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18
aprile 2008
fino al 6.V.2008 Danilo Correale Napoli, Franco Riccardo
napoli
À rebour. Alla ricerca di un momento chiave. In cui il contesto storico e culturale si trasforma in immagine. Per mettere in discussione l’idea stessa di rappresentazione. Il 1973 come elemento chiave della riflessione dell'artista partenopeo...
Crea instabilità ed equivoci percettivi il lavoro di Danilo Correale (Napoli, 1982), alla sua seconda prova da Franco Riccardo, questa volta nella nuova e più articolata galleria. Spazio complesso, con cui il giovane artista riesce a misurarsi felicemente, occupandolo con specificità e coerenza, in virtù d’una narrazione dispiegata interamente lungo le pareti.
Il cardine cronologico è il ‘73 quando, in seguito al black out dell’approvvigionamento petrolifero, l’Occidente paventò un catastrofico collasso. Questa data è il centro di un enorme wall painting che abbraccia senza soluzione di continuità i primi due ambienti espositivi. Nucleo dal quale si dirama un intrico di bande nere, a mimare un diagramma. Immagini di vette montuose interrompono qui e là lo zigzagare delle linee, imitandone simbolicamente il profilo.
Lo sguardo rimbalza in un back and forth visivo attraverso una serie di scritte-chiavi. Dal picco del geofisico Hubbert, che previde il crollo energetico, passando per la guerra del Kippur, suo motivo scatenante, fino a giungere all’inevitabile cancellazione della 24 ore di Daytona. Appiglio temporale, cause storiche ed effetti culturali s’intrecciano stemperando il loro valore circoscritto e diventano via via simboli d’una più generica riflessione: il determinarsi dell’immaginario iconografico riconosciuto da una collettività che in esso trova il suo senso d’appartenenza.
Questo step si chiarifica nella stanza successiva. Foderata di advertising recuperati da brochure per appassionati di muscle car americane. Un’estesa community di nostalgici che a malincuore dovette dire Goodbye my darling alle nerborute fuoriserie dagl’ingranaggi troppo avidi di oro nero. Su questa singolare carta da parati, disegni a matita e acquerelli bloccano nelle cornici un inventario iridato di auto d’epoca, dando vita, attraverso un medium poetico e delicato, a un caleidoscopio di quattro ruote ormai fuori produzione. A seguito della crisi petrolifera, infatti, i potenti motori V8 furono sostituiti con i più mansueti V10, come spiega didascalicamente l’iscrizione alla base del trittico fotografico che chiude il percorso.
Allestito ad angolo, il lungo scatto divide in porzioni un’unica scena. L’obiettivo, freddamente avulso dal concitato contesto, immortala un gruppo di ragazzi che pogano durante un rave. Aggregazione che genera identità, oggi come ieri.
A quel punto una domanda è d’obbligo: che relazione c’è tra la scritta e la foto? “Nessuna”, spiega Correale, “è un atto di depistaggio mediale”. In effetti, tutto sembra architettato per innescare un corto circuito tra diversi codici linguistici. Una conflittualità cognitiva nella decifrazione di questo denso ipertesto.
Il cardine cronologico è il ‘73 quando, in seguito al black out dell’approvvigionamento petrolifero, l’Occidente paventò un catastrofico collasso. Questa data è il centro di un enorme wall painting che abbraccia senza soluzione di continuità i primi due ambienti espositivi. Nucleo dal quale si dirama un intrico di bande nere, a mimare un diagramma. Immagini di vette montuose interrompono qui e là lo zigzagare delle linee, imitandone simbolicamente il profilo.
Lo sguardo rimbalza in un back and forth visivo attraverso una serie di scritte-chiavi. Dal picco del geofisico Hubbert, che previde il crollo energetico, passando per la guerra del Kippur, suo motivo scatenante, fino a giungere all’inevitabile cancellazione della 24 ore di Daytona. Appiglio temporale, cause storiche ed effetti culturali s’intrecciano stemperando il loro valore circoscritto e diventano via via simboli d’una più generica riflessione: il determinarsi dell’immaginario iconografico riconosciuto da una collettività che in esso trova il suo senso d’appartenenza.
Questo step si chiarifica nella stanza successiva. Foderata di advertising recuperati da brochure per appassionati di muscle car americane. Un’estesa community di nostalgici che a malincuore dovette dire Goodbye my darling alle nerborute fuoriserie dagl’ingranaggi troppo avidi di oro nero. Su questa singolare carta da parati, disegni a matita e acquerelli bloccano nelle cornici un inventario iridato di auto d’epoca, dando vita, attraverso un medium poetico e delicato, a un caleidoscopio di quattro ruote ormai fuori produzione. A seguito della crisi petrolifera, infatti, i potenti motori V8 furono sostituiti con i più mansueti V10, come spiega didascalicamente l’iscrizione alla base del trittico fotografico che chiude il percorso.
Allestito ad angolo, il lungo scatto divide in porzioni un’unica scena. L’obiettivo, freddamente avulso dal concitato contesto, immortala un gruppo di ragazzi che pogano durante un rave. Aggregazione che genera identità, oggi come ieri.
A quel punto una domanda è d’obbligo: che relazione c’è tra la scritta e la foto? “Nessuna”, spiega Correale, “è un atto di depistaggio mediale”. In effetti, tutto sembra architettato per innescare un corto circuito tra diversi codici linguistici. Una conflittualità cognitiva nella decifrazione di questo denso ipertesto.
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mostra visitata il 28 marzo 2008
dal 28 marzo al 6 maggio 2008
Danilo Correale – Goodbye my darling
a cura di Marco Scotini
Franco Riccardo Artivisive
Via Chiatamone, 63 (zona Chiaia) – 80121 Napoli
Orario: da lunedì a venerdì ore 15.30-20
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 0815444300; info@riccardoartivisive.it; www.riccardoartivisive.it
[exibart]
Complimenti a Danilo Correale per l’intelligenza e il rigore che connotano inequivocabilmente la sua ricerca. Complimenti a Franco Riccardo per la qualità sempre alta delle sue scelte.
Auguri ad entrambi.
Gran bella mostra!..bravo Danilo!!!
finalmente un ggggiovane artista con la capa ‘ncapa e le mani che gli funzionano! sogno o correaltà?