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Tra i tanti spazi luoghi aperti al pubblico in occasione delle iniziative di Palermo capitale della cultura e Manifesta 12, Palazzo Oneto di Sperlinga torna a essere spazio privilegiato del contemporaneo e, dopo il Caudu e Fridu di Massimo Bartolini, adesso è la volta di “Locus Solus”. Il titolo della mostra, che aprirà il 24 luglio, allude al romanzo di Raymond Roussel, autore molto amato dai surrealisti, che morì suicida proprio nella città siciliana, nel 1933, all’Hotel delle Palme, a pochi passi dal Palazzo e ben si addice a un edificio storico dimenticato. A ricordarcene l’esistenza, peraltro monumentale, le opere di giovani artisti, a proprio agio in uno spazio underground, graffiante e onirico come la vena di Roussel, ognuno portatore del proprio linguaggio, dall’installazione alla fotografia, dalla pittura al video, per raccontare di visioni oniriche, poetiche, drammatiche, dissimili, fluide e ironiche.
Al centro della rappresentazione, il corpo, che si declina nell’assenza, come nei poveri stracci vuoti di Cristiana Blandino, oppure negli oggetti naufragati e imbustati di Monia Rugeri o, ancora, nel mucchio di ossa nell’opera di Giulia Mastellone e nellle post-anatomie malate con grumi polimaterici e attraversamenti spettrografici di Rossella Puccio. Oggetto ironico, invece, è il corpo negli oggetti di design di Chiara Volpe e Monia Rugeri. Al famoso ritratto ottocentesco di donna africana, della pittrice francese Marie-Guillemine Benoist, si è ispirata Martina Campanella.
«Le foto di Anna Lombardo, invece – come ha scritto Rosa Persico, Docente di Arte ambientale e linguaggi sperimentali all’Accademia di belle arti di Palermo e autrice di un testo per la mostra – sottopongono il paesaggio a mossi estremi che portano alla sua progressiva smaterializzazione, mentre le foto di Emanuela Albiolo registrano ferite vegetali ricomponendole in collage. Infine, le postproduzioni di Alessia Argento hanno per soggetto paesaggi urbani logorati. Non sorprende il ritorno della pittura astratta, rappresentata dalle opere di Eleonora Arnone e di Chiara Carzan, o nella pratica ludica dell’illustrazione e della Street art di Celeste Asaro. Nel caso di Federica Culotta, la pittura si ibrida con gli strappi del collage, così come avviene nei guaches e collage di Teodora Pirau. I disegni iperrealisti a carboncino e grafite di Giuseppe Giglio simulano l’immagine digitale e si frammentano in pixel o in rolling shutter. Il locus che ospita la mostra è ancora un cantiere, nel quale giovani artisti sperimentano idee e si confrontano con i problemi del presente. È davvero difficile immaginare i loro percorsi futuri ma, nei sotterranei di Palazzo Oneto, si percepisce una grande energia. Così, gli ambienti bui, illuminarti dalla creatività, si trasformano in una metafora della condizione delle nuove generazioni».