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È ovviamente impossibile che decisioni articolate come quelle dei premi da assegnare in una rassegna come la Biennale di Venezia mettano tutti d’accordo. Eppure è difficile non balzare sulla sedia leggendo del Leone d’oro più atteso, quello a un artista presente alla mostra centrale internazionale, assegnato all’argentino León Ferrari (Buenos Aires, 1920). “Nessuno trasalirà davanti al Cristo crocifisso sulla fusoliera dal venerando Leòn Ferrari”, scriveva ad esempio Anita Pepe su Exibart. Non immaginando che invece sarebbe trasalita – per la prima volta nella storia della rassegna ad un mese dalla conclusione della mostra, e non nei giorni dell’opening – la Giuria internazionale, proposta dal Direttore della 52. Esposizione Robert Storr e formata da Manuel J. Borja-Villel (direttore Museu d’Art Contemporani de Barcelona, presidente), Iwona Blazwick (direttore Whitechapel Gallery, London), Ilaria Bonacossa (curatore Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino), Abdellah Karroum (curatore indipendente, Paris e Rabat) e José Roca (Director of Arts, Banco de la República, Bogotá). Ma sono le motivazioni, con una datatissima vis ideologica, a caricare il tutto di accenti quasi comici: “L’artista in questione ha continuato a sviluppare una pratica critica nel contesto di una situazione politica e sociale spesso avversa. Gli viene assegnato questo premio non solo per il suo atteggiamento etico e il suo impegno politico ma anche per la rilevanza estetica nel contemporaneo, inaspettata per un lavoro che si è sviluppato negli ultimi sessanta anni”. Ipse Dixit. Non meno sorprendente, e forse ancor più datato nelle motivazioni, è il premio per la migliore partecipazione nazionale, andato al Padiglione dell’Ungheria con l’artista Andreas Fogarasi, di cui la giuria ha considerato “rilevante l’atteggiamento nei confronti della modernità, le sue utopie, i suoi fallimenti nel contesto di una storia condivisa”. Ma non erano i Settanta gli anni delle Biennali del dissenso? In questa ottica appare quasi scontato il premio a un artista under 40, assegnato alla giordana Emily Jacir per “una pratica artistica che si concentra sul tema dell’esilio in generale e sulla questione palestinese in particolare, senza tuttavia cadere nell’esotismo”. Mette invece probabilmente d’accordo molti la menzione d’onore a un artista, assegnata Nedko Solakov, mentre quella per il padiglione va alla Lituania con gli artisti Nomeda & Gediminas Urbonas. Il Leone d’oro ad un critico o a uno storico dell’arte per il suo contributo all’arte contemporanea va infine a Benjamin Buchloh, “per un corpus di testi caratterizzati da un atteggiamento integro ed erudito verso la pratica artistica contemporanea e nei confronti della storia dell’arte”. (m. m.)
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Non è vero, il leone d’oro andava dato all’artista ghanese Al Anatsui.
Il più bel lavoro della biennale.
bhè… potevate mandare qualcuno perchè oggi storr alla premiazione ha parlato…. critiche infinite alla biennale, all’organizzazione, allo stato (???) italiano….
la fine del mondo!
basta far fuori il cretino che l’ha scelto
Felicitaciones a la Bienal de Venecia,Ferrari se lo merecia porque es un gran artista y un gran luchador. Monica
dovrebbero mandarli tutti a casa e invece…
è stata proprio l’estate della nostalgia dei tempi che furono…
ciao, roma
Non è vero, il leone d’oro andava dato all’artista ghanese Al Anatsui.
Il più bel lavoro della biennale.