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14
ottobre 2008
fino al 31.X.2008 Mihailo Beli Karanovic Parma, Le Stelle Arte
bologna
Il ritorno del pittore filosofo Karanovic. Con un’installazione di sculture reminiscenti del bestiario umano e quadri di fabbriche metafisiche. Che assumono la forma di nature plastiche immobili e fuori dal tempo...
Il Quartiere del Sole di Belgrado è il peggior progetto architettonico al mondo. Il sole lo vede chi sta ai piani alti, chi sta sotto deve accontentarsi delle finestre del palazzo dirimpetto. E in fin dei conti lo stato di cose non è molto dissimile dalle periferie di certe metropoli italiane che fanno tanto fino.
Mihailo Beli Karanovic (Vrsac, 1980; vive a Milano) rovescia l’iconologia e l’ideologia della fabbrica, creando una specie di menzogna. Il suo lavoro è un tributo a quelli che, presi per sé, sono i più bei progetti architettonici. Ma è anche l’ostensione degli effetti collaterali dell’industrializzazione. Sulle tele di Karanovic queste installazioni urbane assumono la forma di nature plastiche immobili e fuori dal tempo. C’è molto de Chirico e c’è molto Morandi. Il pensiero corre anche a Sironi, ma l’artista serbo capovolge il valore simbolico della fabbrica nel suo opposto: ente inutile, simbolo degli errori del XX secolo che sopravvive nei loft.
È un artista istintivo, estraneo al chiacchiericcio filosofico. Ma infine filosofeggia lui per primo. Non è un intellettuale, ma il senso dei suoi lavori si estende fino alla saggezza. Il mezzo espressivo che assorbe detta virtù passa dalla tecnica mista su tela alla spazzatura. Quadri e sculture. Periferie urbane con fabbriche silenti, paesaggi familiarissimi ma trasfigurati. E piccioni/persone.
Dunque: presentificazione nel presente di un contesto urbano visto con occhi diversi e rappresentazione di tipi umani. Jung parlava di “tipi psicologici”. Karanovic costruisce statue di piccioni che chiama volatori, personaggi ispirati alla quotidianità. Designer, filosofi e zombi che si situano per lo più al livello di noi stessi e ai vari stati di cose del quotidiano.
Sono sculture di spazzatura, corda e ferro, perché la nostra stessa costituzione è di materiale non nobile. È la pedagogia della merde. Il che non significa scimmiottare i misantropi e svilire la condizione umana, ma mostrare l’evidente: la mancanza di una condotta nobile. Cosa che a volte denota situazioni ridicole. Non vi diciamo cosa facciano i piccioni/filosofi di Karanovic. E nemmeno chi rappresentino i suoi piccioni/designer. In compenso, con il compianto Carmelo Bene, vi diciamo che siete tutti degli zombi. Affacciati sul mondo preconizzato dalle Colonne di San Lorenzo colonizzate nel super futuro, scenario che anticipa nel presente l’obbligo della scelta fra bene e male. E le fabbriche ne condividono il valore simbolico.
Verrebbe in mente un Catone censore. Ma nonostante la natura istintiva e non intellettuale dei lavori di Karanovic, non si riesce a non andare per reminiscenza a un Eraclito silente. Senza con ciò stesso volerlo mettere in mezzo ai suoi filosofi.
Mihailo Beli Karanovic (Vrsac, 1980; vive a Milano) rovescia l’iconologia e l’ideologia della fabbrica, creando una specie di menzogna. Il suo lavoro è un tributo a quelli che, presi per sé, sono i più bei progetti architettonici. Ma è anche l’ostensione degli effetti collaterali dell’industrializzazione. Sulle tele di Karanovic queste installazioni urbane assumono la forma di nature plastiche immobili e fuori dal tempo. C’è molto de Chirico e c’è molto Morandi. Il pensiero corre anche a Sironi, ma l’artista serbo capovolge il valore simbolico della fabbrica nel suo opposto: ente inutile, simbolo degli errori del XX secolo che sopravvive nei loft.
È un artista istintivo, estraneo al chiacchiericcio filosofico. Ma infine filosofeggia lui per primo. Non è un intellettuale, ma il senso dei suoi lavori si estende fino alla saggezza. Il mezzo espressivo che assorbe detta virtù passa dalla tecnica mista su tela alla spazzatura. Quadri e sculture. Periferie urbane con fabbriche silenti, paesaggi familiarissimi ma trasfigurati. E piccioni/persone.
Dunque: presentificazione nel presente di un contesto urbano visto con occhi diversi e rappresentazione di tipi umani. Jung parlava di “tipi psicologici”. Karanovic costruisce statue di piccioni che chiama volatori, personaggi ispirati alla quotidianità. Designer, filosofi e zombi che si situano per lo più al livello di noi stessi e ai vari stati di cose del quotidiano.
Sono sculture di spazzatura, corda e ferro, perché la nostra stessa costituzione è di materiale non nobile. È la pedagogia della merde. Il che non significa scimmiottare i misantropi e svilire la condizione umana, ma mostrare l’evidente: la mancanza di una condotta nobile. Cosa che a volte denota situazioni ridicole. Non vi diciamo cosa facciano i piccioni/filosofi di Karanovic. E nemmeno chi rappresentino i suoi piccioni/designer. In compenso, con il compianto Carmelo Bene, vi diciamo che siete tutti degli zombi. Affacciati sul mondo preconizzato dalle Colonne di San Lorenzo colonizzate nel super futuro, scenario che anticipa nel presente l’obbligo della scelta fra bene e male. E le fabbriche ne condividono il valore simbolico.
Verrebbe in mente un Catone censore. Ma nonostante la natura istintiva e non intellettuale dei lavori di Karanovic, non si riesce a non andare per reminiscenza a un Eraclito silente. Senza con ciò stesso volerlo mettere in mezzo ai suoi filosofi.
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a cura di Stefano Castelli
Le Stelle Arte
Vicolo Politi, 5/a – 43100 Parma
Orario: da martedì a sabato ore 11-12.30 e 16-19
Ingresso libero
Catalogo disponibile
Info: tel./fax +39 05211812643; lestelle_arte@fastwebnet.it
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