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04
giugno 2010
fino al 19.IX.2010 Che cosa sono le nuvole? Bolzano, Museion
trento bolzano
Una collezione multiforme, come le nuvole. Una collezione che dà spazio all’immaginazione, e afferra il reale e il pubblico. E la vita vera balza fuori dalla quarta parete...
L’intimità svelata di una collezione privata. Una
storia d’amore, come quella inscenata in Che cosa sono le nuvole?, cortometraggio di Pier Paolo Pasolini.
Non a caso il varco alle opere della collezione di
Enea Righi, “il Casanova dei collezionisti”, è aperto da una performance dell’artista Jiri Kovanda. Un atto d’amore offerto al pubblico, infrangendo la
quarta parete per far entrare la vita nell’arte. Baciare attraverso il vetro
gli spettatori è un’esperienza forte e intima, calata nell’alibi di non vivere
una situazione reale, perché in fondo si tratta solo di arte. Ancora di Kovanda
è la rosa che sbuca da un pannello bianco, concedendo al tempo di passare
attraverso i suoi petali, contrapposta a un anello simbolo del perenne.
Ma Quanto so’ belle, quanto so’ belle le nuvole raffigurate nei dodici dipinti di Schinwald, solito nell’intervenire sul passato con un atto
straniante. Si tratta qui di opere acquistate da un rigattiere, ma tra di esse
se ne cela una sua, senza nome, irriconoscibile, ponendo in dubbio il metodo
dell’attribuzione.
Gli innumerevoli occhi di Punishment exercise di Douglas Gordon seguono l’ascesa del pubblico, accompagnandolo al
piano successivo. Immagini identiche di diverse dimensioni; una presenza quasi
ossessiva, che viola lo spazio dello spettatore, intrufolandosi come attraverso
una ferita. E, come le nuvole, questa collezione assume diverse forme e
sembianze, tentando di afferrare la vita.
A volte tali forme possono turbare con la loro
ambiguità, far riflettere con la loro inconsistenza, far sognare… I giochi di
luce di Miroslaw Balka sono una
poesia sulla fragilità e l’inconcludenza. Dischi di luce che si muovono
cercando di centrare anelli posti a simboleggiare canestri, l’illusione che
resta confinata al mondo ideale, senza mai realizzarsi, come la palla di gomma
sgonfia che giace a terra. In Martha Rosler la vita, invece, entra attraverso le ferite dei suoi
collage. Fotografie di interni, il design simbolo della vita borghese degli
anni ’70, contraddette dal rimosso: le crude immagini della guerra del Vietnam.
Nedko Solakov svela le sue intime paure al pubblico attraverso 99 disegni, ombre
nere come il colore della paura del buio, accompagnati da “storie” come questa:
“Mum, I’m really scared working at night, it’s so dark”. Ma non si tratta sempre di racconti: a volte
compaiono scritte alla sommità di una porta o su una parete, non facilmente
riconoscibili, instaurando quasi un gioco con lo spettatore.
Protagoniste indiscusse della collezione sono le
donne, artiste che hanno cercato la verità all’interno, nel rapporto con la
vita. Artiste del corpo, che fa sentire la sua presenza negandosi, come nel
letto di pane di Jana Sterbak o
nell’impronta lasciata bruciare del corpo di Ana Mendieta. Il turbamento sfuma in una conclusione coloratissima
con i bottari di Kimsooja: fagotti variopinti realizzati con vestiti avvolti
dai tipici copriletto coreani, finestra aperta sul mondo del lavoro femminile e
dell’artigianato.
Una collezione che, come le nuvole, può assumere tante
diverse forme. Aprendosi sempre alla vita.
storia d’amore, come quella inscenata in Che cosa sono le nuvole?, cortometraggio di Pier Paolo Pasolini.
Non a caso il varco alle opere della collezione di
Enea Righi, “il Casanova dei collezionisti”, è aperto da una performance dell’artista Jiri Kovanda. Un atto d’amore offerto al pubblico, infrangendo la
quarta parete per far entrare la vita nell’arte. Baciare attraverso il vetro
gli spettatori è un’esperienza forte e intima, calata nell’alibi di non vivere
una situazione reale, perché in fondo si tratta solo di arte. Ancora di Kovanda
è la rosa che sbuca da un pannello bianco, concedendo al tempo di passare
attraverso i suoi petali, contrapposta a un anello simbolo del perenne.
Ma Quanto so’ belle, quanto so’ belle le nuvole raffigurate nei dodici dipinti di Schinwald, solito nell’intervenire sul passato con un atto
straniante. Si tratta qui di opere acquistate da un rigattiere, ma tra di esse
se ne cela una sua, senza nome, irriconoscibile, ponendo in dubbio il metodo
dell’attribuzione.
Gli innumerevoli occhi di Punishment exercise di Douglas Gordon seguono l’ascesa del pubblico, accompagnandolo al
piano successivo. Immagini identiche di diverse dimensioni; una presenza quasi
ossessiva, che viola lo spazio dello spettatore, intrufolandosi come attraverso
una ferita. E, come le nuvole, questa collezione assume diverse forme e
sembianze, tentando di afferrare la vita.
A volte tali forme possono turbare con la loro
ambiguità, far riflettere con la loro inconsistenza, far sognare… I giochi di
luce di Miroslaw Balka sono una
poesia sulla fragilità e l’inconcludenza. Dischi di luce che si muovono
cercando di centrare anelli posti a simboleggiare canestri, l’illusione che
resta confinata al mondo ideale, senza mai realizzarsi, come la palla di gomma
sgonfia che giace a terra. In Martha Rosler la vita, invece, entra attraverso le ferite dei suoi
collage. Fotografie di interni, il design simbolo della vita borghese degli
anni ’70, contraddette dal rimosso: le crude immagini della guerra del Vietnam.
Nedko Solakov svela le sue intime paure al pubblico attraverso 99 disegni, ombre
nere come il colore della paura del buio, accompagnati da “storie” come questa:
“Mum, I’m really scared working at night, it’s so dark”. Ma non si tratta sempre di racconti: a volte
compaiono scritte alla sommità di una porta o su una parete, non facilmente
riconoscibili, instaurando quasi un gioco con lo spettatore.
Protagoniste indiscusse della collezione sono le
donne, artiste che hanno cercato la verità all’interno, nel rapporto con la
vita. Artiste del corpo, che fa sentire la sua presenza negandosi, come nel
letto di pane di Jana Sterbak o
nell’impronta lasciata bruciare del corpo di Ana Mendieta. Il turbamento sfuma in una conclusione coloratissima
con i bottari di Kimsooja: fagotti variopinti realizzati con vestiti avvolti
dai tipici copriletto coreani, finestra aperta sul mondo del lavoro femminile e
dell’artigianato.
Una collezione che, come le nuvole, può assumere tante
diverse forme. Aprendosi sempre alla vita.
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dal 20 marzo al 19 settembre 2010
Che cosa sono le nuvole? Opere dalla Collezione Enea
Righi
a cura di Éric Mézil e Letizia Ragaglia
Museion
Via Dante, 6 – 39100 Bolzano
Orario: da martedì a domenica ore 10-18; giovedì ore 10-22
Ingresso: intero € 6; ridotto €
3.50
Catalogo disponibile
Info: tel. +39 0471312448; fax +39 0471223412; info@museion.it; www.museion.it
[exibart]
la mostra è molto bella ma la recensione è dozzinale… Come si fa a scrivere: “Una collezione che, come le nuvole, può assumere tante diverse forme. Aprendosi sempre alla vita.”