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A più di quarant’anni dalla fondazione del movimento e venticinque anni dopo l’ultima grande mostra collettiva sull’Arte povera, Germano Celant vince le sue reticenze sullo “sguardo retrospettivo” e si mette al lavoro per quella che si preannuncia una vera e propria mostra-evento dal respiro internazionale. Coadiuvato da un team di responsabili museali – Pio Baldi e Anna Mattirolo, Alberto Vanelli, Eduardo Cicelyn, Gianfranco Maraniello e Davide Rampello – il curatore torna sulle tappe di strutturazione di una delle ultime avanguardie artistiche italiane esportate all’estero, con l’intento di eguagliare, attraverso un macro-progetto e con un rinnovato sguardo d’insieme, l’estrema pluralità espressiva ed il forte spirito di rottura di questa corrente italiana, senza rischiare di fornirne solo uno spaccato.
Presentato oggi in conferenza stampa presso la Triennale di Milano, il progetto Arte Povera – previsto per l’autunno-inverno 2011 – è infatti il nucleo di una grande esposizione trasversale programmata contemporaneamente in cinque delle più importanti istituzioni museali dei capoluoghi culturali italiani. Parliamo del MAXXI di Roma, la Venaria Reale a Torino, il MADRE di Napoli, il MAMbo di Bologna e la Triennale di Milano: la grande mostra è pensata proprio con l’obbiettivo di restituire alla sperimentazione “povera” l’importante ambientazione architettonica di cui necessita ed un confronto collettivo con lo spazio simbolico del museo.
L’iniziativa ha lo scopo di ricostruire, su scala nazionale ma con una “dimensione mondiale”, gli sviluppi storici della ricerca poveristica, articolando il loro avvicendarsi in una costellazione di spazi espositivi diversi, riunendo opere storiche e produzione recente di Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario Merz, Marisa Merz, Giulio Paolini, Pino Pascali, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini e Gilberto Zorio.
“Il tentativo è di ridare, seppure in un territorio allargato, l’unità sperimentale e radicale dell’Arte Povera”, sostiene Celant, illustrando una linea curatoriale che si appoggerà sulla storia e sull’identità delle strutture museali ospitanti ed organizzerà l’esposizione per sottopoetiche, affinità territoriali e differenze linguistiche (scultura, installazione, fotografia, performance, azione, fino agli sconfinamenti in cinema e teatro).
Artisti, teorici ed istituzioni chiamati dunque a “fare sistema” ed a costruire un “grande mosaico”, in un circolo virtuoso di comunicazione ed organizzazione. La coordinazione del progetto – affidata alla Triennale di Milano in collaborazione con il Comitato Italia 150 per le celebrazioni del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia e con il supporto sinergico di Regione Lombardia e Regione Piemonte – prevede, oltre alle acquisizioni museali italiane ed ai prestiti del collezionismo nazionale, una politica di prestiti internazionali da musei e fondazioni europee, statunitensi, giapponesi e sudamericane. L’intero percorso espositivo sarà documentato da un catalogo a cura di Electa. (simone frangi)
[exibart]
L’arte povero, che barba! per non essere volgare. Ancora?
Il rinnovamento avanza..spero sia lo spettacolo finale
Non ho visto tra gli artisti citati nessun esponente della transavanguardia, in particolare Paladino, il quale si è espresso, almeno all’inizio, sicuramente in questo ambito.
E’ una lista parziale o c’è un motivo preciso?
POVERA ARTE! ANCORA LA STESSA CANZONE DA ANNI: NON C’E’ NULLA DI NUOVO NEL PANORAMA ARTISTICO ITALIANO?
ancora ma non è che stiamo a girare sempre la solita vecchia frittata… oramai è roba del secolo scorso… per lo più a torino la si è vista e rivista…
Dopo il padiglione italia della biennale di venezia, e quello che ci aspettera’ con il nuovo curatore, finalmente qualcosa da Vedere.
Come si fa a “ridare (…) l’unità sperimentale e radicale dell’Arte Povera” essendo questa nata nell’utopico Sesantotto con altrettanti utopici fini teorici (deculturalizzare un processo artistico che già solo per il fatto di esistere risponde già a un sistema) nel 2010? Non abbiamo già imparato di quanto inutile sia stato riempire di fiori i cannoni? Confido nell’intelligenza di Celant di darci qualche critico degno del suo nome ma un po’ più al passo coi tempi.
penso che l’Arte Povera abbia ancora molto da dire in questa stagione