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Il mito del Rodeo invade Magazzini Fotografici di Napoli con Nick Tauro Jr. Il fotografo americano, che già in passato ha analizzato aspetti del folclore, questa volta si è soffermato su una delle icone americane più emblematiche: il “Cowboy”.
Il Rodeo è nato verso la fine dell’Ottocento, come attività per mettere in mostra il bestiame in vendita e, con il passare del tempo, si è trasformato in un vero e proprio sport tradizionale, ponte con un passato lontano ma non dimenticato. Gli anni non hanno fatto evolvere questa attività come sport ma, come tradizione, è rimasta radicata al punto da convincere Tauro a dedicarsi per anni a questo progetto fotografico. Frange, cappelli, cinture, cavalli, vestiti di scena contornano il Cowboy, questa figura simbolo di mascolinità che si mette a confronto con l’animale.
Balle di fieno riempiono la sala principale dei Magazzini, invitando in una totale immersione in una delle più antiche tradizioni americane. Tutto è rafforzato dalla scelta della curatrice Roberta Fuorvia di effettuare grandi stampe su carta pacco, il cui colore avana richiama quello della terra e dei ranch.
Tauro, che proviene dalla città, ha deciso di dedicarsi con curiosità a questo mondo a lui estraneo, attirato dall’idea di poter esplorare questa realtà in modo vivo, entrando pienamente nella situazione. La particolarità che si evince dalle fotografie è la totale naturalezza di questi uomini, profondamente immersi nel loro momento, così che il fotografo ha la possibilità di muoversi indisturbato nel dietro le quinte dello show. Il cowboy «è come se cambiasse quasi fisicità durante questi eventi», racconta Tauro affascinato, mentre descrive il backstage delle serate.
Durante la preparazione, questi uomini con uno sguardo totalmente assorto si bendano braccia e mani con delle fasce ma, negli scatti, sono i loro occhi sono ciò che più colpiscono. Carichi di malinconia e solitudine, mostrano una fragilità mista alla determinazione, i dubbi, la paura e l’autoconvinzione che si celano dietro all’apparenza di un mito. (Michela Sellitto)