marcheabruzzi
Una rassegna eterogenea sull’attualità. Che Gaggia affronta talora con una satira pungente, tal altra con un grido disperato. O un atto di meditazione. Accompagnando lo spettatore in un cammino ascensionale...
La mostra di Giovanni Gaggia (Pergola, Pesaro-Urbino, 1977) è un percorso sia sul piano fisico che emozionale. Fisico, in quanto lo spettatore deve spostarsi in luoghi differenti; emozionale, poiché anche lo spirito percorrerà un viaggio del tutto personale.
S’inizia dal Museo. Le opere sono di piccolo formato, le cornici in lacca rossa e nera luccicano e scintillano, enfatizzando il vortice diabolico delle immagini. Queste ultime potrebbero essere interpretate come una serie di tarocchi, ma terribilmente terreni. Svelano, infatti, l’inganno sotteso delle apparenze, offrendo allo spettatore una verità con la quale dovrà fare i conti.
Il doppio significato – come doppia è la tecnica utilizzata – è un accorgimento che costringe alla riflessione. In Io non mi sento, la figura graziosa di Cappuccetto Rosso si sovrappone all’immagine dei bambini vittime delle bombe intelligenti. Il dolore è quello che lacera le carni ed è pari all’urlo del ballerino di tango contro il “Letex… Era come un urlo che uscisse dalle gole di tutti i morti disperati in battaglia, di tutti gli impiccati sul patibolo, di tutti i feriti in agonia, di tutte le madri dei caduti”. Non è un caso che Stefano Benni utilizzi questo espediente proprio per salvare il suo Elianto.
Il percorso prosegue nel foyer del Teatro con una singolare installazione cruciforme, rischiarata a lume di candela. Le immagini sovrapposte di corpi mummificati e di quelle dei personaggi disneyani, incorniciate in una dolce cornice di zucchero, restituiscono al visitatore una distensione dell’animo rispetto allo scuotimento iniziale. In questo passaggio, l’artista interpreta la morte come naturale corruzione della carne, ma lo fa con il disincanto proprio dei bambini. Infatti, i personaggi fiabeschi sono colti in un atteggiamento di pura curiosità.
Sempre in Teatro, Gaggia propone il video Noi-Maiali, nel quale si succedono primi piani di persone che indossano un paio di occhiali su cui è attaccato un piccolo maialino rosa. Una trovata irriverente che l’artista utilizza per porre l’umano gregge su un unico livello, quello suino.
La parabola conclusiva del percorso si chiude con la performance Ali Squamose. Un finale perfetto, che simbolicamente azzera i moti d’animo iniziali, indirizzando la mente verso “le insondabili profondità del respiro primordiale”, come scriveva Paul Klee nel 1945. Sul palcoscenico del teatro, oltre all’artista, due figure maschili tagliano con un coltello di ceramica tre cuori di maiale, che poi consegnano a una donna che li ricomporrà con ago e filo.
I fili sono tre, nero, bianco e oro, che con il rosso del cuore formano la scala alchemica dei colori. L’alchimia identifica nel nero la materia prima e la penitenza, nel bianco il mercurio e l’illuminazione, nel rosso lo zolfo e la sofferenza d’amore, infine nell’oro la pietra filosofale e lo stato di gloria. Una scala di colori che personifica la via dell’ascensione spirituale, così come il percorso della mostra.
S’inizia dal Museo. Le opere sono di piccolo formato, le cornici in lacca rossa e nera luccicano e scintillano, enfatizzando il vortice diabolico delle immagini. Queste ultime potrebbero essere interpretate come una serie di tarocchi, ma terribilmente terreni. Svelano, infatti, l’inganno sotteso delle apparenze, offrendo allo spettatore una verità con la quale dovrà fare i conti.
Il doppio significato – come doppia è la tecnica utilizzata – è un accorgimento che costringe alla riflessione. In Io non mi sento, la figura graziosa di Cappuccetto Rosso si sovrappone all’immagine dei bambini vittime delle bombe intelligenti. Il dolore è quello che lacera le carni ed è pari all’urlo del ballerino di tango contro il “Letex… Era come un urlo che uscisse dalle gole di tutti i morti disperati in battaglia, di tutti gli impiccati sul patibolo, di tutti i feriti in agonia, di tutte le madri dei caduti”. Non è un caso che Stefano Benni utilizzi questo espediente proprio per salvare il suo Elianto.
Il percorso prosegue nel foyer del Teatro con una singolare installazione cruciforme, rischiarata a lume di candela. Le immagini sovrapposte di corpi mummificati e di quelle dei personaggi disneyani, incorniciate in una dolce cornice di zucchero, restituiscono al visitatore una distensione dell’animo rispetto allo scuotimento iniziale. In questo passaggio, l’artista interpreta la morte come naturale corruzione della carne, ma lo fa con il disincanto proprio dei bambini. Infatti, i personaggi fiabeschi sono colti in un atteggiamento di pura curiosità.
Sempre in Teatro, Gaggia propone il video Noi-Maiali, nel quale si succedono primi piani di persone che indossano un paio di occhiali su cui è attaccato un piccolo maialino rosa. Una trovata irriverente che l’artista utilizza per porre l’umano gregge su un unico livello, quello suino.
La parabola conclusiva del percorso si chiude con la performance Ali Squamose. Un finale perfetto, che simbolicamente azzera i moti d’animo iniziali, indirizzando la mente verso “le insondabili profondità del respiro primordiale”, come scriveva Paul Klee nel 1945. Sul palcoscenico del teatro, oltre all’artista, due figure maschili tagliano con un coltello di ceramica tre cuori di maiale, che poi consegnano a una donna che li ricomporrà con ago e filo.
I fili sono tre, nero, bianco e oro, che con il rosso del cuore formano la scala alchemica dei colori. L’alchimia identifica nel nero la materia prima e la penitenza, nel bianco il mercurio e l’illuminazione, nel rosso lo zolfo e la sofferenza d’amore, infine nell’oro la pietra filosofale e lo stato di gloria. Una scala di colori che personifica la via dell’ascensione spirituale, così come il percorso della mostra.
articoli correlati
Giovanni Gaggia a Point of view
susanna ferretti
mostra visitata il 29 novembre 2008
dal 29 novembre 2008 al 6 gennaio 2009
Giovanni Gaggia – Aforismi Simpatetici
a cura di Chiara Canali
Museo dei Bronzi Dorati
Largo San Giacomo, 2 – 61045 Pergola (PU)
Orario: da martedì a domenica ore 10-12.30 e 15.30-18.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0721734090; museo@bronzidorati.com; www.spac.pu.it
[exibart]