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14
novembre 2008
fino al 6.I.2009 Bill Viola Roma, Palazzo delle Esposizioni
roma
Un viaggio spirituale nell’oscurità e in silenzio. Teatralità dei soggetti, tempi rallentati, dilatati o invertiti. Spazi onirici, luci soffuse e suoni alterati. Un mondo invisibile di stati emotivi complessi. In una delle mostre imprescindibili della stagione...
Una particolare problematica metafisica, dove i misteri non devono essere decifrati ma piuttosto sperimentati e vissuti, domina tutta la mostra che Bill Viola (New York, 1951; vive in California) presenta al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Un viaggio profondamente spirituale, creato per chi è alla ricerca di se stesso, in cui lo spettatore rimane profondamente colpito, coinvolto e trascinato in una miriade di emozioni che non sa come reggere logicamente. Il risultato appare in perfetta sintonia con il Ku – il silenzio totale – della filosofia zen, inteso come condizione originaria della natura umana.
La struttura rituale del percorso crea un progressivo distacco, sia dalla conoscenza sensibile sia da quella razionale, che costringe a inoltrarsi verso un’altra realtà. Un mondo ignoto, in cui la stabilità percettiva è continuamente in bilico fra la certezza di ciò che si vede e la titubanza di ciò che si sente, oltre le parole, le spiegazioni o le istruzioni. Così, nella totalità dei lavori esposti – quindici installazioni multisensoriali, che ricostruiscono la produzione dell’artista dal 1995 a oggi, dunque tutti nella ‘seconda fase’ della sua carriera -, la sua abituale sofisticazione tecnica e l’essenzialità formale creano un’atmosfera straniante, incognita, animata ulteriormente da un allestimento ineccepibile.
La mostra, volutamente segmentata in due grandi proposte concettuali (una prima decisamente rituale e una seconda più meticolosa nell’analisi delle emozioni), risulta a ogni modo dominata da una sensibilità intensamente contemplativa. Nella prima sezione, le diverse stanze segnano gli intervalli di un itinerario in cui la quotidiana celerità della vita sociale è soppiantata da una lacerante solitudine, lontana da qualunque cognizione temporale. Isolati in una rasserenante oscurità, la fragilità, la paura o il dubbio non possono fermare la naturale progressione verso l’ignoto.
Un’attrazione istintiva verso un viaggio ascetico la cui origine è segnata da The Crossing, l’annientamento del corpo, vacuo e inutile, provocato dal fuoco e dall’acqua, elementi primordiali rigenerativi. Seguono, tra diversi lavori, Emergence, morte e risurrezione, Catherine’s Room, la visione extracorporea della propria vita, e poi Departing Angel o The Veiling come passaggi indispensabili per raggiungere l’estasi assoluta.
Nella seconda parte della mostra, invece, la spiritualità diviene più emotiva, terrena e soprattutto umana. Rivisitazioni storiche in The Greeting insieme a lavori come Silent Mountain o The Locked Garden, dove stati emotivi complessi vengono attirati alla luce della percezione cosciente. Gioia, solitudine, collera, pena, comunicazioni fraintese o tormenti esistenziali devono essere trascurati, dimenticati, per guardare serenamente oltre i propri limiti e varcare la soglia che conduce a una più profonda intimità, sia laica o religiosa. Vengono così interpellati, rivalutati e compendiati l’eterno ritorno nietzscheano, l’esistenza ciclica buddista, il sufismo islamico e il misticismo cristiano, Meister Eckhart in primis.
Un percorso in cui la teatralità dei personaggi, i tempi estremamente rallentati, dilatati o invertiti, gli spazi onirici, le luci soffuse e i suoni alterati stimolano continuamente la percezione sensoriale e l’intelletto, provocando uno stato di estasi contemplativa e un profondo distacco materiale. Per trovare la calma che si nasconde nella parte più intima della nostra anima.
La struttura rituale del percorso crea un progressivo distacco, sia dalla conoscenza sensibile sia da quella razionale, che costringe a inoltrarsi verso un’altra realtà. Un mondo ignoto, in cui la stabilità percettiva è continuamente in bilico fra la certezza di ciò che si vede e la titubanza di ciò che si sente, oltre le parole, le spiegazioni o le istruzioni. Così, nella totalità dei lavori esposti – quindici installazioni multisensoriali, che ricostruiscono la produzione dell’artista dal 1995 a oggi, dunque tutti nella ‘seconda fase’ della sua carriera -, la sua abituale sofisticazione tecnica e l’essenzialità formale creano un’atmosfera straniante, incognita, animata ulteriormente da un allestimento ineccepibile.
La mostra, volutamente segmentata in due grandi proposte concettuali (una prima decisamente rituale e una seconda più meticolosa nell’analisi delle emozioni), risulta a ogni modo dominata da una sensibilità intensamente contemplativa. Nella prima sezione, le diverse stanze segnano gli intervalli di un itinerario in cui la quotidiana celerità della vita sociale è soppiantata da una lacerante solitudine, lontana da qualunque cognizione temporale. Isolati in una rasserenante oscurità, la fragilità, la paura o il dubbio non possono fermare la naturale progressione verso l’ignoto.
Un’attrazione istintiva verso un viaggio ascetico la cui origine è segnata da The Crossing, l’annientamento del corpo, vacuo e inutile, provocato dal fuoco e dall’acqua, elementi primordiali rigenerativi. Seguono, tra diversi lavori, Emergence, morte e risurrezione, Catherine’s Room, la visione extracorporea della propria vita, e poi Departing Angel o The Veiling come passaggi indispensabili per raggiungere l’estasi assoluta.
Nella seconda parte della mostra, invece, la spiritualità diviene più emotiva, terrena e soprattutto umana. Rivisitazioni storiche in The Greeting insieme a lavori come Silent Mountain o The Locked Garden, dove stati emotivi complessi vengono attirati alla luce della percezione cosciente. Gioia, solitudine, collera, pena, comunicazioni fraintese o tormenti esistenziali devono essere trascurati, dimenticati, per guardare serenamente oltre i propri limiti e varcare la soglia che conduce a una più profonda intimità, sia laica o religiosa. Vengono così interpellati, rivalutati e compendiati l’eterno ritorno nietzscheano, l’esistenza ciclica buddista, il sufismo islamico e il misticismo cristiano, Meister Eckhart in primis.
Un percorso in cui la teatralità dei personaggi, i tempi estremamente rallentati, dilatati o invertiti, gli spazi onirici, le luci soffuse e i suoni alterati stimolano continuamente la percezione sensoriale e l’intelletto, provocando uno stato di estasi contemplativa e un profondo distacco materiale. Per trovare la calma che si nasconde nella parte più intima della nostra anima.
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a cura di Kira Perov
Palazzo delle Esposizioni
Via Nazionale, 194 – 00184 Roma
Orario: domenica e da martedì a giovedì ore 10-21; venerdì e sabato ore 10-23.30
Ingresso: intero € 12,50; ridotto € 10
Catalogo Giunti
Info: tel. +39 06489411; fax +39 0668301087; info@palazzoesposizioni.it; www.palazzoesposizioni.it
[exibart]
Caro Bill, fortuna tu.
Più che la mostra mi sono piaciute le parole che ci ha regalato durante la conferenza. Affascinante.