12 novembre 2013

27 Paesi poveri di Cultura. L’Europa cola a picco nei consumi, secondo una ricerca di Eurobarometro

 

di

Tiziano, Venere di Urbino, 1538, olio su tela, 119x165cm, Firenze Galleria Degli Uffizi

I parametri di confronto sono molteplici e variegati: si passa dall’intrattenimento televisivo alla spesa annua pro capite per andare a teatro, dagli ingressi alle mostre fino agli euro spesi per turismo, alla frequentazione delle biblioteche. Una ricerca recentemente pubblicata dall’istituto Eurobarometro traccia, per 27 stati europei, la linea della fruizione della cultura, mettendo nero su bianco un impoverimento senza precedenti a confronto dei dati della stessa indagine del 2007. E non c’è solo l’Italia agli ultimi posti, ma anche Paesi che hanno subito particolarmente forte la crisi globale che si è alzata a partire dal 2008, come Grecia, Portogallo e Ungheria. La spunta il cinema, che nella maggior parte dei casi non è visto dal pubblico come “cultura” quanto “intrattenimento”. I poco confortanti dati parlano di un’utenza della cultura dall’interesse “alto” pari all’8 per cento nel Belpaese.
Ma c’è un altro dato piuttosto sconfortante che arriva dalla ricerca, sul capitolo dell’ “Indice di pratica culturale”: il 49 per cento (+ 9 per cento dal 2007) degli italiani non ha la benché minima dimestichezza con libri, musei, concerti, mentre la media europea si pone intorno al 34 per cento. E anche il consumo di programmi culturali in Tv e Radio cala di 14 punti percentuale. D’altronde ci si chiede come poter fruire di programmi televisivi culturali se, a parte sky e pochi altri canali del digitale terrestre che offrono un’offerta in tal senso, nella stragrande maggioranza le emittenti si occupano di cucina, in tutte le salse, dal mattino alla sera. Il web? Il 27 per cento degli abitanti tricolore afferma di non usarlo mai, e il 20 per cento di accedere alla rete solo tre volte al mese. 
Si rabbrividisce, specialmente perché da “addetti ai lavori” certe cifre alla lente d’ingrandimento sembrano impossibili. 
Con un campione di 26 milioni di persone, circa 1 milione per ogni Paese coinvolto, c’è anche la percentuale dei libri letti: il 56 per cento degli italiani dichiara di aver letto almeno un testo nell’ultimo anno, mentre in Francia si sale al 73 per cento, e in Svezia al 90. 
Ma qual è il vero problema che svela la ricerca? L’incapacità dei governi, e forse anche delle holding che di cultura dovrebbero occuparsi, di generare curiosità e interesse nel pubblico.  
«Questa ricerca mostra che i governi devono ripensare al modo in cui sostengono la cultura, al fine di stimolare la partecipazione pubblica e il potenziale che la cultura possiede in quanto motore per il lavoro e la crescita. Inoltre i settori culturali e creativi sentono il bisogno di essere riadattati per coinvolgere una nuova audience e per esplorare nuovi modelli fondanti» ha commentato il Commissario Europeo per l’Educazione e la Cultura, Androulla Vassiliou. 
Insomma è il caso che anche chi fa cultura cerchi di riflettere con sé stesso, e di mettersi una mano sulla coscienza: inutile continuare a dare la colpa al disinteresse, alla disaffezione e all’inciviltà, perché se è vero che se la cultura non si promuove non si fanno “proseliti”, ma è altresì vero che se arte, letteratura, cinema, mostre e chi più ne ha più ne metta restano opinioni ermetiche rivolte a ristretti gruppi di operatori, beh…poco c’è da stupirsi del calo di utenza. Di certo mainstream la cultura non è mai stata, perché studiare, guardare e capire non è mai facile e la pigrizia è una facoltà ottima come compagna, ma l’appello che sembra uscire dall’Eurobarometro è di non metterci anche del nostro per allontanare ancora, ancora, e ancora, intere frange di popolazione che, invece, potrebbero passare magari da un interesse nullo o basso, a qualcosa di basso o medio. Per iniziare. 
Se vi interessa approfondire l’argomento la ricerca è pubblicata interamente in questo documento: http://http://ec.europa.eu/public_opinion/archives/ebs/ebs_399_en.pdf

1 commento

  1. Sarà interessante mettere in relazione l’andamento della fruizione di cultura con l’andamento della distribuzione del reddito e della distribuzione della ricchezza. Ferma restando la pigrizia ovviamente.

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