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16
dicembre 2009
fino al 20.I.2010 William Kentridge Napoli, Museo di Capodimonte
napoli
Eclettico Kentridge. A spasso per le Strade della città, in compagnia di un Naso e di un cavallo. Disegna, scolpisce, recita. Ma soprattutto si diverte, a ritmo di tessitura...
Arazzi e performance. Due happening espositivi diversi per
due spazi museali, con un risultato unico: l’indagine sull’essere umano alla
ricerca della terra promessa, dai paesi biblici a quelli comunisti, in un mondo
che di reale ha solo l’assurdo.
L’onda emigratoria di William Kentridge (Johannesburg, 1955) è sbarcata
al secondo piano del Museo di Capodimonte, portando nove arazzi oversize e una serie di disegni e sculture
in bronzo, mentre al Madre si è tenuta I am not me, the horse is not mine, lecture-performance di cinquanta
minuti con tanto di standing ovation finale nella sala polivalente interamente
tappezzata di pubblico.
Un altro white cube è stato ricreato a Capodimonte, dove
l’allestimento degli arazzi – di manifattura Goblin, realizzati nel laboratorio
di Marguerite Stephens – ha sbiancato le pareti, aumentato il voltaggio della luce e
smantellato gli arazzi cinquecenteschi che celebrano la vittoria di Carlo V
durante la battaglia di Pavia, donati dal marchese d’Avalos allo Stato italiano
nel 1862.
Terreno di battaglie dinastiche, sopraffazioni e lotte
civiche è il Regno di Napoli rivissuto da Kentridge attraverso la cartografia
prodotta dal XVIII alla metà del XIX secolo, come le tavole di Saint-Non e del
Rizzi Zannoni. Una donna nuda – dai contorni leggeri come un acquerello – è
sovrastata dal Naso, che nega la vista sulla regione campana. Un cavaliere,
sagoma nera di Quijote, cammina trionfante sui brandelli di San Pietroburgo,
mentre il suo Ronzinante passa oltre la Campania Abbruciata nel 1845.
Sono i nuovi protagonisti, le “figure equestri
antieroiche”
di Kentridge, che percorrono la scia delle migrazioni intrapresa in Portage nel 2001. Immagini costruite come
un collage, per elencazione verticale di strati di fogli, cartoncini, ritagli,
nastri e poi, osservate a distanza, appaiono nel loro insieme ancor più
grandiose, più forti nell’essere divenute luoghi di speranze spesso tradite. Il
volto di Marx, trascinato come un brandello utopico ormai lacerato, le ombre
nere in Palestina, terra di conflitti e soprusi, sono tessuti richiamando le
forme di El Lissitzky, artista russo dell’avanguardia, i cui segni grafici ritornano nella
video-scenografia della performance.
Divertente, perché Kentridge gioca col suo doppio, irreale
e più assurdo del Naso che dichiara indipendenza dal suo padrone, l’ispettore
Kovaliov del racconto di Gogol. Una trama a ritroso indaga sull’origine della
storia, ma si sposta in conclusione a un’amara presa di coscienza sulla “tragica
fine dell’avanguardia russa“, mentre l’artista sale e scende da una scaletta.
Si tratta di un rapporto cucito
dal tempo, questo tra William Kentridge e Napoli. Nato dalla collaborazione con
la gallerista Lia Rumma nel 1999, è proseguito con le scenografie del Flauto
magico di Mozart
al Teatro San Carlo nel 2006, e questa presenza in versione tessile e recitata
è un po’ come una prova generale di The Nose, l’opera di Shostakovich, in
attesa della prima a marzo 2010 alla Metropolitan Opera di New York.
due spazi museali, con un risultato unico: l’indagine sull’essere umano alla
ricerca della terra promessa, dai paesi biblici a quelli comunisti, in un mondo
che di reale ha solo l’assurdo.
L’onda emigratoria di William Kentridge (Johannesburg, 1955) è sbarcata
al secondo piano del Museo di Capodimonte, portando nove arazzi oversize e una serie di disegni e sculture
in bronzo, mentre al Madre si è tenuta I am not me, the horse is not mine, lecture-performance di cinquanta
minuti con tanto di standing ovation finale nella sala polivalente interamente
tappezzata di pubblico.
Un altro white cube è stato ricreato a Capodimonte, dove
l’allestimento degli arazzi – di manifattura Goblin, realizzati nel laboratorio
di Marguerite Stephens – ha sbiancato le pareti, aumentato il voltaggio della luce e
smantellato gli arazzi cinquecenteschi che celebrano la vittoria di Carlo V
durante la battaglia di Pavia, donati dal marchese d’Avalos allo Stato italiano
nel 1862.
Terreno di battaglie dinastiche, sopraffazioni e lotte
civiche è il Regno di Napoli rivissuto da Kentridge attraverso la cartografia
prodotta dal XVIII alla metà del XIX secolo, come le tavole di Saint-Non e del
Rizzi Zannoni. Una donna nuda – dai contorni leggeri come un acquerello – è
sovrastata dal Naso, che nega la vista sulla regione campana. Un cavaliere,
sagoma nera di Quijote, cammina trionfante sui brandelli di San Pietroburgo,
mentre il suo Ronzinante passa oltre la Campania Abbruciata nel 1845.
Sono i nuovi protagonisti, le “figure equestri
antieroiche”
di Kentridge, che percorrono la scia delle migrazioni intrapresa in Portage nel 2001. Immagini costruite come
un collage, per elencazione verticale di strati di fogli, cartoncini, ritagli,
nastri e poi, osservate a distanza, appaiono nel loro insieme ancor più
grandiose, più forti nell’essere divenute luoghi di speranze spesso tradite. Il
volto di Marx, trascinato come un brandello utopico ormai lacerato, le ombre
nere in Palestina, terra di conflitti e soprusi, sono tessuti richiamando le
forme di El Lissitzky, artista russo dell’avanguardia, i cui segni grafici ritornano nella
video-scenografia della performance.
Divertente, perché Kentridge gioca col suo doppio, irreale
e più assurdo del Naso che dichiara indipendenza dal suo padrone, l’ispettore
Kovaliov del racconto di Gogol. Una trama a ritroso indaga sull’origine della
storia, ma si sposta in conclusione a un’amara presa di coscienza sulla “tragica
fine dell’avanguardia russa“, mentre l’artista sale e scende da una scaletta.
Si tratta di un rapporto cucito
dal tempo, questo tra William Kentridge e Napoli. Nato dalla collaborazione con
la gallerista Lia Rumma nel 1999, è proseguito con le scenografie del Flauto
magico di Mozart
al Teatro San Carlo nel 2006, e questa presenza in versione tessile e recitata
è un po’ come una prova generale di The Nose, l’opera di Shostakovich, in
attesa della prima a marzo 2010 alla Metropolitan Opera di New York.
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mostra visitata il 14 novembre
2009
dal 14 novembre 2009 al 20 gennaio 2010
William Kentridge – Strade della città (ed altri
arazzi)
Museo di Capodimonte
Via di Miano, 2 – 80131 Napoli
Orario: da giovedì a martedì ore 8.30-19.30
Ingresso: € 7,50
Info: tel. +39 0817499111; fax +39 0812294498; sspm-na@arti.beniculturali.it; www.museo-capodimonte.it
[exibart]