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resoconto Netmage 07
Musica
Zoom-in sul documentario, affondo sull’immagine di repertorio in epoca contemporanea. Un festival imprendibile, difficile da raccontare anche se basato su percorsi narrativi. Tre giorni di sperimentazione, picchi di follia creativa e un bilancio tra riuscito e non...
di redazione
L’immagine rallenta quest’anno a Netmage, subisce una purificazione, attraversa un filtro ad altissima risoluzione. I frame scorrono uno dopo l’altro secondo diversi cliché, si susseguono (a mo’ di diapositive), s’intrecciano mescolandosi. O, ancora, scivolano in un continuum da piano sequenza.
Lo schermo sembra fermarsi (insieme al tempo), mentre le evocative diapo di Aki Onda rincorrono una lentezza ormai messa alla berlina nei luoghi dove si pratica il live media. È il sound di Ambarchi e Licht però, che avvinghiando l’ascoltatore, permette di non dimenticare l’intero intervento.
Carlos Casas sfrutta l’effetto novità, tipico nel documentarismo d’assalto o di natura, esplorando paesaggi siberiani mai raggiunti da una telecamera. Nell’uso del mezzo, invece, è ravvisabile un’inclinazione registica, viste le sapienti alternanze di panoramiche, ingrandimenti di dettagli e piani privilegiati (americano, primo e primissimo) sugli esigui protagonisti dell’opera. Sebastian Escofet (l’autore della colonna sonora live) accompagna con gran cura l’operazione visuale, acuendo i tanto rari, quanto azzeccati, momenti di tensione.
Senza distaccarci notevolmente da questo modus operandi contempliamo la descrizione, tramite testo visivo, nel reportage sulle vie della Santa Muerte di Opificio Ciclope. Qui l’intenzione narrativa viene soprafatta dalla forza iconica dei fotogrammi, carichi, questi ultimi, di un non sottovalutabile impatto emotivo. Anche in questo caso il sonoro non è un optional, anzi. Prodotto su misura da Egle Sommacal, si rivela parte integrante della riflessione proposta.
John Duncan e Leif Elgreen si adoperano per produrre un sentire nuovo. “Sentire./ Che cosa?/La voce verrà/Non hai il controllo”. Queste sono alcune delle parole spese per introdurre la performance, che pur accogliendo i doverosi applausi alla carriera, lascia il sapore amaro del capolavoro mancato.
Di parole se n’erano spese (mea culpa), e tante anche, a favore della poli-accessoriata mise en scene targata Montanari-Ghezzi, per il settore italiano, e Lynch-Badalamenti-Trentemoller in quello straniero, per un full di re che prometteva meraviglie. Il risultato, purtroppo, costringe il recensore a fare marcia indietro e ad ammettere che ancora una volta l’entusiasmo per il dire è separato da non trascurabili quantità d’acqua dal più dimesso e retrodatato fare.
È dai più giovani che arrivano le sorprese. Da un lato Studio Brutus/Citrullo Int./Taxonomy, che non essendo veterani di palchi e creazioni live, riflettono quella freschezza, più volte cercata nei maestri, e raggiunta con l’accuratezza del lavoro visivo e sonoro. Interessante soprattutto il punto di vista scelto per il loro viaggio all’interno della biologia, sempre più piccolo, sempre più dettagliato. Non va poi dimenticata anche la coppia che ha assicurato quest’anno al Festival un’immagine coordinata di grande appeal estetico: .::invernomuto::. e Moira Ricci. L’indagine sul passato rimosso di una famiglia, ancora invischiata nelle credenze e nella superstizione, affascina per la cura riposta nello svolgimento di un rito e inquieta per la suspence delle mancate spiegazioni.
Ma rivolgiamo uno sguardo a nord. Nonostante The Intensity Police Are Working My Last Gay Nerve sia un progetto esteticamente retrò, come si dice, è riuscito a catturare buona parte del pubblico di Netmage, abituato al live media e introdotto quest’anno, non senza difficoltà, al live-cinema. Questo progetto, nato dalla collaborazione di Charles Atlas, veterano rispettatissimo della video e della performing art, con Chris Peck, musicista sperimentale e poliedrico che spazia con disinvoltura dal field recording al noise, riesce a toccare e connettere tra loro un’infinità di temi storici, politici, artistici. E lo fa attraverso la performance intesa alla maniera degli anni Settanta, cioè come momento rituale ma anche ordinario, un po’ sovraccarico, annoiato dalla forma eppure formalmente vivo. Chris Peck utilizza una chitarra elettrica alle cui corde è legato un cavallino-giocattolo che ogni tanto nitrisce e continuamente galoppa, creando, a contatto con i pick up, un suono sconnesso e massimalista, a tratti fastidioso, ma straordinariamente adatto alll’altro frastuono prodotto in retina dalle immagini che si scavalcano veloci. In una continua narrazione a più livelli creata con un gusto per le forme, i colori e il mondo archetipico davvero impeccabile. Peccato -in questo caso- la proiezione a specchio su due schermi, non adatta e un po’ ridondante.
Details è l’ultima performance audiovisiva di Netmage 07, dopo la quale Palazzo Re Enzo si trasforma, passando attraverso il pastiche sonoro del messicano Roberto Mendoza, in una gigantesca sala da ballo un po’ rococò inondata dalle casse dritte e tonde dei dj Glimpse e Robert Babicz, presentati dal Cassero. E la chiusura avviene in modo assolutamente degno. Details è una performance immersiva e intelligente costruita sull’esplorazione paesaggistica delle fotografie di Armin Linke, isolandone particolari e scorci come in una planata dall’alto controllata via software. Le immagini scelte sono bellissime e rappresentative della ricerca del fotografo e filmmaker milanese, rivelando in un tempo indefinito magnificamente fissato da lunghi fasci sonici, la frattura tra natura e storia, essere umano e ambiente. Carl Michael von Hausswolff, d’altra parte, si è dedicato in questo progetto ad una sonorizzazione semplice ed efficace fatta di piani sonori caratterizzati dal permanere di un unico tono di riferimento sulle rispettive armoniche. Questi piani sonori estremamente statici e illusori si susseguono uno dopo l’altro a diverse altezze, scorrendo insieme alle immagini e ricordando a tratti il rumore di una pellicola che si riavvolge. Il risultato è molto interessante e stimola un viaggio cerebrale dalle tonalità fredde e dalle atmosfere estatiche e conturbanti.
Il live-cinema Monstrous Little Women, di Kjersti Sundland e Anne Bang-Steinsvik è ispirato al libro di Barbara Creeds Monstrous Feminine: una ricognizione attraverso i risvolti oscuri del principio femminino. Una miscela di tagli cinematografici operati sui più famosi film horror di tutti i tempi, pilotati in tempo reale via software. Avanti e indietro, in multiproiezione e con tanto di audio originale, diluito (pochissimo) dalla musica di Syklubb fra Haelvete, album-collaborazione tra il gruppo noise Fe-mail, e gli anarco-improvvisatori spunk.
La performance è lenta e molto ben architettata nella ricerca di momenti audiovisivi autonomi; si svolge al limite del silenzio e del fruscio per i venti minuti a disposizione con momenti di vero fracasso come nel caso di Poltergeist, dove i piatti e bicchieri che si frantumano contro le pareti possedute -amplificati e moltiplicati- creano un panico acustico spiazzante e sperimentale.
Sarebbe troppo facile, infine, liquidare Uh! dei Kinkaleri, progetto-commissione della sezione performativa di Netmage, a cura di Silvia Fanti, come un’occasione mancata, o per lo meno come un progetto non riuscito. Se il bando di partecipazione! prevedeva il reclutamento in loco di 10 figure, per l’esattezza “10 corpi, uomini e donne, disposti ad assecondare una profonda regressione verso delle impronte espressive primitive”, nelle diverse repliche, che si sono avvicendate durante le giornate del festival, ad attraversare gli spazi di Palazzo Re Enzo sono state solo due o quattro figure, alcune già note alla scena Kinkaleri. Così come ad essere smentita è stata la durata prevista di 2 ore.
Uh! di fatto nasce come un fase di ricerca che il “raggruppamento di formati e mezzi in bilico nel tentativo”, sta avviando intorno al nuovo lavoro previsto per il 2008. Allora forse è più importante domandarsi cosa nella ricerca innesca la dinamica del fallimento, che posto occupa l’efficacia, che scarto c’è tra una progettualità che si annuncia come momento intermedio e la sua realizzabilità in termini di aspettativa. Con Uh! si assiste ad un’emersione ora volatile, ora permeata da un violenza protratta nella durata scandita da sequenze suono-luce, della grammatica gestuale e compositiva più propria dei Kinkaleri, senza nessuna caduta ammiccante nell’autocitazione. Le presenze, le traiettorie, i volti coperti da semplici maglie tirate sul viso, pose ferine, animali, lupi, estetiche da danze peyotle, sonorità di film di fantascienza anni ’80, goffaggine, rincorse ed emulazioni, propongono una combinazione di elementi luce-suono-corpi dentro ambienti dotati, di volta in volta, di una specifica densità, di un preciso colore sonoro. Il nero cede il passo alle diverse intensità della luce attraverso l’utilizzo dei colori primari (rosso, verde, blu), orchestrati segni di una regressione ad una semplice estetica patologica.
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link correlati
www.kjerstisundland.com
www.femailmusic.com
www.intermittentmusic.com
www.arminlinke.com
www.elgaland-vargaland.org
a cura di piersandra di matteo, alessandro massobrio e claudio musso
Netmage 2007 – VII edizione
Dal 25 gennaio al 27gennaio 2007
Bologna sedi varie – Palazzo Re Enzo – Piazza Nettuno
Cinema Lumière – Via Azzo Gardino 65/b
ArteFiera – Art Cafè (Hall 19) – Piazza Costituzione
info@netmage.it – www.netmage.it
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