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Era nato a Milano, ma è scomparso nelle Marche, a Fermo.
Con lui non scompare solo un grande fotografo, ma un punto di riferimento per la fotografia e il reportage di ogni tempo. Parliamo di Mario Dondero, 87 anni, e una carriera iniziata durante la resistenza, in Val d’Ossola, fotografando i partigiani.
Negli anni ’50, finita la guerra, si sposta a Milano, dove diventa un assiduo frequentatore del Bar Jamaica e stringe amicizia con Uliano Lucas e Ugo Mulas, tra gli altri, scattando per L’Avanti, L’Unità, Milano Sera.
Sbandiera tifo comunista e per il Genoa, squadra della sua città d’origine e, come poteva giusto per quegli anni, si sposta nella Capitale mondiale dell’epoca per documentarne i moti, la vita, i protagonisti. Da Parigi, infatti, ci restituisce le immagini del maggio ’68, tramite le pagine del Nouvel Observateur, L’Espresso, Le Monde, fino all’Africa degli anni ’60 e ’70 e fino all’Afghanistan di Emergency.
Una delle ultime mostre più belle che gli erano state dedicate è stata a Reggio Emilia, dove in occasione di Fotografia Europea gli fu dedicata un’ampia retrospettiva a Palazzo Casotti, nel 2011. Addio grande fotografo “generoso”. Già, perché Dondero era solito dire che chi non è generoso ha capito poco. E lui, con la sua vita e le sue immagini, ci ha lasciato parecchio.