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Ospite presso la galleria Apteka Sztuki di Varsavia, da oggi fino al 24 maggio, il progetto “Fluid Memories”, personale di Marco Angelini co-curata da Katarzyna Haber e Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci, realizzato in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia. Città questa omaggiata, nei “multimediali” lavori dell’artista, dallo specchiato titolo di uno di essi, Warsaw addicted – ironico manifesto tra ludici aeroplanini di carta, candido volo su tela – così come dall’iconografia del gallo, animale simbolo della cultura popolare polacca. Reso, questo, da coloratissime sagome stilizzate, su fasce di carta gialla o verde, arricchite da fiori simil-kashmir, poste ora sotto reticoli ortogonali, ora a inframmezzare, quali radiazioni, documenti topografici, in un effetto tra la dissolvenza incrociata e la slot machine.
Gioco e con-fusione mediale, a ben vedere due chiavi di lettura dei lavori di Angelini, portano l’artista ad apporre sul quadro spine elettriche quali novelli reperti di un’archeologia industriale fake, integrati nell’opera grazie al “tradizionale” rivestimento pittorico. Operazione questa d’ironia neodada, così come il diretto “gettare” su tela gli ingredienti della pittura stessa: foglia oro e pigmenti che, nel ristagno acquitrinoso di reagenti chimici, vanno a configurarsi quali estetiche pozze inquinate, talora solidificatesi in microcretti burriani, che comunque nulla tolgono all’apparenza sempre fluida che contraddistingue la marca Angelini.
Ironia che diventa psuedo-tautologia e sfacciata burla semiotica in Illuminated brain, la gialla noce encefalomorfa che, come la Merda d’artista, si auspica contenga effettivamente il sostanzioso gheriglio/materia grigia.
E ancora, nella diversificazione stilistica, tele in cui si scindono, come in una mitosi cellulare, forme circolari biomorfe che sguisciano sulla superficie pittorica, ora indipendenti ora comunicanti, come gli individui della società liquida in cui viviamo. (Eliana Urbano Raimondi)