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LA NUOVA VITA DELLA VENARIA
Progetti e iniziative
Dopo una straordinaria opera di recupero durata 8 anni, che segue 2 secoli di utilizzo improprio e abbandono totale dell’area, i Giardini de La Venaria Reale rinascono. E affascinano come fossero appena realizzati. Ad arricchire l’ambiente naturale ci sono quattordici installazioni di Giuseppe Penone…
Se l’epoca del museo, inteso come luogo di una rigida conservazione del passato, stesse volgendo al termine, si potrebbe scorgere nel restauro della Venaria Reale, gioiello barocco voluto da Carlo Emanuele II di Savoia nel 1659 e giunto a noi dopo due secoli di “abbandono”, un buon esempio del nuovo modo d’intendere il rapporto tra il passato e il presente di una cultura, quella italiana, che si può arginare in epoche e stili ma non deve ridursi a semplice cimelio. Recuperare la storia facendola dialogare con il presente è quanto vogliono ottenere le amministrazioni e le istituzioni culturali piemontesi che, grazie ad una volontà politica trasversale, in solo otto anni hanno saputo far fruttare 200milioni di finanziamenti.
Il “restauro” rappresenta oggi il più imponente recupero culturale d’Europa e conferma Torino nel ruolo di capitale italiana della cultura contemporanea. A dimostrarlo, per ora, è Il giardino delle sculture fluide (2003–2007), progettato da Giuseppe Penone, artstar che vive un anno felix tra la Reggia e la Biennale di Venezia, anche in questo caso invitato da Ida Giannelli, direttrice del Castello di Rivoli e curatrice del Padiglione Italia alla Biennale.
Nel Parco Basso della Reggia, il protagonista dell’Arte Povera presenta una personale interpretazione del giardino barocco all’italiana, attraverso quattordici grandi installazioni. “L’idea del giardino che ho messo in opera”, spiega Penone “esprime una scultura di linfe e di fluidi: tutto segue la forma e lo sviluppo del fluido nello spazio e sottolinea che anche il visitatore è un fluido tra i fluidi, anch’esso elemento dell’insieme”. Il tema della fontana è ripensato nell’opera Disegno d’acqua, uno specchio d’acqua su cui appare un’impronta digitale disegnata da bolle d’aria risalenti dal fondo, il tutto incorniciato da lastroni di marmo nero ve nato da bolle che “imitano” quelle più eteree dell’acqua. Poco distante, Pelle di marmo, quattrocento metri quadrati di lastre di marmo bianco di Carrara, riflette la luce verso il corpo della Reggia con una scultura, Anatomia, che evoca il fluire degli elementi naturali. Il percorso segue le suddivisioni in ampi riquadri del giardino all’italiana, disegnato da Amedeo di Castellamonte. In essi, la summa della poetica di Penone, che da sempre “mima” forme naturali semplici (dalla foglia, alla pietra di fiume, dalle pareti interne del cervello a lembi di pelle), ripropone il tema prediletto dell’albero in diverse installazioni. Direzione verso la luce è la copia bronzea di un grande tronco di cedro alto una decina di metri e sezionato longitudinalmente, al cui interno vive un autentico albero in attesa che il tempo lo porti a congiungersi con la corteccia bronzea; Direzione verso il centro della terra è ancora un enorme tronco bronzeo puntato verso il centro della terra e svettante nel panorama dei Giardini come un totem affettivamente connotato dal clima che lo sovrasta. Esultante nei giorni di sole, presago in quelli di pioggia. Al suo interno si trova la ciminiera che sfiata i vapori delle enormi caldaie e delle centrali di controllo sottostanti quell’area dei Giardini: ottantamila metri quadrati che separano gli 11 milioni di litri d’acqua della Peschiera, dove sono attese prossime installazioni di Giulio Paolini, dal muro decorato secentesco. Questo muro, insieme al Tempio di Diana, alla Fontana d’Ercole e alle grotte, rappresenta una delle tante scoperte inattese dell’originario progetto disegnato da Amedeo di Castellamonte per Carlo Emanuele II, prima che Vittorio Amedeo II trasformasse il piccolo Ducato sabaudo in un Regno di rango europeo, ispirato all’assolutismo di Luigi XIV e alla Versailles per lui progettata da Andrè Le Notre. Questo evento mutò l’arte dei giardini, non più composti secondo ambiti conclusi da scenografiche architetture come nella tradizione italiana, ma secondo una rigida geometria che proietta all’infinito le prospettive che si aprono dalle architetture verso il paesaggio circostante. Vittorio Amedeo II trovò nella grandiosità del linguaggio codificato a Versailles e nella straordinaria capacità interpretativa di Filippo Juvarra lo strumento per affermare lo status raggiunto dal Re piemontese e dalla sua dinastia. Di questo periodo, sintetizzato nella formula di Re Sole “lo Stato sono io”, poco è rimasto dopo la distruzione sopraggiunta con la campagna napoleonica e con la nuova destinazione a caserma voluta dalla Restaurazione e destinata a durare due secoli. Nel 1998 il sito era coperto da una fitta boscaglia e i giochi d’acqua, le elaborate architetture, le sculture e le piante erano un’eco lontana. Le strutture militari avevano cancellato l’imponente composizione, ma alcune fotografie aeree hanno svelato di recente la presenza del disegno dei giardini sotto uno spesso strato di humus che li ha celati e conservati per secoli.
Strappati all’oblio e con un atto lungimirante e autenticamente moderno, il comitato dei restauri coordinato da Mirella Macera e Alberto Vanelli ha scelto di evitare la ricostruzione in copia del preesistente per tentare di far vivere autenticamente la Venaria Reale nel proprio tempo, ricostruendo il contesto storico tramite gli elementi caratterizzanti più importanti, senza dimenticare che anche le distruzioni, le perdite e le ricostruzioni fanno parte dell’identità dei luoghi. L’impegno primario ha coinvolto 50 cantieri, 100 progettisti, altrettanti esperti tecnici e scientifici e 800 lavoratori, ed è volto a restituire la “visione d’insieme” del disegno sei-settecentesco, quale documento per la storia del giardino italiano, di cui il disegno di Castellamonte rappresenta la più importante testimonianza dell’elaborazione da parte del barocco italiano del giardino “alla francese”. La Reggia, ripopolata da 40.000 nuove piantumazioni e presto sede di uno dei centri per la Conservazione e Restauro più grandi del mondo, è una delle migliori dimostrazioni di come i moderni, ammaliati dalla magnificenza della prospettiva, pensarono il connubio tra natura e cultura, attraverso verticalizzanti geometrie pensate per essere ammirate da ciascuna finestra del complesso architettonico. Una polifonia di vie in fuga “verso l’infinito”, come recita il titolo offerto a questo principio di restauro che, insieme a quello del Castello di Rivoli e altre ex caserme già residenze Sabaude restituite a noi e alla storia, aspirano a divenire, come dicono qui, la versione italiana dei Castelli della Loira.
Il futuro prossimo riserva altre imprese per questa versione moderna di Giardini “reali”, nel quale il nuovo corpo sociale, sovrano e committente della democrazia può specchiarsi, mettendo in scena i propri valori attraverso opere d’arte e pensieri di artisti appartenuti alle avanguardie e divenuti “profeti” in un mon do in cui la natura si rivela fragile figlia dell’uomo e l’arte diviene sempre più “cosa mentale”.
Malgrado l’incertezza sulla destinazione d’uso degli spazi della Reggia, da fugarsi nell’inaugurazione di settembre prossimo, ma solo dopo un’imponente mostra temporanea sui Savoia, la Venarla Reale scopre il proprio ruolo moderno di spazio sociale, estetico e pedagogico. Come sostiene l’Assessore alla Cultura della Regione Piemonte, Gianni Oliva, “questo luogo che un tempo fu gioia e piacere per pochi aristocratici, oggi viene restituito ai cittadini per la loro gioia e il loro piacere”. Il costo per l’ingresso è simbolico. In margine, ma non marginali, le decine d’iniziative culturali, ricreative, spettacolari e educative che ospitate nei Giardini questa estate. Frutto maturo della sinergia fra amministratori locali, grandi istituzioni e associazioni culturali di Torino. Il programma si trova sul sito internet. Da non perdere, in autunno, la grande mostra sui Savoia, con oltre 400 opere provenienti dai maggiori musei d’arte del mondo, e il progetto Ripopolare la Reggia di Peter Greenaway nei panni di coreografo degli spazi e delle storie della Reggia.
nicola davide angerame
Giardini della Reggia di Venaria, ingresso da viale Carlo Emanuele II – Venaria Reale (Torino)
dal 10 giugno 2007: da martedì a domenica, ore 10 – 20. Chiuso il lunedì
Biglietto giornaliero (Feriali): Intero: 2 euro; Ridotto: 1 euro (over 65 anni, under 21 anni, Scuole elementari, medie e superiori con min. 10 studenti accompagnati da 1 docente, Gruppi di min. 15 persone); Gratuito fino ai 12 anni con accompagnatore adulto
Biglietto giornaliero (Festivi): Intero: 4 euro; Ridotto: 3 euro (over 65 anni, under 21 anni, Gruppi di min. 15 persone); Ridotto per Scuole elementari, medie e superiori con min. 10 studenti accompagnati da 1 docente: 2 euro; Gratuito fino ai 12 anni con accompagnatore adulto
Bus dedicati da Torino per i Giardini della Reggia (dal 10 giugno): Numero Verde GTT 800 019152
Per informazioni, biglietti e prenotazioni:
www.lavenariareale.it – Numero Verde 800 329 329
InfoPiemonte, piazza Castello 165 – Torino
Ingresso dei Giardini, viale Carlo Emanuele II – Venaria Reale
[exibart]