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Presso la Biblioteca Sormani di Milano, è stata inaugurata la personale dell’artista americano William Grosvenor Congdon, dal titolo “Il gesto dell’Io”, visitabile fino al 23 ottobre, per commemorare il suo lavoro a vent’anni dalla sua scomparsa. L’esposizione, curata da Mario Cancelli, permette allo spettatore di scoprire una collezione inedita di quadri a cui abbiamo accesso grazie a Carlo Rapetti, assistente di studio dell’artista durante gli ultimi anni della sua vita, trascorsi nella bassa milanese.
Congdon entrò in rapporto con il mondo pittorico avvicinandosi alla corrente dell’Action Painting, realizzando le prime mostre durante gli anni ’40, presso la Betty Parsons Gallery. Innumerevoli i viaggi compiuti durante il suo vissuto, distaccandosi dalla corrente degli Espessionisti Astratti e cercando un proprio stile e metodo di sviluppo artistico, che arriverà al suo esordio durante il soggiorno in Italia. Dopo diverse visite a Napoli, Venezia ed Assisi l’artista decise di trasferirsi definitivamente a Gudo Gambaredo, nella Bassa milanese, incontrando il suo assistente, Carlo Rapetti, l’unica persona che potrà entrare nel suo studio, adiacente a un monastero benedettino, e che avrà la capacità di evitare che certi lavori vadano distrutti.
Lo scopo della mostra consiste nel dare una nuova chiave di lettura dell’operato di Congdon, sottolineandone il tratto distintivo laico, diversamente dagli anni precedenti in cui venivano menzionate le sue influenze religiose. I crocifissi che realizza l’artista sono, secondo il curatore, raffigurazione dell’Io in quanto identificazione del corpo e dello spirito.
Le opere esposte si sviluppano lungo lo scalone monumentale della biblioteca milanese, si parte dalla sala d’ingresso per poi proseguire lungo la gradinata d’onore, in cui protagonisti sono i lavori eseguiti nella bassa milanese, rappresentazioni di campi incontaminati, per concludersi all’ultimo piano, con l’opera più emblematica dell’esposizione, Estate 19, in cui viene presentato il culmine del suo lavoro e lo sviluppo del suo essere artista. A coronare la narrazione sono stati affiancati documenti originali di proprietà di Congdon, una raccolta di fotografie e lettere autentiche, diari e alcuni attrezzi del mestiere prodigati da The William G. Congdon Foundation.
Non casuale la scelta dello spazio in cui è esposta la mostra, non un luogo consacrato ma un posto comune e laico, cioè una biblioteca, sosta per avvicinarsi al sapere e alla conoscenza accessibile a chiunque. Il risultato è una retrospettiva in chiave del tutto rivista della ricerca di Congdon che, a vent’anni dalla sua morte, merita di essere ricordato e riscoperto. (Gaia Tonani)