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04
marzo 2008
fino al 24.III.2008 Wilhelm von Gloeden Milano, Palazzo della Ragione
milano
Il Sud, una regione mitica dove Olimpo e Arcadia coesistono alle pendici dell’Etna. E giovani fanciulli sorridono nella Natura. Forse sono dèi. Forse sono al contempo uomini umili trasfigurati...
Taormina, 1878. Un giovane nobile tedesco arriva, come altri suoi coetanei e connazionali, in una delle tappe privilegiate del Grand Tour. A spingerlo alle estreme propaggini meridionali del nostro Paese, però, non è il desiderio di cultura e svago tipico della classe abbiente del tempo, ma una salute malferma e precaria che necessita di un clima mite e carezzevole. Di un sole che scalda e acceca.
Taormina sarà la casa di Wilhelm von Gloeden (Schloss Volkshagen, 1856 – Taormina, 1931) fino alla sua morte. Qui, un po’ per diletto, un po’ per guadagnarsi da vivere, il barone amante della pittura eppure pessimo pittore inizia a dedicarsi all’arte sua “ancella”, alla fotografia. A creare quelle “cartoline”, quelle scene di genere tanto in voga allora tra i viaggiatori, come ricordi di luoghi visitati e non vissuti. Si vede spesso l’Etna sullo sfondo, le campagne coltivate, il mare e il suo orizzonte, qualche arbusto e qualche ulivo. La macchia mediterranea, insomma.
Si è anche occupato di “cronaca”, a dire il vero, il barone. Talvolta, raramente. È incredibile il suo racconto del terremoto di Messina del 1908. Sono immagini molto pulite, dirette, che fortunatamente non lasciano spazio al bozzettismo. Descrivono esattamente la catastrofe che è stata.
Ma von Gloeden è innanzitutto altro. Le fotografie che hanno reso celebre il barone non sono le scene di genere, non sono i paesaggi e neppure la cronaca. Wilhelm von Gloeden è entrato nei libri di storia dell’arte per i suoi nudi maschili. Come spesso accade, ha fatto scandalo e storia allo stesso tempo.
La sua sensibilità estetica e le sue inclinazioni sessuali hanno contribuito alla scelta dei soggetti e alla composizione delle immagini, sempre artificiosamente costruite. Ragazze giovani, ma soprattutto ragazzi incontrati per le strade e per le campagne di Taormina e assoldati per un pomeriggio per fingere di essere i discendenti di qualche mito greco o i rappresentanti di un’Arcadia ancora possibile. I corpi rispondono ai dettami della Grecia classica. Policleto non è passato invano. I vestiti, quando ci sono, sono drappi.
Colonne corinzie, anfore o altri oggetti eventuali, che riportano a un passato spesso indefinito, decorano la scena. Eppure sono i giovani a rendere grandi le fotografie di von Gloeden, tableaux vivants sullo sfondo del paesaggio di Taormina. Giovani dei che nonostante le pose e le ambientazioni rimangono essenzialmente quello che sono: agricoltori, pastori, contadini, povera gente. Unghie sporche, denti rotti, capelli spettinati. Gente forte, viva, sorridente.
Von Gloeden mette in scena il racconto di un mondo lontano, talvolta esotico, talvolta fantastico, ma ciò che appare innanzitutto osservando le sue immagini è una sensualità ancora estremamente vitale, fresca, libera. Che poi queste fotografie, a distanza di un secolo, corrano ancora il rischio di passar sotto censura, è un problema nostro. Non loro.
Taormina sarà la casa di Wilhelm von Gloeden (Schloss Volkshagen, 1856 – Taormina, 1931) fino alla sua morte. Qui, un po’ per diletto, un po’ per guadagnarsi da vivere, il barone amante della pittura eppure pessimo pittore inizia a dedicarsi all’arte sua “ancella”, alla fotografia. A creare quelle “cartoline”, quelle scene di genere tanto in voga allora tra i viaggiatori, come ricordi di luoghi visitati e non vissuti. Si vede spesso l’Etna sullo sfondo, le campagne coltivate, il mare e il suo orizzonte, qualche arbusto e qualche ulivo. La macchia mediterranea, insomma.
Si è anche occupato di “cronaca”, a dire il vero, il barone. Talvolta, raramente. È incredibile il suo racconto del terremoto di Messina del 1908. Sono immagini molto pulite, dirette, che fortunatamente non lasciano spazio al bozzettismo. Descrivono esattamente la catastrofe che è stata.
Ma von Gloeden è innanzitutto altro. Le fotografie che hanno reso celebre il barone non sono le scene di genere, non sono i paesaggi e neppure la cronaca. Wilhelm von Gloeden è entrato nei libri di storia dell’arte per i suoi nudi maschili. Come spesso accade, ha fatto scandalo e storia allo stesso tempo.
La sua sensibilità estetica e le sue inclinazioni sessuali hanno contribuito alla scelta dei soggetti e alla composizione delle immagini, sempre artificiosamente costruite. Ragazze giovani, ma soprattutto ragazzi incontrati per le strade e per le campagne di Taormina e assoldati per un pomeriggio per fingere di essere i discendenti di qualche mito greco o i rappresentanti di un’Arcadia ancora possibile. I corpi rispondono ai dettami della Grecia classica. Policleto non è passato invano. I vestiti, quando ci sono, sono drappi.
Colonne corinzie, anfore o altri oggetti eventuali, che riportano a un passato spesso indefinito, decorano la scena. Eppure sono i giovani a rendere grandi le fotografie di von Gloeden, tableaux vivants sullo sfondo del paesaggio di Taormina. Giovani dei che nonostante le pose e le ambientazioni rimangono essenzialmente quello che sono: agricoltori, pastori, contadini, povera gente. Unghie sporche, denti rotti, capelli spettinati. Gente forte, viva, sorridente.
Von Gloeden mette in scena il racconto di un mondo lontano, talvolta esotico, talvolta fantastico, ma ciò che appare innanzitutto osservando le sue immagini è una sensualità ancora estremamente vitale, fresca, libera. Che poi queste fotografie, a distanza di un secolo, corrano ancora il rischio di passar sotto censura, è un problema nostro. Non loro.
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Wilhelm von Gloeden – Fotografie, nudi, paesaggi, scene di genere
a cura di Italo Zannier
Palazzo della Ragione
Piazza Dei Mercanti (zona Duomo) – 20123 Milano
Orario: lunedì ore 14.30–19.30; da martedì a domenica ore 9.30–19.30; giovedì ore 9.30–22.30
Ingresso: intero € 7; ridotto € 5
Catalogo Alinari
Info: tel. +39 0552395207
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