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Ultimamente se ne è fatto un gran parlare, anche in Italia, soprattutto per l’arrivo nelle sale – pressoché concomitante – delle opere di Julian Schnabel a Marjane Satrapi. Parliamo del cinema che incontra da vicino le arti visive, che ora si appresta a vivere un importante appuntamento totalmente “made in italy”. Esce infatti nelle sale il 20 marzo Colpo d’occhio, l’ultima fatica di Sergio Rubini, completamente ambientata nell’artworld e percorsa dalle sua dinamiche proprie, spesso anche perverse. Certo, il pubblico – specie quello femminile – più che questo, noterà la presenza del protagonista Riccardo Scamarcio – Adrian Scala, un giovane scultore di provincia desideroso di affermare il suo talento nel mondo dell’arte. Ma anche quello maschile potrà concentrarsi su Vittoria Puccini – Gloria, giovane studiosa d’arte alla ricerca del “suo” artista, che pare che riservi anche un paio di nudi integrali mozzafiato… In mezzo ai due, nella storia, si muove – regista ma anche co-protagonista – Sergio Rubini – Lulli, critico d’arte di mezza età, intellettuale di fama internazionale. Protagoniste anche molte sculture contemporanee, tutte realizzate – e molti le riconosceranno – dal consulente del film, l’artista Gianni Dessì. Nello sviluppo della trama, un’ombra minaccia l’ascesa del giovane: in occasione della presentazione della mostra che lo consacrerà definitivamente come artista, Gloria scopre che l’opera da lui presentata nasconde uno scandaloso segreto… Una sorpresa, come quella che il film riserva anche i nostri lettori…
[exibart]
[exibart]
Non rivelo la sorpresa della notizia, tra l’altro una delle poche faccende discrete, nel senso di tranquille, del film.
Nel suo totale l’ho trovato un capolavoro, del trash ma nella sua accezione positiva, davvero gustoso e, oltre alla presenza della Barale un richiamo nel senso appena detto, il protagonista risulta davvero improbabile di suo sin dai primi momenti con delle successive ed esilaranti evoluzione nell’atteggiamento e rivelazione di carattere. Poi, le figure dei due galleristi quella berlinese e quello romano messe giù sublimi nelle loro macchiette, per non dire delle ambientazioni da intendersi cupe e torbide come la casa di Rubini un vero spettacolo. Nei titoli di coda un elenco infinito di opere per giocare a “l’avevo notatio io che c’era questo e pure quell’altro”