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31
ottobre 2007
fino al 20.I.2008 Shirana Shahbazi London, Barbican
around
Cita i generi della storia dell’arte occidentale, dal ritratto alla natura morta. Così, il (macro)cosmo iperreale di Shirana Shahbazi inonda i novanta metri del Curve. Al Barbican, gigantografie, murales e stampe su tela...
Per la quinta tra le commissioni che il Barbican offre ad artisti contemporanei per lo spazio del Curve, Shirana Shahbazi (Teheran, 1974; vive a Zurigo) propone un repertorio di immagini accattivanti per dimensioni, cromatismo e formalità, insieme semplice e patinata. Per ogni immagine, un genere tradizionale della storia dell’arte: il ritratto, il paesaggio -benché isolato nei suoi elementi: un gruppo d’alberi, un ramo-, la natura morta. E ogni tema è svolto in low e high tech, incorporando dipinto murale, fotografia, stampa su tessuto. L’immediata riconoscibilità delle forme del naturale, entità avulse da un contesto e al tempo stesso interagenti in un’unica istallazione, è resa sospetta dal vago senso di mistero che ne accompagna l’iperrealismo.
La stessa modella appare così ritratta da vari punti di vista, sia in una serie di scatti in bianco e nero che nei murales a colori. Primissimi piani del volto straordinariamente ingigantito, gli occhi continuamente puntati sullo spettatore. Farfalle proposte fotograficamente, su supporto tradizionale e su tessuto, in svariate dimensioni e colori come esemplari sottratti alla bacheca del collezionista.
Si gioca con gli sfondi della stessa orchidea, i colori sgargianti e saturi ne cancellano ogni naturalezza, la stessa immagine è poi riprodotta nel formato di locandina monocromatica, a tappezzare una porzione di muro come manifesti in un sottopassaggio. Col risultato che, più che animare lo spazio, queste immagini reiterate nei loro duplicati non identici lo sospendono in una sorta di atemporalità, di cui esse rappresentano un insieme di varianti cristallizzate. L’effetto spiazzante culmina nella natura morta di dimensioni esasperate, con tanto di grappolo d’uva e teschio, eseguita con colori elementari, al punto da renderla un’auto-enunciazione da cartellone pubblicitario (Io sono una natura morta).
Già nei lavori precedenti -nella serie più prettamente iraniana Goftare Nik (2001) così come nell’installazione per la 50esima Biennale di Venezia, una reinterpretazione del tema dell’Annunciazione- Shirana Shahbazi si era preoccupata di “elevare” le forme della quotidianità, coniugandole in vari modi e scegliendo per esse diversi livelli di sofisticazione. L’immagine fotografata era ricomparsa nel dipinto murale o si era addirittura insediata nei nodi di un tappeto. E, adesso come allora, Shahbazi usufruisce delle tecniche di riproduzione dell’immagine che sono tipiche dell’Iran, collaborando coi pittori di strada, a cui è affidato il compito di tramutare un volto o un tableau di fiori e frutta in scenografia. Così l’immagine diviene icona: deprivata della sua storia e isolata dal contesto, gli viene offerto un passaporto concettuale. Reinserita fra i suoi simili, si offre all’occhio del pubblico. A esso il compito di reintegrarla in una narrativa di proprio piacimento.
La stessa modella appare così ritratta da vari punti di vista, sia in una serie di scatti in bianco e nero che nei murales a colori. Primissimi piani del volto straordinariamente ingigantito, gli occhi continuamente puntati sullo spettatore. Farfalle proposte fotograficamente, su supporto tradizionale e su tessuto, in svariate dimensioni e colori come esemplari sottratti alla bacheca del collezionista.
Si gioca con gli sfondi della stessa orchidea, i colori sgargianti e saturi ne cancellano ogni naturalezza, la stessa immagine è poi riprodotta nel formato di locandina monocromatica, a tappezzare una porzione di muro come manifesti in un sottopassaggio. Col risultato che, più che animare lo spazio, queste immagini reiterate nei loro duplicati non identici lo sospendono in una sorta di atemporalità, di cui esse rappresentano un insieme di varianti cristallizzate. L’effetto spiazzante culmina nella natura morta di dimensioni esasperate, con tanto di grappolo d’uva e teschio, eseguita con colori elementari, al punto da renderla un’auto-enunciazione da cartellone pubblicitario (Io sono una natura morta).
Già nei lavori precedenti -nella serie più prettamente iraniana Goftare Nik (2001) così come nell’installazione per la 50esima Biennale di Venezia, una reinterpretazione del tema dell’Annunciazione- Shirana Shahbazi si era preoccupata di “elevare” le forme della quotidianità, coniugandole in vari modi e scegliendo per esse diversi livelli di sofisticazione. L’immagine fotografata era ricomparsa nel dipinto murale o si era addirittura insediata nei nodi di un tappeto. E, adesso come allora, Shahbazi usufruisce delle tecniche di riproduzione dell’immagine che sono tipiche dell’Iran, collaborando coi pittori di strada, a cui è affidato il compito di tramutare un volto o un tableau di fiori e frutta in scenografia. Così l’immagine diviene icona: deprivata della sua storia e isolata dal contesto, gli viene offerto un passaporto concettuale. Reinserita fra i suoi simili, si offre all’occhio del pubblico. A esso il compito di reintegrarla in una narrativa di proprio piacimento.
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dal 4 ottobre 2007 al 20 gennaio 2008
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Barbican Art Gallery – The Curve
Silk Street – EC2Y 8DS Londonn (UK)
Orario: tutti i giorni ore 11-20; martedì e giovedì chiusura alle ore 18
Ingresso libero
Catalogo JRP|Ringier
Info: tel. +44 02076388891; www.barbican.org.uk
Mostra organizzata con il patrocinio della Fondazione Pro Helvetia e della Fondazione Stanley Thomas Johnson
[exibart]