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18
marzo 2009
fino al 24.IV.2008 David Lindberg Roma, Galleria Traghetto
roma
Comincia con il blu, prosegue con il rosso. Ampie pennellate su una lunga striscia di fibra di vetro. E l’installazione diventa happening. I colori si sovrappongono, sfidando la prevedibilità della materia e della gravità...
David Lindberg (Des Moins, 1964; vive ad Amsterdam) sale fino all’ultimo gradino della scala in legno; le mani calzano guanti di gomma. In un recipiente ha mescolato pigmenti di colori primari con un liquido plastico trasparente, che stende con il pennello piatto. Le pennellate coprono entrambi i lati della lunga striscia, che occupa un segmento di spazio ben preciso: quello compreso tra il soffitto e il pavimento della Galleria Traghetto.
Un’operazione analoga avviene anche in occasione dell’inaugurazione allo Studio La Città di Verona, seconda sede della mostra, quasi in contemporanea. It is it…, prima personale romana dell’artista americano, è nata proprio dalla collaudata collaborazione tra le due gallerie.
Il kit artistico prevede vasetti di colore, solventi, vernici, colle, forbici, scotch di carta, dosatori e una serie di pennelli di varie dimensioni. C’è anche una sveglia, perché il tempo è un elemento basilare nel lavoro di Lindberg. Bisogna calcolarne la scansione, rapportandola alla sostanza, affinché si generi l’opera. L’artista si lascia tentare dalla chimica, studiando con curiosità la composizione dei materiali (esperienza che va sperimentando sin da quando, bambino, costruiva modellini), per arrivare a eleggere la resina epossidica – materiale trasparente che dallo stato liquido, coi suoi tempi, si solidifica – come assunto del proprio linguaggio artistico.
L’artista, quindi, come medium tra scienza e arte, esploratore delle potenzialità della materia. È la materia che, del resto – in base alla lezione del Minimalismo americano – determina la forma. Anche l’accidentalità entra in gioco, nella piena consapevolezza dell’artifex, aprendo nuove strade alla rappresentazione proprio attraverso lo sconfinamento di colori e materiali.
La ricerca della tridimensionalità porta inevitabilmente Lindberg ad analizzare lo spazio. In opere come Making room for more, Spreadsheet, How much of what, Something more o Possible effects (tutte del 2008) lo sfondamento della bidimensionalità avviene attraverso gocce aggettanti oppure affioramenti, espansioni, stratificazioni che lasciano sempre intravedere il punto di partenza. Quanto al punto d’arrivo, ogni volta è un interrogativo.
L’aspetto emozionale non ha meno valore dell’analisi scientifica: “Per lo più procedo per accumulazione”, afferma l’artista, “dando forma ai materiali con l’intuizione, correggendo, facendo errori e scoperte. Utilizzo le continue modifiche come riparazioni, aggiustamenti o registrazioni di un cambiamento di pensiero”.
La tridimensionalità associata all’illusione ottica di uno stare dentro e fuori – che si connota con implicazioni percettive e psicologiche -, quindi di un’interazione opera/osservatore, è dichiaratamente presente in due opere del 2006, Redistribution of a moment e Cornflakes. Non è casuale che l’artista affidi il suo messaggio proprio agli specchi, ancora interpretati in un contesto plastico di resina epossidica.
Un’operazione analoga avviene anche in occasione dell’inaugurazione allo Studio La Città di Verona, seconda sede della mostra, quasi in contemporanea. It is it…, prima personale romana dell’artista americano, è nata proprio dalla collaudata collaborazione tra le due gallerie.
Il kit artistico prevede vasetti di colore, solventi, vernici, colle, forbici, scotch di carta, dosatori e una serie di pennelli di varie dimensioni. C’è anche una sveglia, perché il tempo è un elemento basilare nel lavoro di Lindberg. Bisogna calcolarne la scansione, rapportandola alla sostanza, affinché si generi l’opera. L’artista si lascia tentare dalla chimica, studiando con curiosità la composizione dei materiali (esperienza che va sperimentando sin da quando, bambino, costruiva modellini), per arrivare a eleggere la resina epossidica – materiale trasparente che dallo stato liquido, coi suoi tempi, si solidifica – come assunto del proprio linguaggio artistico.
L’artista, quindi, come medium tra scienza e arte, esploratore delle potenzialità della materia. È la materia che, del resto – in base alla lezione del Minimalismo americano – determina la forma. Anche l’accidentalità entra in gioco, nella piena consapevolezza dell’artifex, aprendo nuove strade alla rappresentazione proprio attraverso lo sconfinamento di colori e materiali.
La ricerca della tridimensionalità porta inevitabilmente Lindberg ad analizzare lo spazio. In opere come Making room for more, Spreadsheet, How much of what, Something more o Possible effects (tutte del 2008) lo sfondamento della bidimensionalità avviene attraverso gocce aggettanti oppure affioramenti, espansioni, stratificazioni che lasciano sempre intravedere il punto di partenza. Quanto al punto d’arrivo, ogni volta è un interrogativo.
L’aspetto emozionale non ha meno valore dell’analisi scientifica: “Per lo più procedo per accumulazione”, afferma l’artista, “dando forma ai materiali con l’intuizione, correggendo, facendo errori e scoperte. Utilizzo le continue modifiche come riparazioni, aggiustamenti o registrazioni di un cambiamento di pensiero”.
La tridimensionalità associata all’illusione ottica di uno stare dentro e fuori – che si connota con implicazioni percettive e psicologiche -, quindi di un’interazione opera/osservatore, è dichiaratamente presente in due opere del 2006, Redistribution of a moment e Cornflakes. Non è casuale che l’artista affidi il suo messaggio proprio agli specchi, ancora interpretati in un contesto plastico di resina epossidica.
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Galleria Traghetto
Via Reggio Emilia, 25 (zona Porta Pia) – 00198 Roma
Orario: da martedì a sabato ore 14.30-19.30 o su appuntamento
Ingresso libero
Catalogo con testo di Angela Madesani
Info: tel./fax +39 0644291074; roma@galleriatraghetto.it; www.galleriatraghetto.it
[exibart]