02 maggio 2008

fino al 10.V.2008 Sergio Scabar Roma, LipanjePuntin

 
Silenzio. Immagini sussurrate. Panorami poco leggibili. Oggetti come apparizioni. Una tecnica artigianale permette a Scabar di dar vita a singolari lavori fotografici, corredati da cornice. E la luce tace...

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La fotografia è etimologicamente “scrittura con la luce”. La stessa luce che dalle opere di Sergio Scabar (Ronchi dei Legionari, 1946) sembra essere sparita. Tace, per riprendere il titolo della mostra e di tutte le opere: Silenzio di luce, appunto. La manipolazione dell’elemento luminoso, la gestione diretta e “manuale” del procedimento di stampa divengono parte integrante di un modus operandi sperimentale tipico del fotografo friulano.
Bisogna accostarsi ai singoli lavori per scoprire i soggetti rappresentati, immersi in un buio basato sulla scala dei grigi. Uno sforzo di decifrazione richiesto dall’autore stesso e che costringe lo spettatore a una vicinanza fisica con l’opera, sempre di dimensioni ridotte. La tecnica di Scabar consiste nell’utilizzo di particolari acidi in fase di stampa, un procedimento “chimico-alchemico” che riduce al minimo i contrasti. L’imprevedibilità del risultato, il ruolo del caso fa di questi lavori dei pezzi unici, assimilabili a piccoli dipinti realizzati con una tavolozza scura.
Gli oggetti e i paesaggi emergono così dalla penombra, acquistando un tono cupo e ambiguo. Il frame è raccolto in cornici artigianali realizzate dall’autore e dipinte di nero; ogni brano fotografico trova quindi il proprio spessore, la propria forma, la propria inclinazione. Il contorno si fa coronamento del lavoro, richiamando, in taluni casi, le fattezze di un monitor.
Sergio Scabar - Silenzio di luce - 2006 - stampa alchemica ai sali d’argento - cm 18,5x40 - courtesy LipanjePuntin artecontemporanea
Tutto ciò aiuta a vedere le fotografie come oggetti, un tutt’uno di immagine e supporto. I soggetti scelti si caratterizzano invece per una disposizione meticolosa e teatrale, che rivela una componente staged molto marcata. Gli oggetti ritratti trovano ambientazioni insolite, come il libro aperto su un prato o lo specchio situato a metà strada di un sentiero sconosciuto.
Aleggia un senso di sospensione, lo stesso che traspare dalle riprese paesaggistiche dei dintorni di Gorizia, con trame di rami e specchi d’acqua che sembrano dipinti, e dalle vedute del centro storico di Trieste. La presenza umana è assente, sembra essersi congedata in silenzio, come la luce. Al suo posto, file di bottiglie ordinate su uno scaffale si mostrano nella loro diversità, come nelle opere pittoriche di Giorgio Morandi.
Il tutto per raccontare come l’ordinario possa tingersi di mistero, di sfumature ambigue, grazie alla semplice operazione del “togliere”, come sottolinea Guido Cecere. Una poetica di privazioni che, a partire dal colore, procede fino a raggiungere il nocciolo, con l’intento di svelarne la ricchezza intrinseca.
Sergio Scabar - Silenzio di luce - 2006 - stampa alchemica ai sali d’argento - cm 25,5x33,5 - courtesy LipanjePuntin artecontemporanea
Immagini “sussurrate” costringono ad appropriarsi della realtà raffigurata lentamente, mentre lo sguardo indugia sull’armonia compositiva e l’umore si fa catturare da una vena di malinconia. Con il silenzio della luce che diventa silenzio degli oggetti e di tutta la realtà circostante.

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mostra visitata il 9 aprile 2008


dal 27 marzo al 10 maggio 2008
Sergio Scabar – Silenzio di luce
a cura di Marco Puntin
Galleria LipanjePuntin
Via di Montoro, 10 (zona campo de’ Fiori) – 00186 Roma
Orario: dal martedì al sabato 12-20 o su appuntamento
Ingresso libero
Info: +39 0668307780; fax +39 0668216758; roma@lipuarte.it; www.lipanjepuntin.com

[exibart]

3 Commenti

  1. “la gestione diretta e “manuale” del procedimento di stampa”… questo non l’avevo letto.
    Vabbè che ormai si usa il digitale, ma come definizione di stampa tradizionale in camera oscura mi pare un pelo eccessiva.
    E qualche sviluppo morbido fatto in casa, magari a base di metolo o di altre formule variate non è che sia proprio alchimia Lipanje: si chiama ignoranza (vostra, dell’artista, o più probabilmente di chi scrive).
    Ma voi davvero pensate di poter prendere in giro la gente? Credete che davvero tutti non conoscano la fotografia come voi?

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