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24
febbraio 2009
fino al 25.IV.2009 Sci.Art Bologna, Galleria Astuni
bologna
Misteriose macchine “platoniche”, apparecchi fotografici autoreferenziali, diapason attraversati da raggi laser. La scienza incontra l'arte nel nuovo spazio bolognese. Mescolando a sorpresa i codici del bello e del vero...
Il senso comune le vorrebbe in netta contrapposizione, quasi inconciliabili. Arte e scienza: rigorosa, rassicurante, inconfutabile la prima; decisamente aleatoria, soggettiva e intuitiva la seconda. L’arte apparterrebbe dunque al regno dell’incontrollabile, la scienza a quello della verificabilità. Una visione obsoleta, che ha da tempo lasciato il posto a una prospettiva di progressiva e reciproca seduzione. Da circa un secolo, i due campi sperimentano una tensione dialettica che ne avvicina metodi, forme, intuizioni. La scienza s’è aperta al regno del caos e dell’imprevisto, l’arte ha rintracciato corrispondenze sotterranee con i processi che regolano la mente, la natura, la materia.
Matematica, biologia, fisica, astronomia rivelano frequenti relazioni con i criteri estetici di equilibrio, armonia, semplicità, ispirando a loro volta un gran numero di artisti impegnati in stimolanti pratiche di sconfinamento.
La mostra che inaugura i nuovi spazi bolognesi della Galleria Astuni sintetizza quell’approccio creativo al reale che si radica tanto nell’esperienza scientifica quanto in quella specificamente artistica. Freddezza analitica e astrazioni mentali si trasformano quindi in oggetti concreti, capaci di veicolare concetti, visioni, sensazioni.
Così è per la fotografia, che diviene inconsueta tecnica indagativa nelle immagini di Christoph Keller. Distese nel tempo e nello spazio, le sue foto panoramiche raccontano un mondo allungato ed espanso, srotolato su una pellicola “trascinata” dietro il diaframma anziché esposta con un semplice scatto. Ha invece un approccio più oggettuale Steven Pippin, abile costruttore di apparecchi ciechi, destinati ad autoingoiarsi, autofotografarsi, autorifrangersi, negandosi nell’atto ironico della propria impossibilità rappresentativa.
Le macchine analogiche di Attila Csörgö assomigliano a teatrini mobili, in cui si compie una giocosa costruzione di geometrie effimere: strutture in legno, stringhe di cotone, tiranti, motorini elettrici compongono e scompongono solidi platonici, passando ripetutamente dall’ordine al caos.
Sono in qualche modo legate al suono le opere di Nick Laessing, come Elective Affinities, installazione che sfrutta la vibrazione di due diapason per disegnare sul muro un’ellisse in movimento, grazie al raggio laser che intercetta i due strumenti; o come la radio ricevente realizzata insieme ad Athanasios Argianas, prototipo artigianale che richiama il funzionamento delle radio a cristallo di Galena.
È invece la luce al centro dell’opera di Ursula Berlot, una lastra di plexiglas punteggiata di resina che, investita da un fascio luminoso, proietta incantevoli effetti ottici sulla parete. Imponenti e insieme effimere le due sculture tortili di Tobias Putrih, oggetti mentali generati a partire dal disegno di un cerchio progressivamente distorto. Un’architettura dell’errore che prende corpo nella volumetria irregolare del cartone.
Matematica, biologia, fisica, astronomia rivelano frequenti relazioni con i criteri estetici di equilibrio, armonia, semplicità, ispirando a loro volta un gran numero di artisti impegnati in stimolanti pratiche di sconfinamento.
La mostra che inaugura i nuovi spazi bolognesi della Galleria Astuni sintetizza quell’approccio creativo al reale che si radica tanto nell’esperienza scientifica quanto in quella specificamente artistica. Freddezza analitica e astrazioni mentali si trasformano quindi in oggetti concreti, capaci di veicolare concetti, visioni, sensazioni.
Così è per la fotografia, che diviene inconsueta tecnica indagativa nelle immagini di Christoph Keller. Distese nel tempo e nello spazio, le sue foto panoramiche raccontano un mondo allungato ed espanso, srotolato su una pellicola “trascinata” dietro il diaframma anziché esposta con un semplice scatto. Ha invece un approccio più oggettuale Steven Pippin, abile costruttore di apparecchi ciechi, destinati ad autoingoiarsi, autofotografarsi, autorifrangersi, negandosi nell’atto ironico della propria impossibilità rappresentativa.
Le macchine analogiche di Attila Csörgö assomigliano a teatrini mobili, in cui si compie una giocosa costruzione di geometrie effimere: strutture in legno, stringhe di cotone, tiranti, motorini elettrici compongono e scompongono solidi platonici, passando ripetutamente dall’ordine al caos.
Sono in qualche modo legate al suono le opere di Nick Laessing, come Elective Affinities, installazione che sfrutta la vibrazione di due diapason per disegnare sul muro un’ellisse in movimento, grazie al raggio laser che intercetta i due strumenti; o come la radio ricevente realizzata insieme ad Athanasios Argianas, prototipo artigianale che richiama il funzionamento delle radio a cristallo di Galena.
È invece la luce al centro dell’opera di Ursula Berlot, una lastra di plexiglas punteggiata di resina che, investita da un fascio luminoso, proietta incantevoli effetti ottici sulla parete. Imponenti e insieme effimere le due sculture tortili di Tobias Putrih, oggetti mentali generati a partire dal disegno di un cerchio progressivamente distorto. Un’architettura dell’errore che prende corpo nella volumetria irregolare del cartone.
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mostra visitata il 23 gennaio 2009
dal 22 gennaio al 25 aprile 2009
Sci.Art. La scienza dell’arte
a cura di Alessandra Pace
Galleria Astuni
Via Barozzi, 3 – 40126 Bologna
Orario: da martedì a sabato ore 10.30-13 e 16-20; domenica e lunedì su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel. +39 0514211132; fax +39 0514211242; info@galleriaastuni.it; www.galleriaastuni.com
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