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Si tratta probabilmente del più clamoroso caso di Land Art, solo che non si trova sulla Terra. Trevor Paglen ha annunciato che a novembre lancerà nello spazio Orbital Reflector, un satellite puramene estetico, più artistico che artificiale, una scultura imponente ma effimera. L’opera, un pallone di polietilene ricoperto di biossido di titanio, avrà la forma di un diamante di circa 30 metri e volerà a bordo di un razzo SpaceX Falcon 9 che partirà dalla base di Vandenberg, in California. Dalla Terra sarà solo un punto luminoso difficile da individuare, come una stella nell’Orsa maggiore, e sarà in orbita per circa tre mesi, prima di decadere e bruciarsi nell’atmosfera.
Romantico? Certo ma anche distopico, perché l’artista nato nel 1974 nel Maryland, che nella sua ricerca ha spesso affrontato temi di natura scientifica e fantascientifica, non vuole solo incoraggiare i terrestri a riconsiderare la propria posizione – a dire il vero piuttosto misera – nell’universo. Per Paglen, le cui opere più conosciute sono dedicate allo spinoso tema della sorveglianza governativa, è importante recuperare per l’uso artistico anche questi strumenti già carichi di una valenza negativa. I satelliti ci fanno paura perché ci spiano ma potrebbero anche essere fonte di meraviglia e stupore, no?
Secondo un consistente gruppo di astronomi, Orbital Reflector rappresenterà solo l’ennesimo caso di immondizia spaziale, causa di inquinamento luminoso che potrebbe interferire con osservazioni astronomiche ben più importanti di una semplice e inutile opere d’arte. «Ciò che è particolarmente fastidioso di questo satellite, è che è stato progettato per essere brillante e non ha altri scopi. È l’equivalente spaziale di un cartellone pubblicitario al neon proprio fuori dalla finestra della tua camera da letto», ha dichiarato a Gizmodo Jonathan McDowell, astrofisico presso l’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics. Bisogna dire, però, che il problema dell’interferenza visiva vale per tutti i numerosi satelliti che sono già in orbita e considerando la natura temporanea di Orbital Reflector, l’impatto dovrebbe essere poco più che trascurabile. Ma ciò che fa paura agli astronomi è che in molti potrebbero scegliere di seguire la maniera di Paglen, riempiendo l’orbita di satelliti non funzionali. Forse, però, gli astronomi ripongono troppa fiducia nelle capacità economiche e logistiche degli artisti, non è che realizzare un satellite da lanciare in orbita sia una cosa alla portata di tutti.
Sulla questione è intervenuto lo stesso Paglen, che ha puntualmente motivato le sue perplessità sulle critiche. «In che modo Orbital Reflcetor potrebbe interferire con il lavoro dell’astronomo? Voglio dire, stanno veramente facendo osservazioni ottiche al telescopio e sono preoccupati che il satellite si possa muovere nel loro campo visivo? Se la risposta è sì, sarebbe difficile credergli. L’immagine di un astronomo che guarda attraverso un telescopio per motivi scientifici è piuttosto anacronistica e comunque è molto improbabile che l’opera si muova attraverso il campo visivo di un telescopio nel bel mezzo di un’importante osservazione. Del resto, in che modo potrebbe essere più fastidioso di un aereo o di un pallone meteorologico?». A questo punto, continua l’artista, «dovrebbero veramente avere un problema con i satelliti militari, i satelliti per le comunicazioni, i motori di razzi scartati e simili, specialmente quelli militari, le cui orbite non sono nemmeno pubblicate».
In home: Trevor Paglen con un primo prototipo di Orbital Reflector. Courtesy Altman Siegel Gallery e Metro Pictures / Nevada Museum of Art
In alto: Trevor Paglen, Orbital Reflector, rendering. Courtesy Trevor Paglen e Nevada Museum of Art