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In una rubrica che si è fatta spazio di visioni ai margini, non poteva mancare un focus su NEST, festival che si svolgerà a Torino dal 3 al 6 novembre.
NESXT è la sintesi di tre parole: net, next, e nest, ovvero rete, futuro e casa. Tre parole per descrivere l’identità di un progetto che è insieme piattaforma reale e virtuale di connessione tra realtà indipendenti. A Torino in occasione della settimana ContemporaryART inaugura una delle sue tante appendici, ovvero NEST, il festival che metterà in mostra venti spazi indipendenti, selezionati tramite call pubblica da un comitato scientifico composto da Olga Gambari, Lorenzo Balbi, Pietro Gaglianò, Andrea Lacarpia, Roberta Pagani, Giangavino Pazzola e Marco Scotini. Mettere in scena uno spazio nello spazio? Festival, fiera, evento? Cerchiamo di capire meglio cosa vedremo nella città sabauda.
NEST sarà «un’esposizione temporanea di progettualità all’interno di in una scena corale», così presenta la sua creatura Olga Gambari, storica dell’arte, curatrice e giornalista da tempo ormai impegnata sulla scena del no-profit torinese (fino allo scorso anno era stata responsabile della fiera di arte emergente The Others). Ed allora iniziamo dal luogo, la sede del Festival sarà Q35 in via Quittengo, «una piccola traversina di via Bologna situata in un’ex zona industriale, dove vi sono architetture di vario genere costruite dagli anni Trenta in poi». La zona è il punto di raccordo di quattro quartieri, ha una anima produttiva ed è un crocevia di esperienze, oltre ad essere un melting pot di culture e nazionalità. Come accade sempre più spesso in queste aree urbane dall’anima ibrida la creatività non ha tardato ad attecchire e così da un paio di anni l’intera zona è stata rivitalizzata da studi d’arte e design oltre che da locali alternativi ai soliti Murazzi.
«Quando mi è venuta in mente l’idea di realizzare questo Festival in realtà ero alla ricerca di una casa che potesse accogliere i vari progetti, poi per una serie di casualità mi sono ritrovata davanti a questo edificio diviso in quattro corpi ognuno dei quali caratterizzato da un’architettura differente, ed allora ho pensato che sarebbe stato perfetto per NEST». Tre corpi utilizzati e uno ancora in stato di abbandono che affacciano su un grande cortile centrale. «Il primo corpo ed il più grande è occupato dai progetti vincitori della call; ognuno di loro ha scelto come declinare il proprio progetto, c’è chi occuperà l’area con opere di artisti c’è chi invece ha deciso di mettere in mostra la processualità legata al proprio modo di intendere lo spazio indipendente. Per ognuna delle realtà vincitrici è stata considerata anche la capacità comunicativa, la predisposizione a narrarsi e raccontarsi di fronte al pubblico. Nel secondo corpo, invece ci saranno otto studio che presentano altrettanti progetti legati alla grafica d’arte. Quest’anno abbiamo scelto così di concentrarci sull’oggetto artistico prima che diventi oggetto d’editoria quindi in mostra ci saranno tavole, disegni, progetti, insomma tutto quello che sottende lo stadio finale di una pubblicazione. Il terzo corpo, un padiglione con una grande vetrata, sarà dedicato invece al live: Francesca Arri curerà il progetto Bodyteller e ci saranno diversi momenti di scambio e di incontro con performance, talk, musica per poi infine domenica 6 accogliere una sezione del Forum dell’Arte Contemporanea».
Ma il Festival, come dicevamo all’inizio, è una delle tante appendici di un progetto più ampio che si propone di divenire un osservatorio permanente, punto di raccolta e analisi di informazioni provenienti da un’esplorazione della scena indipendente a 360°. «NEXST è infatti un nome ma non un’immagine – continua Olga Gambari – perché il suo obiettivo principale è la creazione di una rete di collaborazioni che vadano oltre il momento espositivo, tanto è vero che abbiamo chiesto ad ogni realtà presente di creare nel corso dell’anno una libera collaborazione nella modalità e nei tempi che più ritengono appropriati con almeno una delle altre realtà inviate al Festival».
Quello di Olga Gambari è indubbiamente uno occhio “inglobatore” che guarda alle pratiche come agli artisti ed agli spazi che questi occupano con curiosità e spirito critico. Quando le chiedo se potrebbe definire NEST come una fiera, lei precisa «della fiera mi piace l’idea – forse più vecchia rispetto a quella contemporanea- che sia legata al popolare, un po’ come nella canzone di Branduardi, ma non ritrovo in quello che facciamo alcuno scopo prettamente commerciale che è invece primario nelle fiere d’arte contemporanea. Mi interessa più lavorare su un’esposizione corale in cui ci siano differenti possibilità di declinazione dell’oggetto». Ancora, quando le chiedo se vi è un fil rouge che lega le diverse esperienze che animeranno il Festival non ha dubbi: «Questi spazi nascono con una ragione sociale molto forte in un momento di crisi trasversale. Non c’è alcun trauma da risolvere o rivendicazione da perpetrare verso qualcuno o qualcosa. Non c’è una base ideologica o un modello predefinito a cui aderire, ma piuttosto tanta voglia di trovare dei luoghi, occupare anche degli anfratti, per esprimersi liberamente. Queste realtà hanno una componente imprenditoriale molto forte se così la vogliamo chiamare, ovvero una capacità organizzativa a tutto tondo. Vogliono avere la loro visibilità e mettere in pratica delle azioni adoperabili anche in altri spazi».
Se il Festival ha inizio il 3 novembre, dal 27 ottobre si è animato il circuito off di NEST: mostre ed eventi in oltre venti spazi della città e due collaborazioni internazionali con Istanbul e Marsiglia. Rimandiamo al sito di NEXST per gli attori coinvolti in questo caleidoscopico palcoscenico di esperienze, visioni e attività che sicuramente renderanno ancor più movimentata una settimana che non avrà nulla da invidiare a quella romana da poco conclusa.
http://www.nesxt.org/festival/
Serena Carbone