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fino al 27.IV.2003 Chinart Roma, Macro al Mattatoio
roma
Un dinosauro di fiberglass e sculture di porcellana. Improbabili modern ladies e visioni inquietanti su tela. E ancora video ed installazioni. Prima mostra – che viene da lontano - di Macro al Mattatoio. Made in China...
Sulla targhetta – appena fuori dalla gabbia – c’è scritto Made in China. Oltre le sbarre, un dinosauro rosso lacca.
Lo diresti un’opera d’arte per caso, questo mostro giocattolo nobilitato dalle dimensioni ragguardevoli (200 x 400 x 240 cm), quasi un ready made. E – se non fosse per la mole, decisamente fuori misura – si potrebbe immaginare che Sui Jianguo (Tsing Tao, 1956) lo abbia prelevato – uno qualsiasi – in mezzo ad una partita di innumerevoli t – rex e stegosauri di plastica. Quelli prodotti in serie e confezionati per il reparto giocattoli di un grande magazzino, abitanti per un parco giurassico molto cheap.
Il bestione di fiberglass – made in china di nome e di fatto lucido e kitsch comme il faut accoglie i visitatori poco dopo l’ingresso dell’ex mattatoio di Testaccio: è una delle opere in mostra all’interno Chinart panoramica dedicata all’orizzonte multiforme dell’arte contemporanea cinese, SuiJianguo è uno dei ventidue artisti protagonisti (quasi tutti nati negli anni ’60), scelti da un nucleo iniziale di trentanove. Perché Chinart, prima avventura espositiva del MACRO nella sua sede decentrata (dopo l’opening festaiolo dell’11 ottobre) arriva, in forma leggermente ridotta, dal Museo Küppersmülhe Sammlung Grothe di Duisburg: questa è la seconda tappa europea.
Il percorso occupa solo uno dei due capannoni, in tutto trentacinque opere per un allestimento che non delude (e ci spiace non poter dire altrettanto delle due personali di Carlo Benvenuto e Christian Jankowski ospitate nelle Sale Panorama del MACRO a via Reggio Emilia) e che – in almeno due casi – sorprende.
Rude, ma di cuore scrive Walter Smerling – che della mostra è curatore con Fan Di’an – a proposito dell’arte cinese e nel saggio che apre il catalogo (un bel catalogo, peccato che quello di Smerling sia l’unico contributo tradotto in italiano, gli altri due testi sono in lingua originale, in tedesco. Forse sarebbe stata opportuna una versione bilingue inglese / tedesco…) ne ripercorre il cammino. Un percorso che è fatto di cambiamenti e di contraddizioni. Perché se è vero che alcuni artisti cinesi partecipano alle Biennali Internazionali ed è innegabile che ci sia un certo interesse nei loro confronti, accade anche che nelle accademie cinesi sia rimasto a lungo in vigore il principio della venerazione del maestro ovvero sarai bravo quando saprai lavorare come lui. Che è una buona approssimazione al plagio autorizzato.
Così quello che si offre agli occhi di chi visita Chinart è un saggio stratificato, non sempre costante, ma da osservare con interesse.
Dalle visioni inquietanti di dipinte da Zhang Linhai (Shangai, 1963), alle foto che irridono gli stereotipi fashion – occidentali di Wang Qingsong (le modern ladies cicciottelle o il caustico Can I cooperate with you?), alle porcellane tipo souvenir, ma molto poco rassicuranti di Liu Jianhua (Ji an, 1962), ai testoni di bambini di Jiang Jie (Peking, 1963)… Al video My sun di Wang Gongxin (Peking, 1960). Dove quel che diremmo misterioso o inspiegabile ha la forma semplice e perfetta di un disco luminoso.
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mariacristina bastante
mostra vista il 14.II.2003
Chinart, a cura di Walter Smerling e Fan Di’an
macro al mattataoio, piazza O. Giustiniani 4 (testaccio), 0667107900, www.comune.roma.it/macro, macro@comune.roma.it, mar_dom 16-24, festività 9-14 ch lun, ingresso cumulativo (con macro via reggio emilia) intero 5,16 euro, ridotto 4,13 euro
[exibart]
belle le opere, peccato per quella cena cinese a inviti ristretti dopo l’inaugurazione, nel capannone accanto alla mostra: una cosa così piccolo borghese, dai…, gli eletti invitati e i reietti fuori…, un idea così poco fine…, e poi non si è mangiato mica così bene! Le cene esclusive, carissime amiche del MACRO. si fanno nei palazzi esclusivi, (a Roma non mancano, basta mettere in mezzo qualche vecchia nobilastra babbiona con la passione per la Cina); non si fanno nei capannoni che fanno tanto centro sociale, il che va benissimo, vuoi mettere, è così “no-global”, ma lì basta pagare la sottoscrizione e magnano tutti…; siamo a Roma tesori, gli imbucati sono il vero polso del successo! Caro Danilo… che vieni da Bologna, voto in bon ton:2; le lanterne rosse dell’arredamento nel capannone poi…, che fanno tanto Piazza Vittorio…; ecco! era un’idea più giusta! là dovevano fare la cena esclusiva, nella Chinatown romana, vuoi mettere…, e poi in regalo glappa cinese a tutti, un bacio carissimi, vi adoro tutti, il vostro Valentino!
e poi basta con queste cene piene di carampane con tutti i ragazzoni e le ragazzine che restano fuori, allora andiamocele a fare all’ospizio, non al MACRO! in mezzo ai vecchi catorci, mentre fuori ferve la movida di Testaccio, ma non la potevamo fare all’Alibi?
una vera cafonata. non ce l’aspettavamo proprio!!!!!!
ah ah ah! 😛