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22
dicembre 2009
fino al 28.II.2010 Urs Lüthi Verbania, Craa
torino
Immergersi nella pace e nell’armonia di Villa Giulia in questi mesi è l’occasione per entrare nel mondo di Urs Lüthi. E per poter osservare l’intero suo percorso artistico. Dall’androginia agli occhiali rosa...
Per chi non avesse mai avuto occasione di confrontarsi con
le opere di Urs Lüthi (Lucerna, 1947; vive a Kassel), questa mostra è un’esperienza significativa,
in quanto la sua concezione globale è fortemente condizionata dal desiderio
dell’artista di guidare lo spettatore nel tortuoso cammino della sua non
semplice ricerca, evidenziandone le fasi critiche e presentandone l’evoluzione.
Pochi assocerebbero l’immagine dell’uomo sereno e composto
di oggi al giovane protagonista dei ritratti delle prime sale. Negli anni ’70,
Lüthi abbandonò infatti la pittura per sperimentare l’uso del mezzo fotografico
e, ancor più, del proprio corpo come veicolo d’inquietudini e sentimenti
contrastanti.
Continui scatti in bianco e nero del suo viso mostrano un
giovane androgino ambiguo e sofferente, prima uomo lascivo, ora donna
seducente, prima fanciulla disinibita, poi santo in mezzobusto misterioso e
drammatico, commosso e compassionevole.
Mai come in questa mostra, la giovinezza appare l’unico
vero mostro da esorcizzare, deturpare, spogliare senza pudore e subito coprire
con maschere orrende. Ma Lüthi dichiarerà che si tratta d’una “mera” ricerca
formale.
L’ambiguità sessuale, che appare uno dei temi dominanti
del primo periodo, diventa irrilevante osservando le foto del ‘78 e ’79: Lüthi
sorride, nudo e scanzonato su un tappeto, a comunicare che non s’è capito nulla
della sua poetica precedente. Il suo corpo non vuole più invitare; si dimentica
così la profondità dell’innocenza che vi si percepiva e improvvisamente sorge
il dubbio che la sua ironia sia più forte del narcisismo che lo attraversa
visceralmente.

La critica s’è sempre irritata per i suoi immotivati “salti”
linguistici, non accorgendosi della sua lineare saggezza: Lüthi è la nudità di
fronte al paesaggio, ma soprattutto è l’accettazione profonda del cambiamento.
Nella sua storia, lo svizzero ha sempre accostato la
bellezza al grottesco, la luminosità della giovinezza all’opacità della
vecchiaia, la strada senza fine al non senso delle azioni quotidiane. Eppure si
comprende che sorride del mondo, come farà nel 2001 in quella sala alla
Biennale di Venezia, sdraiato su un piedistallo come le sue sculture.
Art is the better life diventa il suo inno e spiega che
tutto è arte, ma che l’arte non è tutto. Gli occhiali rosa con cui inquadra gli
stabilimenti balneari da una piccola finestra d’un albergo sono il filtro del
distacco che consente alla mente di “oltrepassare” quello che nell’esistenza
arte non si può definire. Il suo corpo, privo della grazia della giovinezza,
rimane comunque lo strumento ideale per ogni azione, e Lüthi continua a usarlo,
evidenziando la stabilità di ogni funzione e l’inutilità di eventuali finzioni.

All’ultimo piano della villa, i suoi ritratti diventano
piccole sculture che fanno ginnastica. L’ironia continua, come il senso di positività
del suo messaggio, per approdare alla fotografia che chiude la mostra dal
titolo Water,
che fa parte ciclo The remains of clarity. Ciò che rimane della chiarezza è
la capacità di accettare il mutamento, nell’esistenza e nelle varie forme
dell’esistere.
le opere di Urs Lüthi (Lucerna, 1947; vive a Kassel), questa mostra è un’esperienza significativa,
in quanto la sua concezione globale è fortemente condizionata dal desiderio
dell’artista di guidare lo spettatore nel tortuoso cammino della sua non
semplice ricerca, evidenziandone le fasi critiche e presentandone l’evoluzione.
Pochi assocerebbero l’immagine dell’uomo sereno e composto
di oggi al giovane protagonista dei ritratti delle prime sale. Negli anni ’70,
Lüthi abbandonò infatti la pittura per sperimentare l’uso del mezzo fotografico
e, ancor più, del proprio corpo come veicolo d’inquietudini e sentimenti
contrastanti.
Continui scatti in bianco e nero del suo viso mostrano un
giovane androgino ambiguo e sofferente, prima uomo lascivo, ora donna
seducente, prima fanciulla disinibita, poi santo in mezzobusto misterioso e
drammatico, commosso e compassionevole.
Mai come in questa mostra, la giovinezza appare l’unico
vero mostro da esorcizzare, deturpare, spogliare senza pudore e subito coprire
con maschere orrende. Ma Lüthi dichiarerà che si tratta d’una “mera” ricerca
formale.
L’ambiguità sessuale, che appare uno dei temi dominanti
del primo periodo, diventa irrilevante osservando le foto del ‘78 e ’79: Lüthi
sorride, nudo e scanzonato su un tappeto, a comunicare che non s’è capito nulla
della sua poetica precedente. Il suo corpo non vuole più invitare; si dimentica
così la profondità dell’innocenza che vi si percepiva e improvvisamente sorge
il dubbio che la sua ironia sia più forte del narcisismo che lo attraversa
visceralmente.

La critica s’è sempre irritata per i suoi immotivati “salti”
linguistici, non accorgendosi della sua lineare saggezza: Lüthi è la nudità di
fronte al paesaggio, ma soprattutto è l’accettazione profonda del cambiamento.
Nella sua storia, lo svizzero ha sempre accostato la
bellezza al grottesco, la luminosità della giovinezza all’opacità della
vecchiaia, la strada senza fine al non senso delle azioni quotidiane. Eppure si
comprende che sorride del mondo, come farà nel 2001 in quella sala alla
Biennale di Venezia, sdraiato su un piedistallo come le sue sculture.
Art is the better life diventa il suo inno e spiega che
tutto è arte, ma che l’arte non è tutto. Gli occhiali rosa con cui inquadra gli
stabilimenti balneari da una piccola finestra d’un albergo sono il filtro del
distacco che consente alla mente di “oltrepassare” quello che nell’esistenza
arte non si può definire. Il suo corpo, privo della grazia della giovinezza,
rimane comunque lo strumento ideale per ogni azione, e Lüthi continua a usarlo,
evidenziando la stabilità di ogni funzione e l’inutilità di eventuali finzioni.

All’ultimo piano della villa, i suoi ritratti diventano
piccole sculture che fanno ginnastica. L’ironia continua, come il senso di positività
del suo messaggio, per approdare alla fotografia che chiude la mostra dal
titolo Water,
che fa parte ciclo The remains of clarity. Ciò che rimane della chiarezza è
la capacità di accettare il mutamento, nell’esistenza e nelle varie forme
dell’esistere.
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mostra visitata il 31 ottobre 2009
dal 31
ottobre 2009 al 28 febbraio 2010
Urs
Lüthi – Art is the better life
CRAA – Centro Ricerca Arte Attuale Villa Giulia
Corso
Zanitello, 8 – 28922 Verbania
Orario:
da mercoledì a venerdì ore 14-19.30; sabato e domenica ore 11-19.30; chiuso dal
21 dicembre 2009 al 12 gennaio 2010
Ingresso:
intero € 5; ridotto € 3
Catalogo
Edizioni
Periferia
Info:
tel. +39 0323556281; info@cravillagiulia.com; www.craavillagiulia.com
[exibart]
Ho preso una pausa dalle spiacevoli camarille di Rivoli e ho letto volentieri “di arte”. Complimenti per la recensione!