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20
marzo 2009
fino al 17.V.2009 Futurismo Manifesto 100×100 Roma, Macro Future
roma
Il dinamismo, il movimento, il mito della macchina e della velocità. Aspetti fondanti un nuovo modo di approcciare l’arte e la vita. Racchiusi nel Manifesto e nei manifesti degli artisti futuristi...
“Tri tri tri, fru fru fru, ihu ihu ihu, uhi uhi uhi! Il poeta si diverte, pazzamente, smisuratamente! Non lo state a insolentire, lasciatelo divertire poveretto, queste piccole corbellerie sono il suo diletto”. Così scriveva nel 1910 Aldo Palazzeschi, celebrando quell’idea di movimento, di avanguardia e di scomposizione tipica dell’onda futurista.
L’avanguardia letteraria e artistica, lanciata nel 1909 dal Manifesto, compie un secolo e, fra i tanti eventi che in tutta Italia sono stati allestiti per festeggiare il centenario, c’è anche la mostra Futurismo Manifesto 100×100, interamente dedicata al linguaggio e allo stile proprio dei manifesti futuristi.
Pagine e pagine si “concedono” agli occhi dei visitatori, sotto teche di vetro. Si va dal Manifesto del Futurismo redatto da Filippo Tommaso Marinetti e pubblicato sulle pagine del quotidiano francese “Le Figaro” il 20 febbraio del 1920, passando per il Manifesto dei pittori futuristi, il Manifesto dei musicisti futuristi, il Manifesto della Scultura Futurista e il Manifesto dell’Architettura Futurista.
Mentre si attraversano le tre sale che ospitano i vari carteggi, si sentono i rumori e i frastuoni tipici della società industriale, della metropoli, delle auto in corsa e dei treni fumosi che hanno inesorabilmente cambiato il modo di muoversi nello spazio e nel tempo. Il Futurismo, infatti, utilizza la scomposizione per rendere la dimensione temporale, il movimento. La ricerca di quest’avanguardia del Novecento ha uno scopo ben preciso: rappresentare non un istante di movimento, ma il movimento stesso nel suo svolgersi nello spazio e nel suo impatto emozionale. È l’estetica della velocità a farla da padrona, con l’egemonia dell’elemento dinamico, che riprende quello dei treni, degli aeroplani, delle masse multicolori e polifoniche e delle azioni quotidiane. La scrittura stessa è dinamica, senza punteggiatura, senza sosta.
Nel 1916 viene pubblicato il Manifesto della cinematografia futurista, firmato da Marinetti, Corra, Ginna, Balla, Chiti e Settimelli, che sosteneva come il cinema fosse per natura arte futurista, grazie alla mancanza di passato e tradizioni. Un cinema, quello futurista, fatto di “viaggi, cacce e guerre“, all’insegna di uno spettacolo “antigrazioso, deformatore, impressionista, sintetico, dinamico, parolibero“.
Il Manifesto del Futurismo del 1909 fu scritto da Marinetti proprio per fornire una raccolta concisa di pensieri e intenzioni, rivelandosi una violenta esplosione sullo sfondo di un’Italia contadina e analfabeta, ancora alla mercè dei retaggi di una cultura tardo-romantica e ottocentesca. Così si scatena il mito della macchina e del progresso, insieme al disprezzo per la tradizione e per l’accademismo, come nuovi valori alla base del grido futurista. La mostra funge da contenitore/raccoglitore dei fogli originali, in una “full immersion” dinamizzata dall’uso di video-installazioni e di multi-proiezioni che, anche visivamente, portano il fruitore a entrare in stretto contatto con la vera natura del Futurismo. Alcune frasi estratte dai più significativi scritti futuristi e le immagini delle opere e dei protagonisti del movimento arricchiscono il percorso espositivo.
Come ha scritto Bonito Oliva, curatore della mostra, si vuole “massaggiare il muscolo atrofizzato dello spettatore, rendendo questo spazio frantumato, fluido, continuo, fratturato, catastrofico, con l’esposizione dei 100 manifesti originali. Ma questo non basterebbe, sarebbe come esporre 100 feticci, a noi interessa scongelare, vaporizzare le parole contenute nei manifesti e produrre un’estetizzazione espositiva attraverso un percorso che è senz’altro frutto dalla volontà del curatore ma anche della collaborazione degli architetti che hanno sposato questa necessità”.
L’avanguardia letteraria e artistica, lanciata nel 1909 dal Manifesto, compie un secolo e, fra i tanti eventi che in tutta Italia sono stati allestiti per festeggiare il centenario, c’è anche la mostra Futurismo Manifesto 100×100, interamente dedicata al linguaggio e allo stile proprio dei manifesti futuristi.
Pagine e pagine si “concedono” agli occhi dei visitatori, sotto teche di vetro. Si va dal Manifesto del Futurismo redatto da Filippo Tommaso Marinetti e pubblicato sulle pagine del quotidiano francese “Le Figaro” il 20 febbraio del 1920, passando per il Manifesto dei pittori futuristi, il Manifesto dei musicisti futuristi, il Manifesto della Scultura Futurista e il Manifesto dell’Architettura Futurista.
Mentre si attraversano le tre sale che ospitano i vari carteggi, si sentono i rumori e i frastuoni tipici della società industriale, della metropoli, delle auto in corsa e dei treni fumosi che hanno inesorabilmente cambiato il modo di muoversi nello spazio e nel tempo. Il Futurismo, infatti, utilizza la scomposizione per rendere la dimensione temporale, il movimento. La ricerca di quest’avanguardia del Novecento ha uno scopo ben preciso: rappresentare non un istante di movimento, ma il movimento stesso nel suo svolgersi nello spazio e nel suo impatto emozionale. È l’estetica della velocità a farla da padrona, con l’egemonia dell’elemento dinamico, che riprende quello dei treni, degli aeroplani, delle masse multicolori e polifoniche e delle azioni quotidiane. La scrittura stessa è dinamica, senza punteggiatura, senza sosta.
Nel 1916 viene pubblicato il Manifesto della cinematografia futurista, firmato da Marinetti, Corra, Ginna, Balla, Chiti e Settimelli, che sosteneva come il cinema fosse per natura arte futurista, grazie alla mancanza di passato e tradizioni. Un cinema, quello futurista, fatto di “viaggi, cacce e guerre“, all’insegna di uno spettacolo “antigrazioso, deformatore, impressionista, sintetico, dinamico, parolibero“.
Il Manifesto del Futurismo del 1909 fu scritto da Marinetti proprio per fornire una raccolta concisa di pensieri e intenzioni, rivelandosi una violenta esplosione sullo sfondo di un’Italia contadina e analfabeta, ancora alla mercè dei retaggi di una cultura tardo-romantica e ottocentesca. Così si scatena il mito della macchina e del progresso, insieme al disprezzo per la tradizione e per l’accademismo, come nuovi valori alla base del grido futurista. La mostra funge da contenitore/raccoglitore dei fogli originali, in una “full immersion” dinamizzata dall’uso di video-installazioni e di multi-proiezioni che, anche visivamente, portano il fruitore a entrare in stretto contatto con la vera natura del Futurismo. Alcune frasi estratte dai più significativi scritti futuristi e le immagini delle opere e dei protagonisti del movimento arricchiscono il percorso espositivo.
Come ha scritto Bonito Oliva, curatore della mostra, si vuole “massaggiare il muscolo atrofizzato dello spettatore, rendendo questo spazio frantumato, fluido, continuo, fratturato, catastrofico, con l’esposizione dei 100 manifesti originali. Ma questo non basterebbe, sarebbe come esporre 100 feticci, a noi interessa scongelare, vaporizzare le parole contenute nei manifesti e produrre un’estetizzazione espositiva attraverso un percorso che è senz’altro frutto dalla volontà del curatore ma anche della collaborazione degli architetti che hanno sposato questa necessità”.
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Futurismo Manifesto 100×100
a cura di Achille Bonito Oliva
Macro Future – Ex Mattatoio
Piazza Orazio Giustiniani (zona Testaccio) – 00153 Roma
Orario: da martedì a domenica ore 16-24
Ingresso libero
Info: tel. +39 06671070400; macro@comune.roma.it; www.futurismomanifesto.it
[exibart]