-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Ma proprio ieri, la giovane artista Beraha ha avuto una brutta sorpresa: un giovane studente ventiduenne che frequenta la biblioteca se l’è preso con la targa installata dall’artista all’ingresso del museo: “Vietato l’ingresso agli ebrei e agli omosessuali”, il cui titolo effettivo è Io non posso entrare (autoritratto).
Parte della mostra “Non sarai mai solo”, la targa è stata oscurata da una passata di spray nero.
Peccato che al gesto abbia assistito la stessa Tognon e che anche l’artista sia arrivata poco dopo sul luogo.
Le spiegazioni del ragazzo? Livorno non è pronta per capire cosa ci sia dietro a questo messaggio.
Strano che arrivi, da uno studente universitario che aveva con sé Il sentiero dei nidi di ragno di Calvino, pagine ispirate dalla Resistenza Partigiana, la necessità di censurare quello che già si pone come un messaggio discriminatorio installato proprio all’ingresso dell’istituzione per far riflettere sui razzismi di ieri e oggi.
“Scrivo convintamente, oggi ancor più che ieri, che sono orgogliosa che Ruth Beraha sia entrata nel Museo di Livorno e abbia voluto costruire un progetto espositivo site specific. Ruth ha scelto di lasciare la sua opera, la targa, nella sua condizione attuale, annerita e quindi censurata”, ha letto ieri Tognon, durante la presentazione. Potere dell’arte, nel muovere coscienza. Mentre le opinioni sul “lasciatela così”, “no ripulitela”, “paghi il ragazzo”, “paghi il museo”, infuriano.