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L’Île du Diable, Crossings, No Pasara, Natreen (We are waiting), e Les Marocains (di cui vi mostriamo un paio di immagini) tutti firmati Leïla Alaoui. Classe 1982, fotografa e videomaker franco-marocchina, dopo i suoi studi di fotografia documentaria presso la City University di New York, sceglie presto il suo campo di azione: l’umanità.
Tra migrazione e identità sociale e culturale, i suoi lavori dalle indubbie qualità umane e professionali, mettono in rilievo non solo le persone ma i valori ai quali queste sono legati, riusciva a tirar fuori da ogni soggetto fotografato, magari nell’imbarazzo di trovarsi per la prima volta davanti ad un obiettivo, la storia individuale tra punti luce ed ombre. Alaoui è scomparsa il 18 gennaio a causa delle ferite riportate dopo gli odiosi attacchi terroristici a Ouagadougou nel Burkina Faso.
Leila Aloui stava lavorando ad un progetto dal titolo “Il mio corpo: i miei diritti”, sulla prevenzione contro il matrimonio precoce in Burkina Faso e Mali, commissionato da Amnesty International. Presente alla prima Biennale de la Photo du monde Arabe a Parigi, che si è conclusa la settimana scorsa presso la Maison européenne de la photographie, con la serie Les Marocains, per questo lavoro si è ispirata a The Americans di Robert Frank, si tratta di ritratti fotografici a grandezza naturale su fondo nero, in cui ritrae donne, uomini e bambini provenienti da diversi gruppi etnici tra berberi e arabi. Giovane e promettente Leila Alaoui ha arricchito in modo incomparabile, attraverso il suo talento, quegli aspetti umani e culturali spesso poco percepibili. (Livia De Leoni)