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14
dicembre 2007
fino al 19.I.2008 Pieter Hugo Roma, Extraspazio
roma
“Ritratto di famiglia in un interno”. Potrebbe essere il titolo di questa mostra. Immagini scattate in una città di frontiera in Sudafrica a nuclei familiari diversi per razza e condizione socio-economica. Attratti dalle miniere di diamanti e dal business della caccia grossa...
È un’Africa lontana dagli stereotipi quella che si scopre attraverso le fotografie di Pieter Hugo (Johannesburg, 1976; vive a Cape Town): niente tramonti “drammatici” né miseria. Le immagini a colori realizzate nel 2006 a Musina, la città più settentrionale del Sudafrica, ritraggono particolari di esterni, individui, famiglie e interni di abitazioni. Musina -Messina fino al 2002, per poi tornare al vecchio nome coloniale- sta attraversando una fase di transizione: città di confine, permeabile al contrabbando, all’immigrazione clandestina e alla prostituzione, è abitata da varia umanità attratta dalle miniere di diamanti e da turisti europei e americani che vi si recano per comprare le munizioni per i safari.
Per Hugo, che appartiene alla comunità afrikaner, Musina è il posto più lontano in cui può andare rimando in Sudafrica, un avamposto dove il fiume Limpopo segna il confine. L’artista ha subìto il fascino della città e vi ha trascorso alcuni mesi, entrando in relazione con gli abitanti, guadagnandone la fiducia: “All’inizio quell’ambiente mi era estraneo”, afferma in un’intervista a Joanna Lehan dell’International Center of Photography di New York, “notavo i particolari: oggetti per la strada, paesaggi, i pozzi delle miniere. Poi con il procedere del lavoro ho iniziato a conoscere le persone che mi invitavano a casa loro, mi portavano in giro per la città e tutto è cambiato”.
Per ritrarre i gruppi famigliari, Hugo si serve di un grande formato, una macchina 4×5, e prepara il set con luci per interni, in quanto la maggior parte delle foto sono state scattate di sera, quando i componenti della famiglia rientrano dal lavoro o dalla scuola e si trovano riuniti e più disponibili. Volutamente, Hugo non è intervenuto nella direzione artistica delle scene che ha fotografato, lasciando liberi i singoli componenti della famiglia di sistemarsi come preferivano e di scegliere nell’abitazione il posto dove farsi ritrarre.
In alcuni di questi scatti, l’arredamento della casa è altrettanto eloquente come le espressioni dei volti delle persone. Interessante notare come risultino evidenti e forti le affinità negli oggetti e nelle immagini appese alle pareti, tra gruppi famigliari diversi per etnia e condizione socio-economica: è come se gli abitanti di Musina subissero una sorta di omologazione, sebbene provenienti da situazioni quanto mai differenti. Non c’è ironia in questi ritratti, anche se viene da sorridere dinanzi ad alcuni di loro, ma c’è piuttosto una sorta di compiacimento da parte dei soggetti nell’essere fotografati, nell’essere stati prescenti dall’artista.
Oltre ad aver viaggiato per tutto il continente africano, Hugo ha lavorato nel 2002 anche in Italia e vi è rimasto per due anni, collaborando con il dipartimento fotografia di Fabrica, che ha promosso il suo progetto di realizzare una serie di ritratti di persone affette da albinismo. Nel 2006 ha vinto il World Press Photo nella categoria ritratti, con un’immagine degli uomini iena nigeriani. Ed è proprio The Hyena and Other Men il titolo della mostra dell’artista che si è aperta in questi giorni alla Yossi Milo Gallery di New York.
Per Hugo, che appartiene alla comunità afrikaner, Musina è il posto più lontano in cui può andare rimando in Sudafrica, un avamposto dove il fiume Limpopo segna il confine. L’artista ha subìto il fascino della città e vi ha trascorso alcuni mesi, entrando in relazione con gli abitanti, guadagnandone la fiducia: “All’inizio quell’ambiente mi era estraneo”, afferma in un’intervista a Joanna Lehan dell’International Center of Photography di New York, “notavo i particolari: oggetti per la strada, paesaggi, i pozzi delle miniere. Poi con il procedere del lavoro ho iniziato a conoscere le persone che mi invitavano a casa loro, mi portavano in giro per la città e tutto è cambiato”.
Per ritrarre i gruppi famigliari, Hugo si serve di un grande formato, una macchina 4×5, e prepara il set con luci per interni, in quanto la maggior parte delle foto sono state scattate di sera, quando i componenti della famiglia rientrano dal lavoro o dalla scuola e si trovano riuniti e più disponibili. Volutamente, Hugo non è intervenuto nella direzione artistica delle scene che ha fotografato, lasciando liberi i singoli componenti della famiglia di sistemarsi come preferivano e di scegliere nell’abitazione il posto dove farsi ritrarre.
In alcuni di questi scatti, l’arredamento della casa è altrettanto eloquente come le espressioni dei volti delle persone. Interessante notare come risultino evidenti e forti le affinità negli oggetti e nelle immagini appese alle pareti, tra gruppi famigliari diversi per etnia e condizione socio-economica: è come se gli abitanti di Musina subissero una sorta di omologazione, sebbene provenienti da situazioni quanto mai differenti. Non c’è ironia in questi ritratti, anche se viene da sorridere dinanzi ad alcuni di loro, ma c’è piuttosto una sorta di compiacimento da parte dei soggetti nell’essere fotografati, nell’essere stati prescenti dall’artista.
Oltre ad aver viaggiato per tutto il continente africano, Hugo ha lavorato nel 2002 anche in Italia e vi è rimasto per due anni, collaborando con il dipartimento fotografia di Fabrica, che ha promosso il suo progetto di realizzare una serie di ritratti di persone affette da albinismo. Nel 2006 ha vinto il World Press Photo nella categoria ritratti, con un’immagine degli uomini iena nigeriani. Ed è proprio The Hyena and Other Men il titolo della mostra dell’artista che si è aperta in questi giorni alla Yossi Milo Gallery di New York.
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Extraspazio
Via di San Francesco di Sales, 16/a (zona Trastevere) – 00165 Roma
Orario: da martedì a sabato ore 15.30-19.30
Ingresso libero
Catalogo Punctum
Info: tel./fax +39 0668210655; info@extraspazio.it; www.extraspazio.it
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