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Si aprirà tra poco alla Fondazione Venezia la tavola rotonda “Art Enclosures”, in occasione della presentazione del volume ” Art Enclosures / Confini d’Arte. Residenze per artisti internazionali a Venezia”, edito da Marsilio. Un approfondimento su uno dei momenti formativi che, negli ultimi anni, ha assunto maggiore rilevanza nello sviluppo dei percorsi di artisti giovani o mid-career. Ma quanto è importante questa dimensione e, pensando alla storia e alle opportunità di Venezia, che offerte si hanno in laguna? Stamattina, inoltre, nella sede della Fondazione a Dorsoduro, si parlerà anche di qualche esempio internazionale, con i programmi per creativi della DOEN Foundation di Amsterdam, attraverso le parole della programme manager Gertrude Flentge, di Simon Njami, curatore indipendente e cofondatore “Revue Noire” di Parigi, di Christopher Celenza, direttore dell’American Academy di Roma e Mara Ambrozic, curatrice di Art Enclosures.
A rispondere per quanto riguarda il panorama italiano saranno invece Martin Bethenod, Amministratore Delegato Palazzo Grassi e Punta della Dogana, Francesco Bonami, Direttore artistico della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Germano Celant, Direttore di Fondazione Prada, Marino Folin, Presidente Fondazione Venezia 2000, Venezia, Philip Rylands, Direttore Peggy Guggenheim Museum nella sede veneziana, e Angela Vettese, Presidente della Fondazione Bevilacqua La Masa e docente allo Iuav, a cui abbiamo rivolto le tre nostre domande.
Le residenze d’artista sono forse il più emblematico “percorso” dell’arte contemporanea degli ultimi anni. Quanto sono importanti nella carriera di un artista esperienze di questo genere? Possono in qualche modo, idealmente, sostituire il vecchio Grand Tour?
«È una esperienza fondamentale, come complemento allo studio e primo passo verso una formazione pluricuturale. Ho dedicato una mostra a questo tema nel 2010, alla Fondazione Pomodoro, quando nemmeno gli addetti ai lavori ne avevano capito la rilevanza. È un passo che consente il confronto senza chiedere una emigrazione decisiva. In master teorici e insieme una esperienza di vita pratica in un qualsiasi altrove, che io ritengo decisiva per trovare motivazione, coraggio e tematiche culturali rilevanti su cui lavorare. È un fatto del resto che in ogni campo i tempi e i modi della formazione diventano sempre più complessi e sfidanti».
Venezia è una città particolarmente internazionale, ma com’è il sistema delle residenze d’artista (soprattutto per gli artisti stranieri) in città? Va implementato o è sufficiente? L’offerta corrisponde all’effettiva domanda?
«La domanda a Venezia e’ sempre alta, ma la città offre quasi solo soluzioni a pagamento. Dal 2008 la Fondazione Bevilacqua La Masa, che è un braccio del Comune di Venezia, offre ospitalità ad artisti anche stranieri nelle due foresterie che affiancano i 13 atelier per chi studia o risiede nel triveneto. Si tratta di un patrimonio prezioso, che ci ha consentito di ospitare artisti africani con il programma Art Enclosure, asiatici con il programma Via della seta, e da settembre anche di paesi in via di sviluppo insieme a Illycaffe’. I nostri migliori partner, Moleskine e Stonefly, si sono affezionati alla Bevilacqua proprio in virtù del programma di residenze. Ovviamente ci servirebbero cento spazi per fare fronte a tutte le richieste e per potere portare anche musicisti, scrittori, studiosi. Questa via e’ fondamentale per rianimare la cultura cittadina al di la del turismo e dei grandi eventi. Sono certa che qualcuno prenderà spinto dalla nostra esperienza, che si è riavviata dal 2006 ma che è stata la prima a nascere in Europa, essendo attiva dai primi anni del 1900».
Art Enclosures / Confini d’Arte” è il titolo del volume edito da Marsilio che viene presentato alla Fondazione Venezia: quali sono oggi i veri confini dell’arte? Cadute le barriere del Medio Oriente e del Sud, c’è la possibilità di una nuova “colonizzazione” o l’Occidente resterà nei confini che ha già tracciato negli ultimi anni?
«L’occidente sarà colonizzato poco a poco da realtà economiche più vitali. Tuttavia, ci vorrà molto tempo perché l’idea di arte come l’abbiamo inventata qui ed esportata a Est, nei paesi di impronta liberale, venga stravolta e superata. Per molti motivi, l’idea di opera che è emersa nel mondo capitalista ha attecchito in tutti i Paesi che adottano lo stesso sistema produttivo e si dimostra molto resistente. Auguriamoci qualche ibridazione, sia con l’idea di artigianato corretta dall’uso del computer, sia dallo stesso confronto tra culture. I confini sono importanti così come l’idea di nazione, e lo dimostra la crescente adesione dei padiglioni nazionali alla Biennale di Venezia. Al contempo si sfrangiano e ci consentono il lato migliore del relativismo, del dubbio, dell’antidogmatismo culturale: l’unico antidoto possibile a qualsiasi forma di fondamentalismo e alla vuota cache che ne deriva».
Sul tema delle residenze vi rimandiamo anche all’articolo di Silvia Bottani “Gli esami non finiscono mai”:
http://www.exibart.com/notizia.asp?IDNotizia=37520&IDCategoria=1