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Townhouse Gallery è un no profit legato all’arte contemporanea, che gestisce una serie di programmi di residenza e che ha un piccolo teatro annesso, nel centro de Il Cairo. Attivo dal 1998, si propone di mettere in atto “simposi e sensibilizzazione all’arte della comunità, fare mostre e residenze – appunto – internazionali con artisti, scrittori e cineasti in Medio Oriente e Nord Africa”.
Peccato però in Egitto l’aria che si respira non è di primavera, o per lo meno non più, ed evidentemente allo stato scocciava parecchio avere tra i piedi qualche “libero pensiero”.
E così sono arrivati i funzionari dell’Autorità della Censura, dell’Agenzia delle Entrate, la National Security Agency, e l’ufficio locale del Ministero del Lavoro. Risultato? Non solo hanno perquisito da cima a fondo lo spazio senza fornire spiegazioni e senza cercare “nulla di particolare”, ma hanno anche sequestrato una serie di materiali d’archivio, documenti vari, CD, chiavette USB e personal computer, oltre ad aver interrogato e schedato tutti i componenti del team.
Un bel giro di vite sulla libertà di espressione, con un raid che gli interessati hanno spiegato è durato più di tre ore e che ha preso di mira anche il Teatro Rawabet.