17 aprile 2007

fino al 16.V.2007 Filippo La Vaccara Milano, The Flat

 
Sculture e tele in bilico. Tra il vuoto e il pieno, il comico e il tragico, il gioco e l’omicidio, la stasi e la rottura. Tra la vertigine e la sua paura. Tra l’intercapedine e l’impuntura...

di

Il corpo isola dal vuoto. La carne, i tessuti, le ossa, le membra, ogni organo è parte di una resistenza lucida e silenziosa. Un recinto foderato di chimiche, pulsioni, ritmi e gabbie. Una muraglia attiva che vive dentro di sé per non confondersi mai, mai con il proprio immediato al-di-fuori. Una macchina omeostatica morbida, un meccanismo che trita, riduce e trasforma tutto quel che le passa attraverso. In entrambi i sensi di marcia.
E a volte è lo spazio a far gocciare nel corpo il vuoto vitale, una bolla che esplode e poi risucchia. Altre volte invece è il tempo che deposita quel-che-non-c’è vicinissimo, lontano e poi nuovamente vicino. Facendo della pelle umana un filtro incrostato di rughe e capelli bianchi. È su questo baratro in bilico che si sviluppa l’ultima personale milanese di Filippo La Vaccara (Catania, 1972). Negli spazi di The Flat, ogni stanza della casa-galleria accoglie i lavori dell’artista siciliano con un tocco particolarmente riconoscibile. Le sculture e i dipinti esposti sono accomunati dal balzo dell’assurdo, di poco al di sopra dell’Umano che dà loro vita. Avere, allora, intorno mura domestiche restituisce maggiore carica al tono paradossale che ognuna delle composizioni porta su di sé.
Il gruppo di sculture mette alla prova la capacità manuale e immaginativa di chi le osserva. La Vaccara crea delle reti che formano la struttura tridimensionale sulla quale poi impasta il materiale di rivestimento. L’idea figurativa, in questo processo, non è mai un pezzo scisso e secondario, ma rimane invischiata fin dentro l’oggetto concluso. L’artista infatti dopo aver plasmato il reticolato, lo riveste con una pellicola materica simile alla cartapesta. In realtà la mescola è un composto di giornali, acqua, colla da parati e gesso che viene poi resa ancora più resistente da minuscole parti di addensanti come sabbia, cenere oppure Filippo La Vaccara, Senza titolo (Capsized), 2006, filo e rete metallici, carta, segatura, sabbia, pittura acrilica, 68x123x52 cm, courtesy The Flat - M. Carasi segatura. Per finire, viene distribuito uno strato di colla da parati che conferisce lucentezza al colore e mantiene una fitta compattezza esterna, proteggendo il vuoto rimasto dentro. Perché per l’artista il corpo è un contenitore di aria. Il contenuto lo rappresenta la scena stessa, conferendo l’atto tragico e comico del personaggio in sé. Ogni scultura, nella propria leggerezza porta, materialmente, grazie al vuoto che ha dentro, la propria caricatura. Dall’esterno si vede un orsetto acefalo che tiene la testa decapitata su un vassoio. O ancora, una garçonne a carponi sorretta dai riccioli rossi dei capelli. Eppure il visibile è solo la nervatura conferita dall’artista, una ragnatela per opporre resistenza alla forza di gravità, alla violenza di un mondo-che-fa-scomparire. Un mondo che cancella, come nei dipinti su tavola e tela esposti in galleria. Delle finestre che ricordano illustrazioni fumettistiche. Retaggi di corpi lasciati all’aria che li rarefa, li risucchia e poi regala all’umano la capacità che l’umano non conosce. La fuga dal reale.

ginevra bria
mostra visitata il 27 marzo 2007


dal 27 marzo al 16 maggio 2007
Filippo La Vaccara – Capsized!/Capovolgersi (osservatori lasciati alla deriva di un equivoco)
The Flat – Massimo Carasi, Via Eugenio Vaina 2 – 20122 Milano
Zona Porta Romana – Orari d’apertura: martedì – sabato: 15.30-19.30, festivi su appuntamento – ingresso libero – Per info: tel.02.58313809, fax 02.58313809 web www.carasi.itcarasi-massimo@libero.it


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